Marinette

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Avevo già sbattuto contro quel muro, in passato, non cadevo di certo dal pero. Sciocca io, ad aver lasciato cadere ogni accusa così facilmente, senza indagare per bene.
Potevo anche aver creduto che Gabriel Agreste non fosse papillon, dopo averlo visto akumizzato, ma non era comunque il caso di lasciar perdere tutte le altre cose strane che avevo per le mani:
Il brand a forma di farfalla, lo strano isolamento di Agreste, il grimorio...
Dannazione, tutte quelle cose erano rimaste tali!
Perché... perché ero stata tanto incauta, e avevo lasciato perdere tutto?!
Eh, lo sapevo io, perché, accidenti a me...
Mentre mi alzavo dal letto, dopo una notte insonne a rimuginare, provavo un forte biasimo, nei miei confronti.
Per amore di Adrien, avevo voltato le spalle alla mia unica pista decente su chi ci fosse dietro la maschera di papillon.
Mossa da un motivo personale ed egoistico, avevo permesso a quella canaglia di agire indisturbato...
Ma ora c'eravamo di nuovo, mi ripetei a mo' di spronatura. E di sicuro, stavolta non avrei mollato la presa tanto facilmente.
Arrivare a sospettare due volte della stessa persona, non poteva essere di certo una coincidenza.
E quel kwami vagabondo in casa Agreste non era neanche paragonabile al pugno di mosche che avevo avuto in mano la prima volta.
Stavolta, avevo in tasca una prova schiacciante.
Il grimorio era un indizio, il logo con la farfalla forse un altro. E ora, spuntava anche quel kwami...
Come si soleva dire:
Un indizio, è solo un indizio.
Due indizi, sono una coincidenza.
Tre indizi... fanno una prova!
Ne ero praticamente certa: Gabriel agreste era, o aveva direttamente a che fare... con papillon.
Mi vestii velocemente, decisa a tornare a casa il prima possibile.
Una volta lì, avrei spedito tikki ad avvisare il micione.
Non avevo certo tempo di aspettare che si trasformasse per poterlo contattare, mi serviva prima di subito.
Una volta a quattr'occhi, avremmo messo in piedi un piano.
Adrien...
Ero cosciente che per lui era in arrivo una batosta non da poco. Così vicina, poi, a quella subita dalla perdita di sua madre...
Mi dispiaceva molto, per lui. Ma se davvero suo padre c'entrava qualcosa con papillon, lo dovevo fermare a tutti i costi.
Adrien, amore mio infinito, pensai uscendo dalla mia stanza... spero tu possa perdonarmi, un giorno.
Parli del diavolo, e spuntano le corna. Adrien uscì sincronizzato a me dalla sua camera, e me lo trovai davanti.
"Buongiorno!" Mi salutò allegro.
"Buongiorno." Risposi io, un morso ad attanagliarmi lo stomaco.
Dio, cosa stava per accadergli, povero tesoro mio...
"Hai fretta di rincasare? Se hai tempo, ti va di fare colazione con me?"
Mi veniva da piangere. Avrei voluto scappare...
"No, ho tutto il tempo del mondo. Ti faccio volentieri compagnia... " risposi, sorridendogli il più credibilmente possibile.
Lui, che tanto era sensibile, ovviamente se ne accorse.
"Tutto bene?" Chiese, venendomi un po' più vicino. "Hai gli occhi lucidi... "
"No, tranquillo... ho starnutito, poco fa, per quello. Un po' di polvere, forse... " risposi, reprimendo le lacrime.
Dovevo calmarmi. Spaventare Adrien così prematuramente, senza avere conferma dei miei sospetti, sarebbe stato stupido, da parte mia.
Lui, per fortuna, parve credermi.
"A me la polvere non fa certi scherzi, per fortuna. Ma se in casa entra anche solo una piuma, sono dolori... "
"Lo so." Risposi, sorridendogli. "Ti ho anche messo una piuma sintetica sul cappello, quella volta alla sfilata. "
"Adoro quel cappello!" Commentò lui, mentre scendevamo le scale, diretti in sala da pranzo. "E sarei curioso di dare una sbirciatina a quei bozzetti di cui parlavi ieri... "
Mi aprì la porta della sala da pranzo.
"Non sono niente di che... " risposi, prendendo posto nella sedia che Adrien aveva scostato per me.
