EPILOGO.

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Quel giorno, quella mattina soleggiata d'aprile, cadde in ginocchio con quella lettera in mano. Cercò di respirare, ma l'ossigeno sembrava essere scomparso tutto d'un tratto; sentì che il cuore faticava a pompare sangue nelle vene.
-Ema - esclamò Camilla, poi corse in pigiama verso di lui. Gli toccò la schiena. - Cos'è successo? Ema?!
Lui non rispose; non riusciva a fare altro che tremare e cercare affannosamente di prendere respiro. Lei gli tolse la lettera di mano, la lesse velocemente, e anche le sue mani iniziarono a tremare. Arrivata alla fine, lo guardò, stravolta dall'angoscia.
-Non è quello che penso, vero? - riuscì a mormorare – Non l'ha fatto, vero?
-L'ha fatto – rantolò Emanuele – ci è riuscita. Questa volta ci è riuscita.
Tacquero per un po', terrorizzati, con gli occhi fissi sul vuoto. La lettera era per terra, la calligrafia tondeggiante e ordinata di Bianca la decorava con l'inchiostro blu.
Ad un tratto Emanuele scoppiò a piangere tanto disperatamente che i vicini accorsero ai suoi gemiti, ma lui non li vide, non se ne accorse. Si nascose sul seno di Camilla e ne riemerse solo quando non ebbe più la forza per urlare.

