A te, mia sfuggente Silvia - Giacomo Leopardi

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A te Silvia, prima mobile ed ora immobile, dagli occhi belli in cui ho sempre sognato di volermi immergere, fino a non sentire altro che non sia il tuo profumo.

Ricordo ancora il tuo soave canto che accompagnava nel mio studio matto e disperatissimo ed io potevo solamente compararti alla dea Venere che soleva essere protagonista delle mie odi.
Ma tutto ruota sempre intorno alla tua leggiadra figura. Ho sempre osservato le fanciulle fare ritorno dai campi, belle, giovani, con il petto ed il capo ornati da fiori quasi ridenti e colorati, mentre pensavano al prossimo giorno di festa, pregustando una gioia che di per sé era irraggiungibile.

Come vorrei raggiungere la gioia per merito tuo, mio dolce Silvia, più stupefacente dei ricami che sei solita tessere al telaio!

Come vorrei che la gioia davvero fosse possibile da provare, o da pregustare, solo per sentire il mio cuore sussultare alla tua risata bella e cristallino, simile al suono di una graziosa campanella di argento, graziosa come te!

Come vorrei sedere con te e rimirare insieme gli infiniti spazi aldilà di quella siepe amata quanto odiata, godendo entrambi della parte più bella della nostra vita, cogliendola prima che sfiorisca nel domani.

Ma tu oggi non ci sei più, la natura che ci ha ingannato puerilmente ti ha accolta fra le sue braccia ed ora sei fredda, tanto fredda nella tua tomba, prima mobile ed ora immobile.

A te ti dedico questa mia opera, nella speranza che tu possa sentire questi scritti concepiti dal mio cuore di poeta.

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