"Come no! Niente di che, come il cappello che ha fatto impazzire Audrey Bourgeois, o il capolavoro che indossavi ieri sera, immagino... tè o caffè?"
"Tè, grazie... " risposi, mentre Adrien mi versava una fumante tazza di tè. Sembrava una discussione mattutina tra marito e moglie. Quasi ci credevo...
"Tu non sei obbiettivo, visto considerato che sei un mio amico, Adrien. Nessuno, ieri sera, ha fatto una piega davanti al mio vestito, mi pare... "
"Questo, solo perché Renee Lamorliere ha avuto la brillante idea di farsi akumizzare, attirando un tantino l'attenzione di sé. Ma sua moglie, che poi è la vera stilista, ti ha notata eccome, credimi... "
"E non è stata l'unica... "
Una voce a me fin troppo familiare,  quella, per poterla confondere.
Mi voltai.
Felix era entrato nella sala da pranzo. Adrien lo guardò torvo, osservandolo venire verso di me.
Io lo ignorai completamente, come se da quella porta non fosse entrato altro che uno spiffero d'aria.
Felix non si lasciò sconfortare affatto, da questo mio scarno benvenuto.
Sfilò da sotto il tavolo la sedia accanto a quella che stavo occupando io, e prese posto vicino a me.
Aggiunsi lo zucchero al tè che mi aveva porto Adrien senza degnarlo neanche di un un'occhiata. Non c'era, per me.
"Buongiorno, mia cara. Rinnovo le mie più sentite scuse, per l'increscioso malinteso di ieri sera."
"Non ce n'è alcun bisogno." risposi, senza guardarlo, e imburrai una fetta di pane tostato che poi porsi ad Adrien.
Lui la prese, e le diede un morso fissando suo cugino con aria avvelenata.
"Marinette, sono sincero. Mi sento malissimo, per il modo in cui ti ho trattato ieri sera. Ti prego di credermi."
Prese la mia mano nella sua.
Mi voltai meccanicamente a guardarlo, mentre la fetta di pane tostato di Adrien si spezzava a metà tra le sue dita.
"Mi dispiacerebbe moltissimo, se per uno stupido qui pro quo, non potessimo rimanere amici. "
"Oh Felix, per questo non hai di che temere. Tra noi non è cambiato proprio nulla... "
Lui mi sorrise.
"Davvero?"
Io sorrisi a mia volta.
"Certo... visto considerato che io e te non siamo mai stati amici!"
Sfilai via la mia mano dalla sua presa, e mi preparai del pane tostato al burro. Felix rimase interdetto un paio di secondi.
Poi, com mio stupore, scoppiò a ridere. Io e Adrien lo guardammo, sbalorditi.
"Sei un bel puledrino selvaggio, pare! Ottimo... è una cosa che adoro, in una donna."
Si alzò, e fece per andarsene.
Ma poi lo vidi mettersi alle mie spalle, posando le mani sullo schienale della mia sedia.
Si sporse in avanti, e posò il mento sulla mia spalla.
Adrien fece per alzarsi, ma lo bloccai, posandogli una mano sul braccio. Non doveva dargi sazio.
Dal canto mio, rimasi impassibile, ma poi Felix fece l'impensabile.
Col pretesto di sfiorarmi la guancia con le labbra, appoggiò la bocca al mio orecchio, e in un filo di voce, mi sussurrò:
"Sarai mia, sappilo. In un modo... o nell'altro."
E sfiorò con il naso i miei orecchini. Schizzai in piedi come una molla. Fu un gesto incontrollato. Aveva toccato il mio miraculous, e facendolo, mi aveva trasmesso come una scossa elettrica in tutto il corpo.
Non sapevo dire il perché, ma... sentivo che non era stato un caso.
Adrien scattò verso suo cugino per la seconda volta, la stessa rabbia negli occhi. Per la seconda volta, lo bloccai.
"No! lo sai, che lo fa apposta! Pensa a cosa direbbe tuo padre... "
Lui frenò di colpo, e mi guardò. Aveva la mascella contratta, e i pugni serrati.
"Oh, ti prego, non vorrai rimettermi alla gogna di nuovo, adesso! Sai, non ti facevo così timida, Marinette. Andiamo, era solo un un innocente bacio sulla guancia... "
"La devi piantare, Felix... " Soffiò Adrien, nascondendomi dietro la sua spalla. "Sei mio cugino, e lo sai quanto tengo a te. Però adesso stai esagerando, quindi te lo dico chiaramente: Non voglio che ti avvicini a Marinette, né che la tocchi di nuovo. Siamo intesi?"
