CAPITOLO 4: "ancora qui!?"

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Ok questo credo sia l'ultimo sogno (per il momento) e l'ho fatto da poco.
Iniziamo col dire che sembra il continuo o il precedente del sogno del laboratorio SCP. Dopo aver specificato questo possiamo iniziare.

Tutto iniziò nella mia casa qui, nel vostro mondo. Avevo sempre 5 anni ed ero con mia madre ( non Alex, ma mia madre "adottiva"). A quanto sembra avevo subito da poco un intervento alla spalla. Visto che non avevo niente da fare e sentivo una gran confusione scesi nel pianerottolo del mio palazzo, trovandolo stravolto: sedie dovunque e un mare di gente (tra cui miei vicini) che stavano aspettando di entrare in una stanza oltre una porta. Mi misi a sedere tra loro per pura curiosità. Tutti nella stanza mi guardavano con aria preoccupata, ma non lo volevano far notare ( cosa che gli riusciva malissimo). Messa a disagio da ciò ritornai nel mio appartamento e andai nella veranda che affacciava sulla strada. E lì mi misi a pensare: "ma per fare questo intervento, mi avranno fatto dei test... e se quei test rivelassero il mio essere semidea!? E se l'associazione SCP venisse a cercarmi?!". Quei pensieri mi colsero all'improvviso e non mi sentii più tanto tranquilla. La cosa peggiorò quando vedi dei camion militari che entravano nel mio viale. Corsi al piano di sopra, presa dal panico di farmi vedere. Entrai in camera mia e mi accorsi che il mio telefono, lasciato abbandonato sul letto, vibrava. Lo accesi: c'erano una serie di SMS mandati da un numero sconosciuto. Lessi attentamente: "Ciao, sono uno scienziato dell'SCP. Credo tu sappia cosa vogliamo. Prepara la valigia che stiamo venendo", sgranai gli occhi "COSA!?". Ero pronta a scappare, quando entrò mia madre: -non capisco perché l'ospedale ti vuole di nuovo con sé. Cioè stai bene! Non posso nemmeno venire con te...- concluse lei sconsolata. Mi preparò la valigia e io preparai lo zaino mettendoci dentro anche la spada, l'arco e le frecce che mi aveva regalato papà. Misi lo zaino in spalla e con il cuore in gola uscii dal mio palazzo. Il camion era già lì e c'era anche il tipo che doveva accompagnarmi. Aveva un aspetto rude sembrava cattivo freddo e distaccato, oltre che ubriaco. Mi avvicinai a testa bassa al camion. -metti la valigia dentro- mi disse lui con tono freddo e distaccato. Feci come ordinato, poi entrai rannicchiandomi in un angolo e partimmo. Non so quanto tempo passò prima che finalmente il camion si fermasse, stranamente il tipo aveva guidato bene nonostante fosse ubriaco. Quando ci fermammo lui mi ordinò di scendere e di scaricare la valigia, feci come chiesto e poi mi giardai intorno: eravamo nel bel mezzo dell'autostrada e non c'era nulla lì. Perché ci eravamo fermati!? Il tipo intanto si era rimesso in macchina ed era partito. In quel preciso istante sentii il suono delle notifiche del mio telefono, lo presi dalla tasca: c'erano degli SMS mandati da un numero sconosciuto, li lessi: "dove siete?" Dove state andando?" Che fa il tipo alla guida?" poi si fermò all'improvviso, forse realizzando che stava parlando con me, poi riprese: "perdonami. Sono uno scienziato della SCP. Mi sai dire dove siete?", gli scrissi "in autostrada", lui lesse rapidamente e poi mi chiese ancora: "il tipo alla guida che fa?" ci pensai un secondo e poi ingenuamente risposi: "mi ha lasciata in autostrada". Altra pausa questa volta più lunga, forse stava metabolizzando la cosa, tipo: ah ho lasciato una bambina di cinque anni potenzialmente pericolosa in un autostrada in mezzo ai civili. Bene! Poi finalmente riprese: "ok. Tranquilla, ti sto venendo a prendere. Ma non ti muovere! Dimmi che non ti muoverai! Dimmelo!", decisi di assecondarlo: "non mi muovo, promesso". A quel punto smise di scrivere. Rimasta sola a tutti gli effetti iniziai ad avere paura, così per tranquillizzarmi presi dallo zainetto il mio peluche che rappresentava Alex di Minecraft e lo strinsi forte, mi rassicurava sempre. Rimasi lì per un tempo incalcolabile e poi finalmente mi raggiunse un altro camion. Questa volta uscì di lì un ragazzo giovane sui diciotto anni che assomigliava incredibilmente a mio padre Steve: occhi viola, capelli lisci castani e una pelle lattea. Forse era mio fratello più grande Jack, papà mi parlava spesso di lui e mi prometteva sempre che lo avrei conosciuto, anche se avrei preferito conoscerlo in una situazione diversa. Appena scese dal camion si fiondò su di me e iniziò a controllare se fossi ferita mentre borbottava: - perché ti hanno affidato a lui? È così irresponsabile... - poi si rivolse a me: - tutto bene? Sei ferita?- io lo guardai: - no... No, sto bene, tranquillo-. Lui prese la valigia e la mise sul retro: -vogliamo mettere anche lo zainetto lì?- mi chiese allungando le mani verso di me: era evidente che non aveva cattive intenzioni, ma io non mi fidavo ancora e di istinto indietreggiai. Lui sorrise quasi intenerito e poi mi fece salire in macchina. In poco tempo tutto si fece buio... Mi risvegliai stesa su un lettino d'ospedale. "come ci sono finita qui?" pensai perplessa. Scesi dal letto e mi guardai intorno e mi ritrovai davanti una scena a dir poco terrificante: Jess svenuto e collegato a diversi macchinari e schermi che mostravano immagini inquietanti e sull'orlo della pazzia come Steve sventrato e dai denti affilati e sporchi di sangue. Distolsi lo sguardo terrorizzata. Guardando ancora intorno a me notai anche delle cartelle cliniche poggiate su una sedia messa in un angolo. Mi avvicinai e iniziai a leggere la prima: riportava un esperimento fatto a un certo 042 B: usare su di lui una droga che dava allucinazioni sperando di vedere Steve o scoprire qualcosa in più sul suo passato.

