εφηβεία (pt.2)

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Nei giorni seguenti Victoria tenta di riflettere sulla questione con suo padre, ma sia il conte che la contessa non vogliono ascoltar ragioni, avvalorando ancora una volta la tesi secondo la quale il matrimonio sia la cosa più giusta da fare sia per il bene suo che per quello della sua famiglia. Victoria sarebbe divenuta ben presto una duchessa ed avrebbe risollevato la vecchia gloria della sua stirpe, in quanto donna. Quello sarebbe stato il suo compito, ciò che il fato ed i suoi consanguinei avevo decretato che si compisse. Fu da quell'ombroso pomeriggio di metà maggio che la contessina digiunò per la prima volta per sua, e soltanto sua, volontà. La complicazione fu la prosecuzione di tale atto che la portò ben presto a rifiutare vivande consistenti. Il primo sintomo fu quello di dolore allo stomaco, poi il perenne senso di vomito, vertigine e stanchezza fisica. Man mano che i giorni trascorrevano, il giro vita della contessina diminuiva come la sua stessa forza vitale. Victoria si svegliava, beveva il tè e si segregava in biblioteca sino a notte fonda, leggendo e suonando il suo violino con disperazione ed ira. È nella musica e nella lettura che riusciva a trovare il suo unico conforto, in quanto aveva smesso di confidarsi con Teresa e discutere con i suoi parenti. L'unica a restarle vicino fu la nutrice preoccupatissima per lo stato cagionevole in cui viveva la fanciulla. I familiari notarono la perdita di peso della figlia, ma ciò rese solo più fiera la contessa, in quanto più si è magre, più squisite si è agli occhi degli uomini. Le settimane proseguirono con rapidità tant'è che ben presto i colori dominanti furono il verde, l'azzurro ed il giallo. L'estate è ormai sbocciata.

FFFH! FFFH!

Il fruscio ovattato delle tende, i raggi solari accecanti ed il vento estivo fanno mugugnare la contessina, spingendola a ruotare sul fianco e portare le coperte sin sopra il capo.

«Victoria.» La richiama la sua nutrice con dolcezza. «Victoria, bambina mia.»

Abba si avvicina al grande letto con passi, pesanti e lenti, fermandosi per un istante, per poi prendere posto sul comodo materasso. La balia sospira stanca, facendo alzare ed abbassare pesantemente i suoi seni troppo prosperosi. Allunga un braccio, agguanta con delicatezza l'orlo della coperta e la tira con vigore. Istintivamente Victoria stringe sul capo la pesante stoffa, impedendo di conseguenza alla balia di prepararla per una nuova giornata.

«Signorina Victoria dovete alzarvi.» Ripete con più convinzione. «Se non lo farete, sarò costretta a riferirlo ai vostri genitori.»

Un grugnito roco e per nulla femminile fa sussultare la balia, che strabuzza gli occhi sconcertata, e porta la mano sul petto.

«Oh Dio! Cosa ne avete fatto della mia bimba?» Esclama con enfasi, camminando avanti ed indietro vicino al letto. «Victoria! Se mi senti, liberati della bestia e vivi.»

Abba si volta verso il letto, scrutando con le sue gemme, scure e profonde, i movimenti lenti della fanciulla intenta a liberarsi dalle coperte. Questa mattina la contessina appare come uno spirito privo di vita con gli occhi cerchiati di viola, il viso pallido e le ossa del petto ben evidenti. Inevitabilmente il cuore della balia si stringe per il dolore alla vista di tale orrore. Il volto esangue di Victoria, gli occhi spenti, il corpo reclinato in avanti per l'estremo sforzo fisico e le labbra secche le fanno ben intuire lo stato di degrado in cui verte la sventurata fanciulla. Lacrime di dolore ed ira offuscano la vista della nutrice mentre il cuore le trabocca di collera e la ragione le si offusca, facendola gridare incapace di sopportare tale orrore: «Adesso basta!»

La collera della nutrice fa sbattere le ciglia della contessina, che alza il capo e la guarda stanca.

«Non vivrete a lungo se continuerete a non mangiare.» Esala la balia con le lacrime agl'occhi. «I vostri genitori devono capirvi ed insieme dovrete trovare una soluzione che aggrada entrambe le parti.»

Victoria e Dimitrij Where stories live. Discover now