QUELLO CHE NON VOGLIO SENTIRE

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"Sei arrabbiato?"

– "No scemo, perché dovrei?"

Goten si era steso vicino a lui. Aveva il suo solito sguardo affettuoso e spensierato. Sembrava che nulla potesse smuoverlo, ma Trunks non poteva evitare di preoccuparsi, soprattutto per come si era scostato da lui così velocemente, mentre il secondo prima aveva avuto come l'impressione che stessero per...

-"Trunks, davvero cosa c'è che non va?"

– "Beh, avevo paura di dirtelo perché dopo tutto il discorso del non smettere i nostri allenamenti... e poi non te l'ho detto subito e..."

– "Ah crescendo stai diventando proprio paranoico. Guarda che hai iniziato tu la storia delle promesse solenni e poi una ragazza non significa la fine di un'amicizia. Posso vivere anche vedendoti sei giorni su sette".

Trunks ricambiò il sorriso fiducioso del suo amico, ma era l'ennesima bugia. Dentro si sentiva morire. Quella frase era l'ultima cosa che avrebbe voluto sentire. Sembrava che a Goten non importasse nulla del veder cambiare il loro rapporto. Forse era talmente ingenuo e sempliciotto che certe cose non lo scalfivano. Forse era solo come Son Goku che andava e veniva senza particolari sconvolgimenti emotivi. Lui non era in quel modo. Non avrebbe mai potuto essere così spensierato. Si sentiva inferiore a Goten e stupido per preoccuparsi tanto e strano, si sentiva davvero strano.

***

Il resto della giornata era trascorsa in un'ambigua pace. Trunks sembrava essersi ripreso e avevano fatto tutto quello che avrebbero fatto in un qualsiasi altro sabato di campeggio: la pesca, la lotta, le corse tra gli alberi facendo a gara a chi volava più veloce, le risate quando era andato a sbattere contro a una quercia secolare e l'aveva disintegrata con la fronte eppure Goten avvertiva qualcosa di singolare in quell'atmosfera. Conosceva il suo amico meglio di se stesso ed era l'unico che potesse influenzare il suo umore. In tutti quegli anni Trunks era stato solo fonte di allegria, energia e vivacità. Quel giorno però una strana inquietudine abitava i suoi occhi azzurri. Ripensandoci a mente fredda, quella sensazione sinistra aveva l'accolto sin dal mattino. Era come se l 'aria intorno a loro fosse più pesante, se le parole fossero più misurate e ogni gesto più ponderato. Goten non aveva proprio idea di come reagire alla cosa né tanto meno di come sentirsi a riguardo. Finché Trunks era con lui, non importa come, il resto non avrebbe mai potuto pesargli. Ora in quel silenzio interrotto solo dal fruscio del vento, osservava le spalle di quel ragazzo inquieto sollevarsi come scosse da respiri troppo profondi. Trunks gli aveva dato la buonanotte circa quindici minuti prima, ma da allora i suoi sensi erano rimasti vigili e il suo corpo in fermento. Goten d'altro canto era più che immobile. Troppo concentrato su di lui per ricordarsi di una qualsiasi abilità motoria. Perché continuava a tenere gli occhi chiusi se era sveglio? Voleva anticipare la fine di quella giornata? Forse, dopotutto, era solo stanco. Suo padre si addormentava sempre come un bambino dopo giornate così estenuanti. Trunks però da quel punto di vista era sempre stato più grande. Aveva la tipica energia e i nervi saldi di un adulto. Strano a dirsi, ma in certe cose gli ricordava proprio suo fratello. Forse anche per quello non riusciva a stare tranquillo. Avrebbe fatto di tutto per la sua famiglia e Trunks ne faceva parte e al momento non gli piaceva quella strana aura che si era venuta a creare intorno a lui.

"Trunks"

Decise di portargli rispetto e sussurrare, facendo finta di credere che stesse già dormendo

"Ti voglio bene".

Un'altra pugnalata al petto. Goten aveva passato la giornata a fargli girare la testa. Prima quei discorsi da menefreghista sul vedersi o meno e ora questo. Che bisogna c'era di dirglielo? Sapeva benissimo che erano legati come fratelli, non aveva mai avuto bisogno di chiederlo e di farselo confermare, ma Goten aveva voluto prendersi quella libertà e ora Trunks doveva rinunciare alla sua. Non era più libero di fare nulla. Non riusciva a rilassarsi, nè a pensare né tanto meno a dormire. Sapeva che quel disgraziato si trovava a pochi centimetri da lui in quella tenda minuscola che avevano condiviso sin da bambini e le sue parole riecheggiavano nel silenzio di quello spazio che non era mai sembrato così piccolo. Trunks si sentì avvampare. Le sue palpebre tremavano, lottando per scoprire gli occhi. In un tentativo disperato di nascondere le sue reazioni si girò sull'altro lato, dando la schiena a Goten. Era come al cinema con Jessica, peggio anzi. Non si aspettava davvero un'uscita del genere né una risposta così intensa. Le parole di Goten avevano scatenato in lui quella sensazione ancora nuova che aveva provato solo una volta la sera prima. Avvertiva i brividi nel basso ventre, le gambe molli, il corpo in fiamme. Gli occhi erano strizzati come a voler bloccare le immagini che il suo cervello continuava a trasmettere. Immagini di lui. Anche se si rifiutava di guardarlo, la sua mente lo vedeva chiaramente. Quel ragazzo dai capelli corvini e il sorriso infantile, sdraiato per terra con un braccio a sorreggere la testa e l'altro abbandonato sulla pancia. Dormiva ancora come quando aveva otto anni. Non era cambiato per niente e lui lo adorava. Sì, lo adorava. Una giornata era bastata per iniziare a prendere coscienza della piega che stavano prendendo le cose. Il pensiero era lì e il suo corpo l'aveva urlato per tutto il giorno. Trunks non sapeva per quanto ancora avrebbe retto mentalmente prima di crollare e arrendersi ai fatti. Di una cosa era certo: per quanto potesse prendersi in giro, raccontandosi che stesse riuscendo a controllare la situazione ciò che non voleva sentire si era già impossessato di lui. Così quell'idea apparentemente lontana che aveva aleggiato su di lui tutto il giorno aveva già preso forma nella sua mente

"Muoio dalla voglia di baciarti".

I HATE TO SEE YOU LEAVING, BUT I LOVE TO WATCH YOU GODonde viven las historias. Descúbrelo ahora