Capitolo 2.

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Capitolo 2
Questa volta erano state le sue stesse compagne di classe a venire a lamentarsi. Purtroppo, quell'anno l'avevano scelto come coordinatore della classe terza A, il che significava che qualunque lamentela di professori e alunni o tra professori e alunni avrebbe sempre e comunque dovuto passare attraverso di lui. Era un compito ingrato e non avrebbe perdonato facilmente i suoi colleghi per averlo incastrato a quel modo; solo perché era il più giovane e aveva la voce meno forte di tutti.
Ad ogni modo, tre ragazzine scandalizzate si erano presentate alla sua ora di ricevimento, mentre Bianca era confinata nell'ufficio della preside.
A quanto pare, stavolta si era fatta trovare con la mano di Crivellaro sotto la minigonna. E questo non aveva fatto una buona impressione alle sue vicine di banco.
-Non è possibile, prof! - protestò Giulia, una ragazza alta e seria, molto studiosa – Ogni volta bisogna interrompere perché c'è questa non voglio essere volgare che fa la cretina coi ragazzi, o che si fa sgamare a fare non voglio essere volgare ai ragazzi, o che si fa fare non voglio essere volgare...
-E ogni giorno, prof – intervenne Valeria, una ragazza dark che, contrariamente alle aspettative, era tranquilla, seria e ligia alle regole – io non lo so. Un conto è essere strani, un altro conto è essere fuori. Quella là è fuori come una grondaia.
-E poi basta con queste minigonne e scollature! - fece una terza, esasperata – Non capisco perché noi veniamo rimproverate se per caso mettiamo un pinocchietto, e lei invece può arrivare qui vestita come una... vabè, ci siamo capiti.
Emanuele annuì. Le proteste erano serie, e Bianca doveva piantarla. Certo; ci vedeva anche un sottile fondo d'invidia, perché Bianca era sempre al centro dell'attenzione e soprattutto di quella dei ragazzi, ma c'era qualcosa che quelle tre non avevano capito. Che anche lui era ben lontano dal capire, ma forse qualcosina l'aveva afferrato.
-Ragazze, voi avete ragione – incominciò con calma – ma cercate di guardare al di là della superficie. Certo, Bianca si prende sempre tutta l'attenzione; ma pensate che sia una bella cosa? Non credo che vorreste ricevere lo stesso tipo d'attenzione che riceve lei, no?
-Certo che no, io non sono una troia – esclamò Giulia di getto, poi borbottò: - Scusi. È solo che volevo chiarire che non sono invidiosa di lei, si figuri se mi piacerebbe che tutti mi considerassero un buco!
-Io penso non piaccia neanche a lei – intervenne Valeria, in un tentativo di essere conciliante – allora perché non la finisce di fare la stupida, visto che dà fastidio a tutti e non fa neanche un gran bene a se stessa?
-Prof, il fatto è che è imbarazzante averla in classe...
Non faticava a crederci. Ma ci teneva a precisare una cosa.
-Sì, però, ragazze, sbaglio o in presidenza ci sono finiti in due? C'era anche Mattia con lei quando li hanno trovati in atteggiamenti intimi.
-Ma Mattia fa così con tutte – sbottò Giulia – e almeno non si fa sgamare ogni volta, e poi lui è normale. Lei invece arriva qua vestita a quel modo perché deve sempre farsi vedere, e poi insomma, sembra quasi che lo faccia apposta a farsi trovare.
Questo non l'aveva mai considerato. Annotare, si disse tra se e se.
-Prof, per favore, fate qualcosa, non si può andare avanti così – supplicò Valeria – io voglio soltanto fare lezione. Non mi interessa quello che Bianca fa o non fa, ma lo faccia fuori dall'aula, se proprio non vuole seguire! A qualcun altro seguire la lezione può interessare!
-Avete pienamente ragione – ammise – proveremo a farglielo capire.
-No, non dovete 'provare', 'provare' l'abbiamo già fatto tutti quanti – protestò Valeria – dovete proprio farglielo capire, in via definitiva. Bisogna minacciarla di espellerla.
-Grazie del suggerimento, Valeria, ma siamo perfettamente in grado di gestire da soli i nostri provvedimenti disciplinari – le sorrise – non preoccupatevi. Smetterà. E se non smetterà, credo proprio che sarà allontanata dalla scuola, quindi state tranquille; la situazione migliorerà.
Le tre se ne andarono tra mormorii di insoddisfazione, molto poco tranquille; ne avevano d'altronde motivo. Lui stesso faticava a immaginare un universo dove Bianca se ne stava seduta composta sul banco con gli occhi fissi sulla lavagna; d'altronde, il fascino di un ribelle maledetto sta proprio nel suo essere ribelle e maledetto. Quando cambia, perde anche quel fascino, pensò.
Ci volle poco prima che Bianca si intrufolasse nell'aula professori, dopo essere stata rilasciata dalla preside.
-Prooof – esalò, alzando gli occhi al cielo – non la finiva più. Ha detto che se lo rifaccio mi sospende di nuovo e che se mi sospende di nuovo mi bocciano.
-Niente che non potessi immaginare, Bianca.