La scuola era in subbuglio.
I genitori avevano avvertito la mattina stessa; tutte le classi furono convocate in aula magna per una riunione straordinaria, e la preside li informò dell'evento con una voce flebile che non le avevano mai udito. Lei, che era sempre stata così forte ed elegante, non era nemmeno in grado di guardare verso il pubblico. Guardava il pavimento, tormentandosi la collana costosa tra le dita.
-Non sono... non sono davvero in grado, in questo momento, di fare discorsi commemorativi – esordì, a voce bassa – vogliate comprendere il mio stato d'animo. Volevo soltanto informarvi del fatto che il funerale, come ci hanno comunicato i genitori, si terrà domani mattina alle dieci, nella chiesa di Altichiero. Non chiederò alcuna giustificazione a chi sarà assente per partecipare al rito funebre; non controllerò chi c'era o non c'era, per cui, se volete, siete liberi di fingere di esserci stati e di non giustificare la vostra assenza. Io spero solo... - Ma a quel punto Giovanna s'interruppe. Chiuse gli occhi, scosse la testa. - Ma cosa ve lo dico a fare. Siete grandi, ormai. Potete fare quello che volete, se solo lo volete.
Nelle ultime parole, la voce le si incrinò.
Sonia non aveva voluto assistere alla riunione; Antonella ascoltò senza mai alzare gli occhi dal pavimento. Sara si asciugava le lacrime, Rossella e Mariolina sembravano pietrificate. Gli altri tenevano una mano davanti alla bocca, si torcevano le mani, battevano le palpebre per non piangere.
-Se qualcuno vuole aggiungere qualcosa – mormorò la preside, al microfono – io ho finito.
Incrociò lo sguardo di Emanuele. Lui aveva ascoltato, cercando di contenere i singhiozzi, passandosi continuamente una mano sul viso che non smetteva mai di bagnarsi di lacrime.
Si alzò e camminò verso il microfono, cercando di focalizzare gli studenti davanti a lui attraverso il velo di lacrime, tentando d'ignorare il bruciore agli occhi. La voce gli uscì strozzata, ma in qualche modo gli uscì.
-Ragazzi... - esordì, cercando di rassicurarli. Ma adesso non ce la faceva ad essere adulto. Un singhiozzo lo costrinse a voltarsi, nuove lacrime gli scesero sulle guance. - Scusatemi. - Il suo pubblico mostrò espressioni comprensive. Molti iniziarono a piangere nel vedere le sue lacrime. - Adesso dovrei fare l'uomo ed essere forte, ma... perdonatemi. Non ce la faccio. Non riuscirò mai a consolare nessuno, nemmeno me stesso, quindi volevo dirvi solo un paio di cose, brevemente. La prima: non siate ipocriti, non piangete per una persona che disprezzavate. Non l'avevate capita prima, non la capirete nemmeno adesso. Ma, dato che lei me l'ha chiesto, voglio provare a farvela capire. Cercate di seguirmi.
Tutti tacquero. Cercò con lo sguardo Cappelletto, che teneva i gomiti sulle ginocchia e il volto fermamente coperto dalle mani. Valeria aveva il trucco nero completamente sciolto sul volto. Continuava a singhiozzare, e, nonostante Benetazzo la tenesse per mano e cercasse di calmarla, non smise per un momento di piangere, come se non riuscisse più a smettere.
-Lei – s'impose di mantenere ferma la voce – si sentiva sola. E vorrei dire che era solo una sua sensazione, ma il punto è che lo era davvero, e non posso negarlo, anche perché significherebbe discolparvi ed è l'ultima cosa che voglio fare. Ci sono moltissime cose che non sapete, e che non posso rivelarvi, ma Bianca aveva mille motivi per voler morire, e praticamente nessuno per aver voglia di vivere. Quello che vedevate di lei non era che un superficie sulla quale lei non aveva il controllo. La vita le ha fatto incontrare talmente tante persone orribili che alla fine ha deciso scientemente di lasciarla. E sebbene adesso io abbia il cuore in pezzi, e la netta sensazione che rimarrà in pezzi per tutta la mia vita, non riesco a considerarla una codarda: perché, se continuano a tormentarti e non c'è modo di porre fine al tormento, non è poi così da deboli  prendere e andarsene da un'altra parte, dove si possa stare più tranquilli. - Prese un respiro. - So che non è giusto dirlo, che non è corretto, specie davanti agli adolescenti. Ma le ho promesso di spiegarvi tutto, ed è quello che farò: quindi, vi dirò in sincerità che Bianca ha preso una decisione per sé stessa. L'ha fatto per liberarsi di tutto ciò che la stava distruggendo, e l'ha fatto dopo averci pensato infinite volte. Cercate solo, con la prossima persona strana e diversa che vi si presenta davanti, e che non riuscite a capire... - si morse le labbra; i singhiozzi ripresero a battergli in gola per uscire – cercate di non farvi un'idea senza sapere un cazzo. Non aumentate il numero degli stronzi che popolano il mondo, ve ne prego – la voce gli si ruppe clamorosamente, le lacrime ripresero a scendere – cercate di essere persone migliori di quelle che lei ha incontrato. Tutto qui. Ora scusatemi, ma ho bisogno di stare tranquillo per un attimo.
Si allontanò velocemente, sotto lo sguardo preoccupato degli studenti, e raggiunse Sonia in atrio. Anche lei aveva gli occhi rossi e gonfi; guardava fisso davanti a sé, con la sua solita espressione ferma, decisa, con i suoi occhi grandi così simili a quelli di Bianca; ma le lacrime le bruciavano gli occhi e continuavano a rotolare giù per il suo volto magro, senza che lei nemmeno si premurasse di asciugarle.
Sedettero vicini, in silenzio; quel giorno i professori della terza A si rifiutarono di tenere lezione, e gli insegnanti di altre sezioni si offrirono di accogliere gli studenti nelle loro aule. Lentamente, tutti si avviarono verso le loro aule, mormorando come se avessero paura di infrangere il silenzio, come se avessero avuto paura che lei li sentisse.
Mentre sedeva senza parlare accanto a Sonia, Cappelletto e Valeria, accompagnata da Benetazzo, gli si avvicinarono. Soprattutto i primi due, avevano due facce sconvolte, annientate. Lo raggiunsero senza dirgli nulla, e lo guardarono, sperando forse che gli dicesse qualcosa.
Ma non aveva niente da dire.
-Venite qui, per favore – riuscì a sussurrare tra le lacrime, e loro si gettarono su di lui e non poté fare altro che stringerli tra le braccia.
Cappelletto che era sempre pronto a fare lo stupido, che non aveva paura di dire scemenze davanti a tutti. Valeria, che lanciava fendenti sul mondo intero, che era sempre al di sopra di tutto. Benetazzo guardava da tutte le parti con un'espressione nervosa, angosciata.
-Prof, se n'è andata – sentì la voce soffocata di Cappelletto – non c'è più.
-Lo so – soffiò, sentendo qualcosa di simile a un braccio che gli attraversava il petto.
-Come si può essere così stupidi?! - gridò Valeria, e poi prese a piangere con una violenza tale che Benetazzo dovette aiutare Emanuele a sorreggerla.
-Prof, è morta – singhiozzò Cappelletto – morta, come tutte quelle altre persone che muoiono.
Capiva cosa intendesse dire. Bianca non aveva solo compiuto un atto di estremo rifiuto verso la realtà che la circondava; adesso non c'era più, proprio come tutte quelle altre persone che morivano di cancro o di AIDS o di vecchiaia. Esattamente come loro, era scomparsa dalla faccia della Terra. Dire che si era 'suicidata' rimandava troppo al concetto del suo estremo addio a quel mondo che odiava e che sembrava odiarla. 'Morta' era più crudo, meno romantico, ma alla fine era la verità; ricordava che ciò che aveva fatto era togliersi la vita, sparire da ogni luogo tangibile.
Bianca era morta. Morta, come tutti gli altri cadaveri che riempivano i cimiteri.

Heavy Cross.Where stories live. Discover now