16. Col fare del male

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Il modo in cui Cristian mi osserva, mentre avanzo verso di lui, mi fa dimenticare tutto il casino in cui la mia vita si è trasformata. Un solo momento, un attimo infinito, in cui ci siamo solo io e lui, e tutto il resto non conta.

Poi la mia testa si mette in moto.

Mi ricorda che sto facendo un'enorme cazzata, che sto mentendo al mio ragazzo, che sto accettando un passaggio da una persona già sentimentalmente occupata e che, oltretutto, è un mio superiore a lavoro.

Ma in che diavolo di guai ti sta mettendo? mi chiede una vocina dentro di me.

Le immagini della bionda su di lui, il bacio appassionato che si sono scambiati solo un'ora fa, mi fa scattare una lampadina d'allerta.

Lucia mi saluta con un occhiolino, prima di proseguire affiancata da Matteo. Faranno una passeggiata, poi torneranno a casa. Io, invece, rimango quasi pietrificata davanti all'auto del mio tutor.

Ecco dov'era finito, realizzo. Era andato a prendere la macchina.

Non mi dice una parola, mi fa segno di salire e io accetto altrettanto silenziosamente. Mi infilo il più velocemente possibile sul sedile del passeggero, sperando che Riccardo e i suoi amici non decidano anche loro di andarsene adesso. Se mi vedesse, sarebbe un grandissimo disastro.

Cerco di fare un respiro profondo. Cristian mette in moto l'auto e inizio a tremare, quando si immette in strada.

Non ho per niente voglia di rientrare a casa. Solo l'idea di tornarci, mi mette ansia.

«Ehm, Cristian?» accenno, e posso notare un leggero sorriso sul suo profilo armonioso. «Lasciami pure dove sei venuto a prendermi stasera. Non ce la faccio a tornare a casa ora.» Il mio tutor mi guarda storto, poi riporta lo sguardo sulla strada. Arriccia un po' le labbra, prima di parlare.

«Qualcosa non va?» Il suo tono è pacato, la voce calda e accogliente, e contrasta così tanto con i modi freddi e arroganti.

Non so ancora se sia il caso di aprirmi con lui, anche se, a dirla tutta, mi ha già vista in pessime condizioni. Tanto vale, almeno, motivarle. «Ecco, i miei mi hanno detto che divorziano. Era totalmente inaspettato.» La voce mi trema un po', così cerco di fissare la notte al di là del finestrino «Me l'hanno detto solo stasera.»

«Capisco. Mi dispiace, angelo.»

Sospiro, e lascio che il silenzio mi avvolga. Si sta comodi, in fondo, qui dentro. I sedili sono morbidi, il profumo di Cristian riempie l'abitacolo, e il buio nasconde le lacrime che non sono riuscita a trattenere. Chiudo gli occhi, sperando che i miei pensieri frenino e che questo vortice finisca di risucchiarmi.

Inizio a percepire il mio corpo sotto alle coperte e un gusto osceno in bocca. La mia lingua è impastata, le labbra sono secche. Cerco di deglutire, ma un mal di testa lancinante si fa strada sulle mie tempie e sulla fronte. Apro gli occhi lentamente, una luce soffusa entra dalle tapparelle abbassate.

Mi sento uno straccio, ho male ovunque. È l'unica cosa che riesco a pensare. Provo a mettermi seduta, ma qualcosa non quadra. Cerco il mio cellulare, allungo la mano verso il comodino, ma ci sbatto contro.

È più alto del solito. Mi guardo intorno e metto a fuoco. Il cuore inizia a battermi all'impazzata.

Non sono a casa. Non sono a casa mia, nella mia camera, nel mio letto.

Dove diavolo sono?

Respiro, ordinandomi di mantenere la calma e di ricordare cosa è successo ieri sera. Sgrano gli occhi e balzo in piedi, ma un capogiro mi obbliga a risedermi sul letto.

BISCOTTI AL CACAODove le storie prendono vita. Scoprilo ora