Felix scosse la testa, divertito.
"Sei al sicuro in casa tua, adesso. Puoi anche piantarla, con questa sceneggiata. Marinette non è, e probabilmente non è mai stata, la tua ragazza. Quindi, non credo che tu abbia alcun diritto di parola, su di lei... "
"Non mi serve che sia lui, a proteggermi da te, principino arrogante. Ti posso benissimo dire io, due paroline... "
Mi avvicinai a Felix, e gli puntai un dito sul petto.
"Non provare più ad avvicinarti a me, né a toccarmi, finché non sarò io stessa, a dirti che potrai farlo... e ciò vuol dire mai, chiaro? Ne in un modo... "
E mi avvicinai per bene a lui.
"Né nell'altro. "
Lui mi fissò intensamente, e io sostenni lo sguardo. Il verde delle sue iridi era uguale a quello di Adrien.
Però, negli occhi di Felix, c'era un alone oscuro e glaciale che Adrien non avrebbe potuto avere mai.
Non solo, per me, erano diversi nell'aspetto. Erano le loro anime, più di ogni altra cosa, ad essere diverse.
"Ti prendo in parola, mia bella rosa dalle spine affilate." Disse Felix, senza smettere di fissarmi. "Aspetterò che sia tu... a dirmi che mi vuoi."
Senza aggiungere altro, prese la mia tazza di tè dal tavolo, girò sui tacchi e uscì dalla sala da pranzo.
Adrien mi venne vicino, e posò una mano sulla mia spalla.
Io, sovrappensiero, portai la mano alla sua, e intrecciai le mie dita alle sue.
Poi, Adrien sbuffò pesantemente contro la mia nuca.
"Credevo fosse tornato a casa sua, ieri sera. O che fosse da Lila. Se avessi saputo che era qui, non ti avrei fatta rimanere, stanotte... "
"Non hai di che scusarti... " Gli risposi, in tono tranquillizzante. "Non è certo colpa tua, se hai un cugino tanto inquietante... "
"Non era così, prima, te lo posso assicurare. " borbottò lui, scuotendo la testa. Tenendo ancora la mia mano, scivolò giù dalla mia spalla, e mi accompagnò di nuovo al mio posto a tavola. "Era un ragazzo tranquillo, affabile, gentile. Certo, un po' snob, magari. Ma di certo non era così... pessimo! Non so davvero cosa gli sia preso, ultimamente. Non... non lo riconosco più, giuro."
Trasse un profondo respiro. Io gli versai del succo di frutta fresco, e lo persuasi a berne un po', per rinfrescarsi.
Osservandolo bere, e cercare di riprendere la colazione con tranquillità, mandai su di giri il motore dei miei pensieri.
Quello che era successo, poco prima, pensai prendendo un po' di succo anch'io, non era certo qualcosa che andava ignorato.
La sensazione sgradevole che avevo provato, quando quell'individuo aveva sfiorato il mio miraculous, mi suonava tanto come un campanello d'allarme. Una sorta di avvertimento: non fare avvicinare quel tipo.
Era già capitato, che altre persone venissero a contatto con i miei orecchini magici. Quando abbracciavo le mie amiche, o i miei. Quando avevo ballato con Adrien al compleanno di chloe...
Il micio, addirittura, li aveva persino indossati, una volta!
Nessuna reazione strana.
Poi arriva Felix, li sfiora appena e... bang!
Chissà... se i miraculous, nel loro vasto armamentale di poteri, non avessero avuto anche l'allarme anti-cattivo.
Sarebbe stato da metterci la firma. Trovare quel sociopatico di papillon, sarebbe stato un giochetto, con un potere simile.
Papillon...
Mi venne un colpo.
Felix era lì, quella notte.
E se sospettando di Gabriel Agreste... avessi preso un granchio?
Il kwami della notte prima, o era Nooro, il kwami della farfalla, o Dusuu, quello del pavone.
In sintesi, papillon o mayuura erano in casa.
Dubitavo fortemente che, l'uno o l'altra, si fossero introdotti in casa come ladri. A che pro?
E in una casa blindata come quella, poi!
Non entravano neanche le zanzare, figurarsi un essere umano, miraculous o meno.
Quel kwami vagava ramingo per i corridoi nel cuore della notte. Ergo, il suo padrone non era trasformato, in quel mentre, era in borghese.
