Prologo: La Fine

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Inizio a correre.

Eppure penso che questo verbo sia troppo generico, data la situazione.

Forse sarebbe meglio dire che scappo.

Però anche questo non mi sembra giusto.

Perché non si può scappare da un buco nero.


Scavalco qualcuno; sento il peso del suo sguardo, ne percepisco il panico, ma non ho tempo per guardarlo negli occhi.

Non voglio abbandonare nessuno, ma so perfettamente che non sarei di alcun aiuto.

In effetti so che non avrebbe senso correre, ma credo sia normale come reazione.

Paura.

Tanta paura.

E credetemi, veder scomparire tutto ciò che fino a un attimo prima ti stava attorno è terrificante.

Sul serio.


Alla fine mi fermo, ma non per mia volontà: la gravità di quella cosa ha catturato anche me e, per quanto cerchi di divincolarmi, sono consapevole non ci sia possibilità di fuga.

Con l'aumentare delle dimensioni della massa nera ne sento via via l'attrazione; pochi secondi, prima che questa mi sollevi da terra.

È strano volare per aria, lo immaginavo più bello.

Sarà che non penso a divertirmi in questo momento, solo a ciò che sto perdendo.

Non che avessi molte cose prima: mio padre e pochi amici.

Ma sono triste comunque.

Per loro, sia chiaro, non per me: potrei morire senza problemi dal mio punto di vista.


Ormai è giunta la mia fine.

L'uomo in nero sorride quando vengo cancellato insieme al resto del mondo.

Per la seconda volta.

Perché sì, avevo già vissuto questo giorno, solo non ne conservavo memoria.

Ma, quando mi sveglio il mattino seguente, i ricordi li ho.

Così chiamo Aiko.

Overtime JourneyWhere stories live. Discover now