-Ma sì, ma sì, lo sapevo che me l'avrebbero detto – sospirò – anzi, mi sorprende che non mi abbiano ancora espulsa. È solo che, come immaginavo, i miei voti mi hanno salvato il culo anche stavolta.
-Non per fare la predica, Bianca... anzi sì, lasciami fare la predica, dato che stavolta ti sei comportata da bambina e lo sai. Sei intelligente, Bianca. Lo so io, lo sai tu, lo sa la preside, lo sanno tutti. Scrivi dei temi bellissimi, pieni di citazioni e riferimenti letterari e cinematografici. Mi vuoi spiegare perché fai finta di essere un'abitante delle bidonville?
-Preferisco pensare a una puttanella di Harlem, mi affascina di più l'ambientazione suburbana.
Emanuele si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. A Bianca non sfuggì la disperazione del gesto.
-Cosa c'è? Ho esagerato? Scusi, prof. Stavo solo scherzando.
-Ma no... - mormorò – non è per le scemenze che dici, di quelle metà le ascolto e metà le rimuovo seduta stante. È che... cazzo, sai dire 'ambientazione suburbana' senza cercare prima nel dizionario e poi ti fai trovare con Crivellaro che ti fa un dito durante l'ora di matematica. Maperché lo fai? Perché ci tieni così tanto a passare per cretina?
-Ma io non voglio passare per cretina, prof. Se volessi farlo, cercherei di dare tutte le risposte sbagliate nei compiti e alle interrogazioni farei scena muta, e di certo non direi 'ambientazione suburbana' davanti a un testimone. Io sono fatta così, leggo i libri ma faccio anche sesso. È così strano secondo lei?
Perché era riuscito a farsi dire da una ragazzina di sedici anni che era un bigotto anni sessanta che ammetteva soltanto che le donne fossero o troieo intelligenti? Come riusciva a farsi incastrare ogni volta?
-No, non è strano, Bianca; anzi, è piuttosto normale. L'unica cosa strana è che tu a scuola faccia delle cose che dovresti fare rigorosamente in camera tua e rigorosamente in assenza di qualunque altra forma umana che non sia il tuo partner. Possibilmente, senza cambiare partner ogni giorno.
Lei si rabbuiò.
-Prof, lei pensa questo di me?
-Penso cosa? Che cambi... ma no, era per dire, dai. Non fare così. Ho detto 'ogni giorno' per dire 'spesso'. Non intendevo...
-Ma no, no, prof. Non è quello; se non siamo a 'ogni giorno', in effetti poco ci manca. Ma non vorrei che lei pensasse che contino qualcosa per me; a me piace solo lei. È solo che lei non mi vuole, e dovrò pur farlo con qualcuno.
-'Devi'? Perché, te l'ha ordinato il dottore?
-Prof, non si comporti come la preside e tutti gli altri – s'imbronciò Bianca; ed Emanuele si ritrovò a pensare 'no, no' e si stupì di dipendere dal giudizio di quella ragazzina, perché erano rimasti che era lei a dipendere dal suo di giudizio – insomma, continuano tutti a sgridarmi. Mai che si facessero i cazzi loro, nel vero senso della parola. Mica stavo facendo casino, tutto si è svolto nel perfetto silenzio; se poi loro sono sempre lì a controllare cosa faccio io, non so che dirle, ma nessuno dei due ha emesso il minimo suono. Come possono dire che 'stavo disturbando la lezione'? Che guardino da un'altra parte, no?
-Bianca, non lo pensi nemmeno tu.
-Che palle.
Lei accavallò le gambe, posò il gomito sul tavolo e la testa sulla mano; fissò lo sguardo fuori dalla finestra, sulla strada trafficata dove in quel momento il tram stava ripartendo dalla fermata.
-Guarda che non puoi stare qui fino a fine giornata a guardare fuori dalla finestra. Devi tornare in classe assieme a Crivellaro.
-Ha paura che sospettino di lei? In effetti, non la metto mica tanto in una bella posizione a venire sempre qui, vero?
-Bingo.
-E per di più, questa è l'aula insegnanti. Rischiano di scoprirci. Beh, ha ragione, tornerò un'altra volta quando le acque si saranno calmate. Allora arrivederci, eh, prof? Grazie di avermi ascoltata. Si ricordi che la amo.
Si alzò e si diresse saltellando verso la porta. Poi all'improvviso, sull'uscio, si girò.
-Prof?
-Sì?
Bianca fece un sorriso buffo; gli occhi le brillavano come quelli di una bambina che confessava una marachella di cui andava enormemente fiera.
-Niente, niente. È solo che volevo che ci guardassimo prima che uscissi. Non riesco mai a salutarla per l'ultima volta.
Emanuele non seppe cosa rispondere. Abbassò lo sguardo sui compiti, scosse la testa, e fece un cenno di saluto.
Sapeva perfettamente che Bianca era rimasta lì sull'uscio per un minuto o due, in attesa di una risposta, ma, anche se si sentiva quei due occhi enormi puntati esattamente sulla fronte, non alzò mai lo sguardo dai fogli.

Heavy Cross.Onde histórias criam vida. Descubra agora