Diedi un'occhiata all'altra cartella: riportava un altro esperimento, questa volta fatto a un certo 042 A: forzarla al sonno e mandargli stimoli dall'esterno per vedere come reagiva, il soggetto era attualmente in coma. Lanciai la cartella inorridita e mi sedetti sul letto. Mi concessi qualche minuto per pensare, nel farlo mi accorsi che avevo un marchio a fuoco sul braccio: SCP 042 A.

"questo significa che..."

Non finii di completare il pensiero che uno scienziato entrò nella stanza. Riuscii a leggere il suo nome cucito sul camice: Dr. Glass. -vedo che 042 si è svegliata- notò con piacere. Mi rannicchiai in un un angolo terrorizzata e iniziai a fissarlo a occhi sgranati. -ehi... tranquilla sono qui solo per parlare un po'- tentò di rassicurarmi lui, io però ero ancora diffidente e sbraitai:- so cosa mi avete fatto, quello che CI avete fatto!-. Mi misi a tremare, lui mi lanciò uno sguardo preoccupato: -l'intervento deve averti reso instabile-; io gli risposi, sempre più spaventata: -c-che significa i-instabile...?-. Lui mi prese in braccio e mi poggiò sul lettino: -nulla piccina. Ora controlliamo le tue ferite e poi ti lascio tranquilla- disse lui sorridendo in modo rassicurante, io gli risposi balbettando:-qu-quali ferite...?-. Lui mise il dito sulla mia tempia destra: era piena di sangue... Fissai terrorizzata il suo dito per qualche secondo per poi svenire. Quando mi risvegliai mi trovai ammanettata al letto e con affianco Jack e mio fratello Jess che discutevano animatamente: -perché siamo qui?! Che le avete fatto?!- sbraitò Jess puntando il pugnale alla gola di mio fratello. -lei sta bene! E io sto eseguendo solo gli ordini che mi danno- cercò di difendersi il più grande; Jess infuriandosi ancora di più gli urlò contro: -gli ordini di chi?! Come posso essere sicuro che non ci stai tradendo!?-. Cercai di attirare l'attenzione dei due sussurrando:-ehi... ragazzi...-; Jess si girò di scatto:-GIADA! Per tutti gli dei! Stai bene? Come ti senti?- mi chiese lui con una faccia preoccupatissima, -bene..- risposi io ancora debole. A quel punto entrò il dr. Glass che, vedendomi sveglia, sorrise. -ragazzi lasciatemi un attimo solo con vostra sorella- chiese lui gentilmente e con tono pacato, loro annuirono e uscirono in silenzio. Mi rimisi a tremare non togliendo lo sguardo da lui. -c-cosa vuoi da m-me..?- chiesi io titubante, -voglio solo parlare- disse sedendosi accanto a me., -n-non voglio... n-non ti conosco..- continuai io diffidente -E POI LIBERAMI DA QUESTE COSE!- urlai dimenandomi. -sei ancora instabile, non mi fido a liberarti- disse lui tenendomi d'occhio. -LIBERAMI O NON PARLO!- sbraitai, lui vedendosi costretto mi liberò e io con una mossa fulminea sguainai la spada e lo misi spalle al muro:-liberaci...ora- dissi con una voce talmente inquietante che mi stupii da sola. -vedi che sei instabile?- chiese lui con un sorrisetto divertito -dai lasciami o sarò costretto ad usare le maniere forti-, -ti...ti prego no....- dissi perdendo la mia sicurezza. -allora lasciami- ribatté lui, -MAI!- sbraitai irremovibile. - ricorda che mi hai costretto tu- disse per poi fischiare. Due guardie mi immobilizzarono per le braccia, lui mi iniettò una sostanza nel collo e poco dopo persi i sensi.

Mi svegliai di soprassalto e di istinto mi guardai intorno: -sono in camera mia..- sussurrai prendendo un sospiro di sollievo. Poi notai due lampadine bianche nell'angolo accanto alla finestra. Osservai meglio quelle due luci e mi resi conto che erano due occhi: -CHE CI FAI QUI!?-

Sogni Di Una Semidea Figlia di Steve Where stories live. Discover now