Capitolo 39

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A volte bastano pochi minuti per cambiare il corso di una vita...forse anche di più di una.

La stanza ha una finestra che da' sul cortile da cui filtra appena la luce.

Il parquet scricchiola se ci cammini sopra, c'è qualche scatolone buttato in giro.

Vi sono tutta questa serie infinita di dettagli inquietanti che però io non noto.

Le mie gambe tremano, la mia voce non esce, non riesco a gridare, ho il fiato mozzato.

Perchè?

Perchè appeso al debole lampadario rotto della stanza vi è un cappio.

E al cappio... non ce la faccio... non riesco più neanche a pensare, troppo sconvolto da tutto questo.

Sbatto ripetutamente le palpebre pregando che tutto questo sia solo un incubo, un orribile e tragico incubo, ma pur sempre irreale, ma non è così.

Ogni volta riapro gli occhi e la figura attaccata al cappio è sempre lì... sempre immobile.

Poi istintivamente la mia voce esce come un urlo e comincio a piangere.

《Sal... Sal... oh cristo》dico riuscendo a slegare la corda dal lampadario.

Le mie mani sono molli, senza presa, mi sento svuotato.

Il suo corpo mi cade addosso mollemente.

La sua espressione è sofferente, i suoi occhi sono aperti, ma vuoti.

Sembrano del loro solito colore, ma hanno qualcosa di profondamente sbagliato, gli manca quella luce che li rende speciali... che li rende vivi...non brillano più di emozione, sono semplicemente immobili.

Intorno al suo collo dove tento inutilmente di togliere la corda, c'è un profondo segno violaceo.

Il suo capo è rovesciato innaturalmente e purtroppo so cosa significa.

《Perchè... Perchè... Sal... no... non tu, non così, non qui... perchè》singhiozzo senza capire neanche che cosa io stia dicendo.

Da uno dei due polsi cola sangue che ormai ha formato una pozza scura sotto di lui.

Ha tagliato uno solo dei due polsi, quello dove vi è il suo tatuaggio con una data.

La lama è poi stata scaraventata lontano.

Cado a terra sotto il peso della realtá e del suo corpo inerme.

Lo stringo forte a me piangendo.

Sul mio petto sembra vi sia appena stato lasciato un enorme macigno.

Più lo sento diventare freddo e più le mie lacrime sgorgano senza freno.

Posso sentire proprio la vita che scivola via da lui, anche se di vita non c'è n'è più ormai.

Bastano pochi minuti... perfino pochi attimi per cambiare tutto... Il polso non c'è, non respira, non reagisce agli stimoli esterni.

Tutto ciò che riesco a fare è piangere e abbracciarlo chiedendomi come farò ora ad andare avanti se ogni volta che chiuderò gli occhi vedrò il suo ultimo gesto, quel togliere gli occhiali che tanto amava per poi andarsene senza dire nulla.

Come farò a dimenticare il suo corpo inerme appeso... la sua pelle che diventa gelida, i suoi occhi vuoti.

In un attimo di luciditá noto il suo telefono acceso di fianco a me, lo afferro con la mano tremante cercando di leggere il testo che vedo scritto sullo schermo.

| Does your smile lie? | ~ SaschefanoWhere stories live. Discover now