L'Epilogo

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Forse aveva sbagliato, e di grosso anche. Non avrebbe dovuto nascondergli la verità, lo sapeva, ma era andato completamente nel panico quando Artù aveva chiesto spiegazioni in merito agli accadimenti dei giorni passati. E certo il fatto di aver appena finito di slinguazzarlo non lo aiutava a concentrarsi. Dio, quelle labbra.
Ci aveva pensato per tutta la notte, non alle labbra ovviamente... beh, anche a quelle, ma principalmente a come comportarsi in presenza del principe.
Non riusciva a decidersi: doveva dirgli che se era riuscito a risvegliarlo dall'incantesimo era perché, a quanto pare, i suoi sentimenti erano incredibilmente ricambiati? O avrebbe fatto meglio a lasciare le cose come stavano e pregare che quella situazione finisse nel dimenticatoio?
Era una tortura psicologica.
Inoltre, anche se gli avesse detto come stavano realmente le cose e quell'asino reale avesse acceso l'unico neurone che gli era rimasto ammettendo ciò che provava, non c'era la minima possibilità che potessero stare insieme. Lui era di sangue blu e Merlino un umile servitore. Potente forse, ma a che serviva se questo non poteva aiutarlo?
L'unica cosa certa era che Artù era un idiota. Un reale idiota che gli aveva complicato la vita in modi che neanche immaginava.
Agitato come non mai, si rigirò tra le coperte cercando di trovare una posizione consona, ma con un movimento troppo brusco finì per sbattere con eleganza la testa contro il muro, aggiungendo un altro aneddoto alla sua interminabile lista di spiacevoli incidenti.

Dall'altra parte del castello, nel suo enorme letto a baldacchino, giaceva il nobile Artù Pendragon, regalmente impegnato ad imprecare sottovoce.
Sentiva che i conti non tornavano, ci doveva essere un motivo se Merlino lo aveva dovuto baciare per risvegliarlo. E la scusa del migliore amico non aveva il minimo senso. Non aveva mai sentito di migliori amici che si baciavano sulla bocca. A ripensare a quel pomeriggio, il principe non poteva fare a meno di arrossire, persino adesso che era solo nella sua stanza. Eppure aveva baciato altre persone nella sua vita, ma mai nessuno gli aveva fatto un effetto simile. Si domandava il senso di tutta quella situazione. Che provasse veramente qualcosa per Merlino?
Merlino, che idiota. Prima che si separassero, il giorno prima, gli aveva spiegato tutta la dinamica degli eventi: di come Alined avesse tentato di stregarlo per farlo invaghire di Vivian e di come lui fosse poco leggiadramente inciampato presso il suo letto mentre era intento a preparargli i vestiti. Era anche riuscito a strapparsi la maglietta, il genio, il cui brandello si era depositato vicino a lui, e per questo la pozione aveva scelto proprio il corvino come designato oggetto dei suoi desideri. Tutto questo in una sola notte, quanto poteva essere imbranato quel ragazzo? Artù non se ne capacitava.
Però era adorabile, e baciava sorprendentemente bene.
Il principe ereditiero non poteva credere di star pensando sul serio a certe cose, ma era tardi e si sa, la notte ti fa pensare. Anche se nel suo caso lo stava facendo pensare a cose un po' ambigue.

"Saranno gli effetti collaterali dell'incantesimo" pensò, anche se non troppo convinto.

Continuò ad arrovellarsi il cervello per quasi tutta la notte, riuscendo a chiudere occhio solo per qualche ora.
L'indomani avrebbe affrontato Merlino sulla questione, si disse, anche se al solo pensarci il cuore cominciava ad accelerare un po' troppo il suo battito.

Un raggio di sole trapelava dalle tende semitrasparenti, mentre il principe di Camelot, reduce da una notte tormentata, si premeva il guanciale sulla faccia, in un estremo tentativo di guadagnare qualche minuto in più di sonno.
"In piedi fiorellino!" annunciò allegramente Merlino, non curandosi minimamente di moderare il tono della voce, sempre di un'ottava troppo alto per le orecchie di Artù.
In risposta al corvino, il principe ereditario emise dei versi poco identificabili e si rigirò sul fianco, sperando che il servitore capisse il messaggio e lo lasciasse stare.
Merlino, che era ben poco disposto ad arrendersi ed abituato alla pigrizia del suo padrone, non si fece problemi a prendere la rincorsa ed a buttarsi graziosamente sul biondo, facendolo precipitare dal letto. Tale incresciosa scena fu accompagnata dalla soave esclamazione di Artù - fine quanto un carpentiere ubriaco - che descrisse i vari modi in cui avrebbe posto volentieri fine all'esistenza del corvino.

"Che problemi ti affliggono, si può sapere?" sbraitò non appena poté togliersi di dosso il suo scriteriato servo e rialzarsi in piedi.

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