Forse era in una delle stanze di quel corridoio, o nella toilette.
Poco importava, alla fine.
I kwami, volendo, potevano farsi un giretto in solitario.
Non era affatto detto che il padrone di quello, fosse per forza in casa.
Eppure...
Nooro e Dusuu erano dispersi da una vita. Se avessero avuto la possibilità di andare a zonzo per conto loro, credo bene lo avrebbero fatto fin dagli albori delle malefatte di papillon per cercare la fuga.
E invece niente.
I restanti kwami, avevano persino tentato di contattare Nooro, il giorno del suo compleanno. E non c'era stato verso.
No, ne ero praticamente certa: Nooro e Dusuu non potevano andare in giro da soli. I loro padroni li avevano sicuramente vincolati, o comunque non li facevano allontanare chissà quanto.
Ergo... se quel kwami era lì, il suo padrone era di sicuro nei paraggi.
La domanda, dunque, era una e fondamentale, per arrivare alla risoluzione di quel mistero: Chi era?
Poteva forse essere... Felix?
E se non era lui, chi altri?
Occorreva fare una lista dei sospettati presenti in casa al momento del fatto, pensai intingendo un biscotto nel tè.
In casa, quella notte, chi c'era?
Io, Adrien, suo padre, l'autista, Nathalie... e a quanto pareva, Felix.
Io e Adrien eravamo esclusi dalla lista. Io per forza di cosa, lui perché prima di uscire dalla stanza, dopo aver sentito il rumore, l'avevo visto dormire profondamente sul divano.
L'autista, mi sentivo di escluderlo.
Uno, perché era stato akumizzato.
Due... perché era fin troppo silenzioso per essere papillon, che per i miei gusti parlava anche troppo...
Rimanevano Gabriel Agreste, Nathalie e l'adorabile cuginetto con la sindrome della piovra.
A rigor di logica, mi sentivo di escludere che papillon potesse essere una donna. Quindi anche Nathalie era fuori dai giochi.
Alla fine, ero tornata definitivamente ai miei primi sospetti di qualche tempo fa, la mia prima pista: Gabriel Agreste.
Ma allora perché mi si erano drizzare le antenne, quando Felix aveva toccato il mio miraculous?
Si beh, non che ci fosse molta differenza, se papillon era uno o l'altro. Faina o volpe, le galline erano comunque in pericolo. Occorreva che il contadino agisse in fretta.
Non potevo perdere tempo, neanche per andare a casa a chiamare chat noir. Dovevo muovermi lì, e subito, era l'unica occasione che avevo, probabilmente.
Ma come?
Finita la colazione, Adrien mi avrebbe riaccompagnato a casa, ed era decisamente improbabile, che sarei mai rientrata tra quelle mura.
Gabriel Agrest era a un passo dall'agorafobia, quindi se bisognava aspettare che uscisse spontaneamente di casa per affrontarlo, campa cavallo...
Se l'obiettivo invece era Felix, non potevo comunque sentirmi meno svantaggiata.
Quello era furbo, calcolatore, macchiavellico. Beccarlo col dito nella marmellata, sarebbe stato semplice come scalare il k2 con le infradito.
No, mi potevo rassegnare: Una volta uscita di lì, avrei perso l'occasione con entrambi.
Il chi, tra i due, fosse Papillon, era relativo, conclusi. La cosa importante ora, era trovare un modo per poter rimanere in casa Agreste il più tempo possibile...
Lo smartphone di Adrien emise una piccola vibrazione.
Lui posò il tè che stava bevendo, e lo prese dalla tasca dei jeans. Lo vidi fare una smorfia, mentre leggeva il messaggio.
"Tra un paio d'ore devo lavorare. Anche di domenica, accidenti... "
Io gli sorrisi. Lui fece altrettanto, sebbene un po' forzatamente.
"Il tempo di finire la colazione, e ti devo riaccompagnare, mi dispiace. Speravo potessimo passare un po' più tempo, insieme... "
Ecco, perfetto. Io pensavo a un modo per restare, e mi veniva dato un modo per andarmene!
Mentre imprecavo mentalmente contro la vita movimentata di Adrien, un boato squarciò il silenzio come fosse carta di giornale.
Un attimo dopo, Nathalie entrò in sala da pranzo.
"Che diavolo è stato?" Chiese Adrien.
