Nella mia testa

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Un gomito poggiato sul banco a sorreggere il capo e lo sguardo perso oltre la finestra a rimirare i grossi nuvoloni bianchi che otturavano l'azzurro del cielo, imbottendolo come spessi strati di ovatta pronti a piangere la prima neve dell'anno. E, diamine, se lui adorava il lento ed inesorabile posarsi di quei fiocchetti candidi contro il suolo: un fenomeno così affascinante da riuscire a distrarlo finanche dal suo odio nei confronti di quella stagione. Il freddo non gli piaceva e, in egual misura, detestava il caldo asfissiante dell'estate. E non era indecisione, la sua, bensì esasperato bisogno di avere il pieno controllo del proprio corpo. In fondo, i palmi delle mani pregni di sudore erano una scocciatura per un disegnatore, proprio come le nocche scorticate dai geloni. A dimostrazione della sua tesi, vi era il resoconto annuale dei suoi lavori, che nelle mezze stagioni, oltre ad essere quantitativamente maggiori, erano migliori anche per qualità.

Eppure, che contraddizione, la neve accendeva l'interruttore del sua creatività come poche altre cose al mondo. Magari era quella la cosiddetta eccezione che confermava la regola? Non si era mai sufficientemente interrogato al riguardo, per poter giustificare quei picchi improvvisi di produttività: finché riusciva a trarne vantaggio, non gli interessava avere una risposta.

E nemmeno gli interessava la prima lezione di fisica dell'anno durante la quale il tempo pareva dilatarsi, trasformando quell'ora del lunedì mattina in un vero e proprio supplizio. E allora si ritrovava a pregare, nella speranza che una qualche divinità lo ascoltasse e velocizzasse lo scorrere dei minuti che lo distanziavano dalla sua camera e dalla sua fidatissima tavola grafica.

«Jaeger! – la voce del professore lo fece sobbalzare e il suo sguardo raggiunse in primis Mikasa, che dal suo posto scuoteva ripetutamente il capo, fissandolo come se fosse un caso perso, per poi posarsi all'omino grassottello che occupava la sedia al di là della cattedra. - Questa è la terza volta che ti chiamo, vuoi rendere partecipe anche noi dei tuoi pensieri che, a quanto pare, sono più interessanti della mia lezione? – raddrizzò la schiena, tirando un pacato sospiro; stava per scusarsi, (che altro avrebbe potuto fare?) quando sentì una voce riecheggiare nel silenzio dell'aula: Per l'amor del cielo, no! La sua idiozia potrebbe essere contagiosa. Si voltò di scatto, passando in rassegna ogni singolo banco, le palpebre assottigliate e l'intenzione di individuare chiunque avesse osato parlargli con una tale libertà. Eppure tutti gli occhi erano ancora puntati su di lui: nessuna risatina per quel commento maligno, nessun tipo di reazione. Nemmeno la sua migliore amica aveva dato segno di essersene resa conto; la conosceva bene, un commento del genere come minimo l'avrebbe rabbuiata. Il professore sbuffò spazientito, battendo un palmo sulla pila di quaderni che troneggiava dinanzi a lui. – Jaeger, sto parlando con te. Gradirei che mi guardassi.» rivolse nuovamente la propria attenzione all'uomo, un cipiglio ad arricciargli la fronte e un senso di disagio a gonfiargli il petto. Che se lo fosse sognato?

«Mi scusi.» esalò, sottostando all'occhiataccia canzonatoria e individuando il suo quaderno con i compiti per le vacanze natalizie venire sfogliato dal professore quasi con disgusto.

«Spero che le tue scuse si riferiscano anche a questo. – mantenne l'oggetto tra indice e pollice, facendolo penzolare in aria, come se non ne capisse la natura. – Credo che non ti sia ben chiaro il concetto di compiti, ragazzo.» glielo tese, facendogli intendere di alzarsi per riprenderselo.

Oh, sono convinto ci siano parecchi concetti a non essergli ben chiari! Sentì dire appena prima di afferrare il proprio quaderno, dunque, ancora una volta, si girò di scatto, questa volta furibondo. No, non l'aveva sognato affatto. Vide Mikasa rivolgergli uno sguardo preoccupato, ma non si soffermò su di lei più di pochi secondi. Voleva assolutamente sapere «Chi cazzo è stato?» La metà dei suoi compagni cominciò a borbottare a bassa voce mentre l'altra metà lo guardava allibita.

Connected [Ereri/Riren]Where stories live. Discover now