CAPITOLO 49

300 30 9
                                    

Servii la torta con un nodo stretto in gola. Non riuscivo a mandarla giù. Avevo la mente in subbuglio...

Gli altri parlavano intorno a me, ma non ascoltavo nulla delle loro conversazioni. Nemmeno mi entravano nella mente.

Continuavo a risentire nelle orecchie le parole che avevo letto.

Perez...

Dobuois...

Non siamo i tuoi veri genitori...

La stanza roteava insieme a me, alla ricerca di un punto fermo che non riuscivo a trovare...

"Eccomi qua!" disse Teresa arrivando con un album di foto tra le braccia e sedendosi al mio fianco sul divano.

Il suo profumo di lavanda mi investì quando si chinò accanto a me.

La guardai stranita. Non ricordavo la conversazione che avevamo fatto. O che aveva portato avanti lei, visto che avevo semplicemente assentito senza seguire nulla.

"Non sono molte... A quei tempi non me ne preoccupavo troppo, ma qualcuna ce l'ho. Era un amore!" proseguì, appoggiandoselo sulle gambe.

Lo aprì e la sua espressione si intenerì.

"Qui aveva un mese..." mi disse porgendomelo.

Al centro della pagina c'era un neonato avvolto in una copertina azzurra.

Davide, immaginai...

Per certi versi pareva Mattia. I capelli sottili scuri, gli occhi chiusi e i pugnetti appoggiati sotto il mento. Anche a Mattia piaceva dormire il quella posa, anche se talvolta mi ero preoccupata che fosse scomoda, visto che inarcava contemporaneamente il corpo all'indietro.

"Dormiva sempre. Si svegliava solo per mangiare..." commentò.

Voltò la pagina.

"Oh, che amore! Qui è quando ha scoperto per la prima volta la neve. Pensa che piangeva appena cercavo di metterlo giù. Voleva stare solo in braccio, non c'era verso di farlo scendere" rise.

Girò di nuovo.

"Qui è il giorno del suo battesimo. Anche noi l'avevamo festeggiato al ristorante tra di noi. Una cosa riservata insomma... Le cose semplici son sempre le migliori"

Un'altra pagina...

Ma questa volta una foto cadde a terra.

La raccolse e sorrise fissandola.

"Quasi l'avevo dimenticata..." me la porse, "Era stata un po' con noi. Abitava nella stessa baita in cui abitavi tu..." c'era una giovane accanto a lei in quella foto, "La chiamavamo Marì, visto che ci viveva. Era arrivata senza documenti. Diceva che glieli avevano rubati... ad ogni modo, non ho mai capito se fosse la verità... L'avevamo accolta e basta. Sembrava così sperduta..."

Indossava jeans e una camicetta rosa, abbottonata fin sotto il mento. I suoi capelli erano castani, come li portavo io adesso. Della stessa lunghezza: fin sotto alle spalle; lisci... composti.

I suoi occhi erano cupi, ma non mi spaventavano... Assomigliavano ai miei.

La riconobbi all'istante!

Una forte emozione mi salì al cuore, impazzendolo.

Mio Dio! Era lei: Adele!

Adele Perez!

Non era una coincidenza. Il mio cognome era il suo!

Era lei la ragazza del diario. Era lei!

Ogni cosa riprendeva forma nella mia mente. I ricordi riaffioravano spontaneamente...

L'avevo conosciuta per caso: bazzicava spesso nella mia zona, ma non ci eravamo mai parlate. Fu lei a farlo per prima una mattina...

Una cosa mi aveva colpito di lei: per uno strano scherzo della natura, ci assomigliavamo tantissimo. Io ero bionda coi capelli lunghi e lei castana coi capelli sopra alle spalle. Ma il taglio degli occhi, le sopracciglia, l'ovale del viso... erano simili, così come la nostra altezza.

Aveva un non so che di familiare e per questo le avevo chiesto spesso di coprirmi per qualche ora sostituendomi sul lavoro. Non parlavo molto con gli altri colleghi; il suo accento francese non mi avrebbe tradito. Con la cuffia bianca in testa ci confondevamo.

Lei era mia sorella! Adele Perez!

Adesso più che mai ne ero certa!

Ed era stata nella baita, in quella stessa baita in cui avevo vissuto io.

Mi aveva trovato. Non aveva avuto il tempo di confidarmelo, o forse non aveva trovato l'animo di farlo quando aveva saputo della mia situazione. Aveva cercato solo di aiutarmi in quel momento, perché aveva capito che ne avevo bisogno, rimandando a dopo quella rivelazione

Spalancai gli occhi e guardai Teresa attonita e lei proseguì.

"Qui è quando ci ha dipinto l'insegna. Era una pittrice molto brava..." continuò.

L'espressione incredula che avevo sul viso non accennò a spegnersi.

Ecco perché quel dipinto mi aveva riportato a lei la prima volta che lo avevo visto. Come se, attaccato a quel dipinto, vi fossero brandelli di emozioni che erano dentro di me e che chiedevano soltanto di uscire fuori.

C'era lei in quel dipinto!

"Tu me l'hai ricordata subito quel giorno quando sei arrivata a La Maison. Lei parlava francese, ma per il resto vi assomigliavate molto..."

Ricordavo perfettamente il suo sguardo sorpreso. L'avevo creduto sospettoso allora...

"Davide era ai campionati di sci a quel tempo... Peccato non l'abbia conosciuta" disse quasi trasognata, "Ad ogni modo... chissà che fine ha fatto poi. Forse un giorno tornerà da queste parti... mi piacerebbe fartela conoscere"

Non ce n'era bisogno: l'avevo già conosciuta. E sapevo io la fine che aveva fatto: aveva dato la sua vita per la mia...

Mi aveva sostenuto fino alla fine. Era questa la verità...

Nei momenti più difficili, lei mi aveva protetto. Era stata il mio angelo custode.

È per questo che avvertivo la sua presenza ovunque, che l'avevo avvertita da subito.

Quel luogo mi attirava... Cervinia lo aveva fatto... per un solo motivo...

Lei voleva che trovassi il suo diario. Voleva rivelarmi la verità. Quella verità che non era riuscita a svelarmi in vita. Desiderava con tutto il cuore ricucire in qualche modo quel legame spezzato. Quel legame di cui aveva avuto un disperato bisogno.

Lei non mi aveva mai abbandonato, nonostante fossimo cresciute distanti. Nel suo animo c'era sempre stato un posto per me. Il laccio che c'era tra di noi non ci aveva mai diviso fino in fondo.. ora ne avevo coscienza...

Tutto... è possibileحيث تعيش القصص. اكتشف الآن