"Un tuono. " rispose la donna, scorrendo il dito sul suo tablet. "L'impegno fissato tra due ore, è ovviamente posticipato a data da prestabilire. Suo padre non vuole che lei esca con questo tempo. Riguardo a te, Marinette... "
Nathalie mi regalò una fugace occhiata.
"Il signor Agreste insiste che nemmeno tu esca di qui, almeno finché non cessa il temporale. E pare non ne abbia minimamente intenzione, almeno fino a domani mattina. Continuerai ad essere nostra ospite, fino ad allora. Avviserò io i tuoi genitori."
Mi prese un accidente.
Agreste... che mi permetteva di restare ancora in casa sua?!
Ovvio che fuori tempestasse!
"Suo padre, però, insiste che non passiate il tempo in casa ad oziare. Adrien, lei può benissimo ripassare le lezioni di pianoforte, o portarsi avanti coi compiti e lo studio anche in compagnia di Marinette."
Adrien annuì, raggiante.
"Certo, nessun problema!"
Mi venne una morsa al cuore, guardandolo. Era felice persino di studiare e di fare i compiti, sapendo che non sarebbe rimasto solo.
Il peso del mio compito parve acuirsi, al pensiero.
Finito di fare colazione, come promesso a suo padre, Adrien e io ci tappammo in camera sua, i nasi dentro ai libri.
Due piccioni con una fava, per me.
Ero riuscita a rimanere in casa Agreste, e avevo l'occasione di fare i compiti con Adrien, il primo della nostra classe!
Tuttavia, ero decisamente poco concentrata sullo studio.
Non riuscivo a non pensare a tutta quella storia, e a come ne sarebbe uscito Adrien.
Il mio stomaco era annodato come una cravatta.
Io avevo giurato di proteggere ogni singolo parigino, dalle grinfie di papillon.
Mai avrei detto, che il nemico fosse una tale serpe in seno...
E il veleno di tale serpe, era così vicino al mio cuore, da farmi soffrire ancor prima del morso.
Annebbiata dal dispiacere, presi a muovermi inconsciamente, e posai una mano su quella intenta a scrivere di Adrien. Lui si fermò di colpo, e mi guardò.
"Che c'è, vuoi che ti spieghi qualcosa?" Chiese, dolcemente.
Io non parlai. Lo guardai invece intensamente, negli occhi.
"Ladybug ti proteggerà sempre, e ci sarà sempre per te. Voglio che tu lo sappia." dissi, automaticamente.
A malapena me ne resi conto, mentre lo dicevo.
Lui assunse un un'espressione alquanto strana. Sembrava... sospettoso. E a ragione, aggiungerei. Una frase del genere, detta da me, aveva poco senso.
"Perché mi stai dicendo questo, adesso?" Chiese.
Io distolsi lo sguardo, e mi alzai. Inutile stare lì, a menare il can per l'aia.
Meglio approfittarne in quel momento, mentre che me la sentivo.
E non sarebbe durata per molto, lo sapevo.
Mi diressi verso la porta.
Adrien roteò la sedia per seguirmi con lo sguardo.
"Dove vai?" Mi chiese.
"Da tuo padre." Risposi, posando la mano sulla maniglia.
Lui si alzò di scatto.
"Perché?" Mi chiese, venendo da me di corsa, allarmato.
Non lo guardai.
"Niente di che, gli devo chiedere una cosa."
"Cosa?" Chiese lui, e mi mise una mano sulla spalla. "Se è una cosa semplice, la puoi chiedere anche a me... "
"No, mi dispiace... devo chiederla per forza a tuo padre."
Lasciami andare, pensai, o non avrò più il coraggio di farlo...
"Marinette, che succede? Perche devi parlare con mio padre?" Chiese Adrien. Percepii un leggero mutamento, nel suo tono.
Era... nervoso. Perché?
Io mi voltai, malvolentieri, e lo guardai. Mi riuscì di stiracchiare un sorriso.
Poi, spinta da non saprei dire cosa, lo tirai a me posandogli una mano sulla nuca, e gli diedi un bacio sulla fronte.
"Non preoccuparti... " gli dissi. "Faccio in un attimo, aspettami qui, ok?"
Uscì dalla stanza senza aggiungere altro, e senza dargli il tempo di replicare.
E preso un bel respiro, scesi le scale, e mi diressi verso quello che, all'apparenza, era lo studio privato di un noto stilista.
Ma per me... sarebbe stato, letteralmente, la tana del lupo.



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