14. ÀNCORA

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Il soggiorno a Parigi è stato più lungo del previsto: ben cinque giorni, ma ora è il momento di rientrare. All'aeroporto Charles De Gaulle l'altoparlante annuncia il volo FT 5371 per Bologna. Tonno, io e papà ci avviamo all'imbarco.
Durante tutto il volo ripenso alle parole di mio padre: il tumore di Dario non è operabile, troppo radicato nel cervello, me lo ha confermato anche lui, non è possibile intervenire senza compromettere le funzioni vitali in modo irreparabile. Ha usato proprio queste parole, proteggendomi dalla verità: non ci sono molte speranze di salvarlo.
Ha deciso di seguirci nella nostra città, al Sant'Orsola conosce il primario di oncologia, si stimano, e la sua presenza farà si che le cure di Dario ricevano un'attenzione particolare. Gliene sono grata. 

Quando le porte di uscita dell'area arrivi di Bologna si schiudono davanti a me, Dario è lì.
Non so con quale forza, non so con quale energia si regga in piedi. Poteva benissimo aspettarmi a casa sua, evitare di incontrare mio padre subito appena sbarcato, poteva non esporsi al primo caldo di quest'inizio estate, invece lui è qui, come sempre dall'inizio della nostra storia: per me. Gli corro incontro piena di sorpresa e lo bacio, un bacio vero, uno di quelli che dai quando qualcuno ti è mancato troppo. Ho bisogno del sapore delle sue labbra sulle mie, delle sue braccia intorno al mio corpo, voglio i suoi occhi su di me. Stargli lontana è stato davvero difficile, ma presentargli mio padre lo è altrettanto.
Dario vorrebbe proteggermi da tutto, anche dal mio passato, non abbasserà la guardia, nemmeno nelle sue precarie condizioni di salute permetterebbe a mio padre di ferirmi nuovamente.

Rientriamo a casa sua e siamo finalmente soli, "Amore ho una cosa da farti vedere" gli dico, mentre lui è disteso sul letto. "E' una cosa bella?" Mi chiede incuriosito. "Questo dovrai dirmelo tu" replico con un sorriso ammiccante mentre mi tolgo la maglietta.
Anche il suo sguardo tradisce un po' di malizia, mentre si posa sui miei seni e sul mio corpo, vedo che segue la mia mano che toglie via un cerotto bianco. A Parigi mi sono fatta il mio primo tatuaggio.
Sul fianco sinistro, in corrispondenza del cuore, spicca un'ancora nera, la cui cima, con un arabesco, forma la lettera D.
"Wooow, tu ti sei fatta un tatuaggio?" Mi dice sorpreso che abbia superato la mia paura per gli aghi pur di avere inciso sulla pelle quel disegno.
"E' stato spaventoso, -dico ridendo- ma è troppo importante. -mi faccio di nuovo seria- Questo sei tu, la mia ancora, il mio punto fermo, il mio porto sicuro per sempre." I suoi occhi si fanno lucidi di fronte a quella mia specie di dichiarazione di amore nonostante che sia lui quello bravo con le parole, non di certo io. Mi prende per i fianchi e mi avvicina a lui che, ancora seduto sulla sponda del letto, inizia a baciarmi il tatuaggio, prima delicatamente poi con più vigore, lo stesso con cui mi cinge e mi stringe a se. Io lo spingo, liberandomi dal suo abbraccio, fino a farlo sdraiare, gli tolgo la maglietta e ricambio quei baci, in un attimo siamo vestiti solo dal corpo dell'altro, le sue mani percorrono le mie gambe, io lo tengo stretto a me e la sua pelle ha un brivido quando i nostri corpi si uniscono donandosi amore.
"È bellissimo essere la tua àncora".

Il lato destro del cuore || SpaceValley|| COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora