Bucky Barnes

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È il 1945 e quest'anno a Brooklyn vi è l'esposizione mondiale sulle tecnologie future e io sono una delle tante ragazze che passeggia tra i padiglioni, estasiata da ciò che essi propongono. Nell'aria c'è odore di festa, gioia, una cosa di cui tutti abbiamo bisogno in questo periodo tragico di guerra e molti non perdono l'occasione per ballare e sorridere. Improvvisamente sento due mani poggiarsi sui miei occhi -"Chi sono?"- chiede una voce al mio orecchio. Sorrido riconoscendola subito e mi volto, ritrovandomi a pochi centimetri dal viso di Bucky -"Non hai risposto"- dice mettendo su un finto broncio che non perdo tempo a baciare.
-"Perdonata?"- chiedo nuovamente guardandolo in quei suoi meravigliosi occhi che mi hanno fatta innamorare.
Lo vedo scuotere la testa e infine posare le sue iridi sulle mie labbra -"Forse dovresti riprovare"- sussurra ad un soffio da esse, per poi farle scontrare nuovamente con le sue. Passiamo una meravigliosa serata insieme, con lui mi diverto, mi sento libera, come se non ci fosse una guerra che incombe sul nostro paese; mi sento di poter fare tutto, solo avendolo accanto. Ma lui partirà per la trincea e non so quando e se vi farà ritorno, ho tanta paura di perderlo, di non poterlo più stringere tra le mie braccia e questo mi rattrista.
-"Che succede?"- chiede lui notando questo mio cambiamento d'umore.
-"Ho paura per la guerra, per te"- rispondo con gli occhi lucidi.
Lo vedo sorridere, prendere la mia mano e portarla al suo petto, poggiandola sul cuore -"Io tornerò da te, lo giuro"- dice infine posando un bacio sulla mia fronte.
Sono passati tre mesi, le prime settimane ricevevo qualche sua lettera, dove mi rassicurava di star bene e che presto avrebbe fatto ritorno. Ma dopo un po' le buste hanno smesso di arrivare, fino a tre giorni fa, quando il postino, guardandomi tristemente negli occhi, mi ha consegnato un telegramma. In quel momento sono crollata sulle ginocchia, le lacrime hanno iniziato a fuoriuscire a raffica, senza smettere un momento, tutti i vicini hanno cominciato ad affollare il piano e vedendomi in quello stato, capendo che cosa fosse successo, mi sono stati vicini, ma nessuno è riuscito a far svanire davvero il mio dolore. Ora me ne sto, seduta dinanzi alla finestra, osservando la pioggia che batte sul vetro; tutto improvvisamente sembra buio, triste e freddo, come se il tempo si fosse messo d'accordo con il mio stato d'animo. Non mangio più, non dormo, il mio corpo si è fermato, la mia vita si è completamente bloccata e non so se riuscirò a venirne fuori, magari un giorno, ma adesso fa troppo male. Tra le mani stringo l'anello che ho trovato nella busta spedita ieri da Steve, all'interno vi era anche una lettera dove spiegava che, una volta rientrato dalla guerra, avresti chiesto la mia mano perché il tuo unico desiderio era quello di passare la tua intera vita accanto a me, fino alla morte. Però essa ha deciso di prenderti con se prima, togliendo ad entrambi questa possibilità. Mi manchi, ogni giorno penso a te e alla nostra ultima serata, a quanto avrei dovuto stringerti di più, senza magari lasciarti andare. Sarei dovuta essere più egoista e tenerti qui con me, ma non potevo impedirti di salvare il mondo o per lo meno provarci. Non so come sarà la mia vita senza di te, probabilmente un po' vuota perché una parte di me è con te, ovunque tu sia, sappi però che ti porterò sempre nel mio cuore, è una promessa.

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