Capitolo 8.

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Amore, svegliati. Sono già le otto... amore. Ehi.
Camilla lo svegliò con un bacio sul collo. Si sentì accarezzare la fronte. Con fatica, aprì gli occhi.
-Uh...
-Su, è ora di alzarsi. Io sono già pronta. Ti ho lasciato il caffè in cucina, fai presto prima che si raffreddi, ok? - Camilla lo baciò teneramente su una guancia. - Vado. A stasera, amore.
-Nnngh...
Si stiracchiò, e, nel farlo, riuscì ad accarezzare una mano di Camilla che si stava allontanando. A fatica, uscì dal suo bozzolo caldo di coperte e si avviò rimbalzando pesantemente giù per le scale. Rabbrividendo, raggiunse la cucina, dove la tazzina di caffè tiepido non riuscì a rinfrancarlo del tutto. Una doccia calda risolse parzialmente il problema, ma rimaneva il fatto che avrebbe dovuto affrontare quattro ore di lezione con ben poche ore di sonno alle spalle. Purtroppo, non poteva spiegare ai suoi studenti che anche gli insegnanti qualche volta facevano sesso.
Giacca, camicia, jeans e ventiquattr'ore: questa la sua corazza da combattimento. Qualche volta, in estate, si presentava in polo, jeans e Converse, ma la direzione era piuttosto severa su certe cose; preferivano un abbigliamento meno informale.
Arraffò da uno scaffale Americana, che aveva comprato il mese prima e non aveva ancora letto, e si gettò strizzando gli occhi nel freddo pungente di una mattina di gennaio. Per fortuna, qualche timido raggio di sole gli regalò un po' di tiepida dolcezza.
Alle nove era già più piacevole fare il pendolare; c'era la luce del giorno, c'era meno gente sui treni e più gente per le strade, in generale si sentiva più un viaggiatore che un prigioniero.
Quando arrivò a Padova sedette al piccolo bar di fronte alla scuola, ordinò a Sofia un cappuccino con brioche alla crema, e se li gustò pacificamente mentre leggeva il giornale. Poco dopo fu raggiunto da Rossella ed ebbe modo di scambiare due chiacchiere. Quando suonò la terza ora, ormai era ben disposto nei confronti del mondo: avrebbe salvato Bianca, la terza A e il pianeta Terra, poteva farcela a fare qualunque cosa.
Salì le scale fischiettando, e salutò allegramente tutti gli studenti che incrociò. Nell'avvicinarsi alla terza A, gli parve di sentire un frastuono che non gli capitava di udire da molto tempo.
-Stronza! Puttana! Troia! Sparisci dalla mia vista perché altrimenti ti spacco quella faccia di merda!
-Stai tranquilla...!
-NO! Io la ammazzo questa sboldra del cazzo!
-Lasciala...! Guarda che ti mettono una nota!
-NON ME NE FREGA UN CAZZO! Io la distruggo questa baldracca!
Emanuele si sentì mancare, ed incrociò lo sguardo di Leandro che stava uscendo dalla classe di fianco. Boccheggiò come un pesce, senza riuscire a reagire, ma per fortuna il vecchio Leandro aveva nervi saldi, quindi infilò la testa nella terza A e, dopo un decimo di secondo, vi entrò precipitosamente, ed Emanuele udì la sua voce rauca urlare:
-Ferma lì, signorina! Lasci la Ferreri. Guardi che la faccio sospendere!
-Mi sospenda! Ma prima la mando all'ospedale!
-State calmi! Per l'amor del cielo. Che Dio vi fulmini tutti quanti! Andate al vostro posto.
Emanuele si precipitò in suo aiuto; a passo di marcia si diresse verso la terza A, spalancò la porta e si guardò attorno.
La scena era da film: Cappelletto e Crivellaro tenevano ferma per le braccia Monica Miotto, che, con gli occhi iniettati di sangue e i pugni chiusi che stringevano un paio di ciocche rosse, cercava con violenza inaudita di lanciarsi verso Bianca.
La quale, seduta sul suo banco a gambe accavallate, ghignava spudoratamente davanti a quella furia omicida.
Emanuele, reduce da una notte quasi insonne, per un attimo si chiese se stesse ancora sognando, o se il tempo fosse tornato indietro quella notte, oppure se il mese scorso avesse avuto una lunga, assurda allucinazione.
-Buongiorno, Leandro – esordì, serio, guardandosi attorno – ragazzi, che cazzo state facendo?
-La Ferreri si è fatta il moroso della Miotto – spiegò Crivellaro – abbiamo cercato di spiegare alla Miotto che tanto la Ferreri si è fatta tutti e tutti si sono fatti la Ferreri, quindi non conta... ma non ci dà retta. 
-È una sorta d'iniziazione – sorrise amabilmente Bianca, osservando Monica che allungava cinque dita armate di french nella sua direzione – Miottina, non te la prendere, non era niente di personale.
-SE NON CHIUDI QUELLA FOGNA TE LA CHIUDO IO!
-Ti spiace se preferisco farmela chiudere dal tuo fidanzatino?
-Bianca! - la riprese – Ohi. Ma siamo tornati in seconda media? Ragazze, per cortesia, se volete fare una catfight fatela alla fine della sesta ora, quando non siete sotto la mia responsabilità e se vi cavate un occhio sono solo cazzi vostri.
-Figata! Combattimento tra passere!
-Emanuele, te la cavi da solo?
-Sì, grazie, Leandro, vada pure. Ho affrontato scenari peggiori.
-Va bene – borbottò l'uomo, poi lanciò un'occhiata a Bianca – è appena tornata, e già fa il disastro...
Ma Bianca non sembrava affatto turbata. Continuava a trattenere le risate guardando Monica dall'alto del suo banco, dondolando la gamba fasciata appena da un paio di calze trasparenti e da un paio di tronchetti neri, che coprivano ben poco.
Non aveva idea di come fosse successo, ma Bianca era tornata.

Heavy Cross.Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz