Contatore di conchiglie

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Devo essermi addormento. Mi sento fuori dal mondo. Sarà questo sole caldo di mezza estate che mi picchia addosso o sarà colpa dell'incubo che ho fatto poco fa: Evelyn era stesa faccia a terra come una medusa sul pelo dell'acqua e non respirava più. Tentacoli di sabbia collosa la inghiottivano.  Ho sgrullato le spalle per liberarmi del peso di quel macabro evento nella mia testa e ho cercato a tastoni sulla sabbia gli occhiali. Senza il mondo degli inferi prende il sopravvento e tutto è nebbia, Evelyn, come in quel sogno, non c'è. Ecco che finalmente li trovo, li indosso, e tra tutti i granelli di sabbia aggrappati alle lenti, la vedo. Sposta la testa all'indietro uscendo dall'acqua agile come un delfino, vedo i suoi capelli roteare nel vuoto, sul suo corpo, posarsi delicatamente alla fine del suo mondo. Si appiccicano alla sua schiena bagnata e io immagino il suono di quell'incontro, di baci rubati al tempo veloci e passionali. Mi vede che la osservo da lontano, ne sono sicuro. Mi sorride e ora nel cosmo ci sono due soli. La vedo uscire dall'acqua e venirmi incontro. Ha il passo fiero e deciso, lei guscio di conchiglia che è sempre dura contro tutto. Nulla può il mare altisonante dinanzi la sua compostezza. È la creatura più bella che io abbia mai visto. Sposta la gamba destra in avanti e vedo il mare sbatterle addosso. L'onda è famelica ma lei contrae il muscolo della coscia, lo vedo calcare la linea della sua perfetta imperfezione. La amo per questo, perché è fatta di carne e passione, di grinta e imperfezione.
Quando mi riprendo dal mio idillio lei è davanti a me, ha vinto il mare e ora mi sorride a due millimetri di cuore. I suoi lunghissimi capelli marroni, che le scendono a cascata sul petto, mi gocciano sulle ginocchia.

"Sei una meraviglia, Evy, quando sorridi così e il sole ti si intrufola negli angoli di cuore."

Le dico le parole più dolci che sento nel petto, poi la bacio sulle labbra, piano.

"Ti amo, Daniel."

Lo dice e io lo sento risuonare nel cosmo, nell'universo, nel mare e dentro me. Parole che rendono il cuore di un uomo ogni giorno più fertile alla felicità.

"Non vai a farti la tua passeggiata giornaliera, Capitano?"

Sempre così. Sa cosa dire, cosa fare. Sa tutto di me. Anche che c'è qualcosa che forse amo più di lei e me lo sa perdonare.  Ho sempre sognato il mare da quando ero solo un ragazzino. Poi sono uscito dal guscio dell'illusione e ho lavorato sodo fino a diventare un marinaio. Un Capitano, come piace a Evy.

"Vado, ma tu resta qui, così ho un porto sicuro in cui tornare."

Sorrido.

Sono fatto così. Forse troppo pesante, troppo romantico. Ma mi piace sorprenderla ogni giorno. Sono sempre stato un inadatto alla vita, ma una cosa l'ho imparata: bisogna sempre dire a chi hai accanto quanto lo ami perché l'amore muore di rimpianti.
Poggio la pianta del piede nudo che col tempo ormai è diventata corteccia sulla spiaggia bollente. La sabbia è la mia seconda pelle. Cosa dico. La mia seconda pelle non può che essere il profumo di Evy. È una bugia, quella che amo il mare più di lei. Quando ami, ami una volta sola e lo fai per tutta la vita. E niente, quell'amore è unico e senti in cuor tuo che non amerai mai più nulla oltre lei.

Mentre mi allontano mi giro e la vedo diventare una formica che brucia al sole. Ormai sono così distante da non riuscire più a distinguere i suoi lineamenti dal resto. Mi sale dalla gola un retrogusto di bile e paura, come se l'avessi persa per sempre. Poi mi riprendo. Sorrido dell'idiota che sono. Lei è lì che mi aspetta, io sono qui che aspetto solo di tornare da lei. Come se il mio cuore fosse una matassa di filo rosso legata al suo. Io mi allontano e questo traccia la strada per ritrovarsi, sempre. Perché in amore non conta in quale parte del mondo ci si trovi, non ci si può perdere mai. Perderla sarebbe il mio disastro più grande, lei che ha dato un senso al disastro che da sempre sono.

Un leggero vento caldo mi scompiglia i capelli e io respiro a pieni polmoni quell'aria di sale e libertà. Sono un sognatore, guardo l'orizzonte e immagino di poterlo conquistare. Ma ho conquistato Evy, mi basta così.
Continuo a camminare solitario e i pensieri mi accarezzano la mente. Mi rendo conto che nel mare non c'è solo tutto ciò che ho sempre desiderato ma anche scritto tutto il mio destino. Proprio mentre questo pensiero si posa come una farfalla su un fiore nella mia testa, calpesto qualcosa di duro con il piede.

Mi fermo, abbasso lo sguardo, alzo il piede e sorrido d'un sorriso che è la felicità, accorgendomi che ho calpestato una grande conchiglia arancione. Sotto il piede ho la dimostrazione che il destino esiste e che me ne sta dando conferma.

Ho conosciuto Evy dieci anni fa, era il 25 settembre del 1996, in un mattino gelido d'autunno, proprio su questa spiaggia. Io ero da solo, come sempre, e stavo facendo la mia passeggiata quotidiana. Ho sempre amato andare al mare in autunno, il libeccio lascia sulla spiaggia tante di quelle meraviglie, tante di quelle storie che nessuno racconterà mai ma che puoi solo immaginare. Collezionare conchiglie è la mia passione da quando sono un ragazzino. Le ho contate, come un folle. Ho quattrocento miliardi di conchiglie. Come le stelle nell'universo. Poi quel giorno, io che ero a testa bassa cercando di superare il firmamento con la mia collezione, sbatto contro qualcosa, alzo gli occhi e mi ritrovo le stelle più belle del cosmo tutto piantate nei miei. Era Evy, che solitaria silenziosa raccoglieva anche lei conchiglie su una spiaggia gelida d'autunno. Non li dimentichi degli occhi così.

Come una medusaWhere stories live. Discover now