7. Ti passo a prendere

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Riccardo ride di gusto, seduto sul mio letto, il viso magro e tirato, i capelli più corti del solito. È il momento del nostro 'quiz intellettuale', e a quanto pare i miei errori sono particolarmente ridicoli e divertenti; ma rido anche io nel vederlo così allegro. È bello vivere le abitudini, trovare sicurezza nelle cose di sempre. Come pensavo: mi sta facendo molto, molto bene.

Afferro una fetta di pizza fatta in casa con i miei, arte culinaria che ci ha riempito la serata di gioia e amore, e mando giù un boccone con un sorso di Coca-Cola.

Il suono del mio cellulare interrompe le risate del mio ragazzo, e io rimango a fissare il display per qualche secondo.

«Kassy, che fai? Non rispondi?»

Deglutisco ed evito il suo sguardo, per qualche ragione il mio cuore ha preso a battere all'impazzata. Mi alzo dal letto, apro la portafinestra e lascio che un venticello leggero mi rinfreschi il viso.

«Pronto?»

«Sei a casa?» Cristian parla con il solito tono freddo e sicuro di sé.

«Sì, perché? C'è qualche problema?»

Riccardo mi raggiunge e mi abbraccia da dietro, contatto che in questo momento mi mette estremamente a disagio. Lo sento irrigidirsi alle mie spalle, quando la voce del mio tutor ricomincia a farsi sentire, dall'altra parte del telefono.

«Ti passo a prendere tra venti minuti.»

«C-cosa?»

Mi libero in malo modo dalle braccia di Riccardo e avanzo verso il giardino.

«Abbiamo un articolo da consegnare, Kassandra.»

«Ma di che arti...»

«Hai passato una giornata intera a fare ricerche su quell'orchestra, e l'hai già dimenticata? I giornalisti non possono non avere una buona memoria, Kassandra.»

«Non mi sono scordata» mento. Con tutte le cose che ho fatto questa settimana, l'orchestra è passata decisamente in secondo piano. «Ma dovevi avvisarmi prima. Non posso venire all'ultimo minuto! Perché non mi hai avvisata che il concerto era stasera?» parlo veloce e agitata, con la voce che muore un po' a fine frase.

«Che cosa stai facendo?»

«Non sono cose che ti riguardano.»

Mi giro a guardare il mio ragazzo che, con le braccia incrociate, continua a scuotere la testa.

«Be', pensavo volessi scrivere un articolo.»

«Pensavo che non mi considerassi abbastanza brava per farlo» butto fuori, e mi mangerei la lingua per essere stata così schietta.

Non posso perdere questa occasione.

Dopo secondi di silenzio, con il cuore in gola e le tempie che mi pulsano dall'agitazione, Cristian riprende a parlare.

«Vuoi scriverlo o no?»

«Certo che voglio scriverlo!»

Gesù, questo ragazzo mi manderà fuori di testa. Una persona più contorta di lui credo di non averla mai conosciuta.

«Allora a tra poco, Kassandra» e mette giù.

Mi tremano le mani. E le gambe. E non riesco nemmeno a guardare negli occhi Riccardo, mentre torno in camera.

«Chi era?» mi chiede, scrutandomi il volto.

«Il mio tutor della redazione.»

«Ha detto davvero che ti passa a prendere? Ho sentito bene?»

BISCOTTI AL CACAODove le storie prendono vita. Scoprilo ora