Marinette

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Ricordavo perfettamente, il giorno che avevo conosciuto chat noir.
Era il giorno in cui... avevo conosciuto ladybug.
Lui, in un certo senso, era nato insieme a me.
Di primo acchito, non mi era piaciuto particolarmente. Lo reputavo un borioso spaccone senza cervello.
Ma mi sbagliavo di grosso.
Quello stesso giorno, il giorno che avevo dato quell'aspro giudizio di lui, chat noi... mi aveva salvata.
Beh, aveva salvato ladybug.
Mi erano crollati i nervi, ero sottopressione, e avevo paura. Tutto insieme. Ed ero sola, contro un mostro che non sapevo come combattere. Con un potere che non sapevo usare.
Ero pronta ad arrendermi, a mollare...
Ma lui me lo impedì.
Lui afferrò le mie spalle, e mi guardò negli occhi.
Ricordo che, persino in quel mare di confusione in cui stavo cercando di non affogare, mi ritrovai a pensare... che fosse piuttosto carino.
Mi disse che non era vero, che non ero adatta a portare quel fardello, il mio potere. Mi disse che anche lui era ancora in rodaggio, che era normale avere paura.
Ma disse anche, che nessuno a parte noi, poteva farcela, che se eravamo stati scelti, c'era un motivo, e lo avremmo dimostrato a tutti.
E mi chiese di fidarmi di lui.
Fidarmi? Di chi, pensai. Di un ragazzo mai visto prima, e di cui non avrei mai saputo l'identità?
Eppure, qualcosa nella sua voce, nel suo modo di fare, nella sua persona, mi disse che mi potevo fidare, ciecamente.
E ancora oggi, non credo di aver mai preso una decisione migliore.
Chat noir è, e probabilmente sarà sempre, la persona di cui mi fido di più, al mondo.
Col tempo, poi, avevo corretto completamente il mio giudizio su di lui.
Sì, era spaccone, borioso e... a volte, pareva senza cervello.
Ma era solo la buccia, quella.
Il suo cuore, in realtà, era tutta un'altra cosa. Dentro, era dolce, tenero e... incredibilmente romantico!
Spesso, avevo pensato... che la ragazza che lo avrebbe fatto innamorare, sarebbe stata la più fortunata del mondo.
Mai, avrei detto... che quella, sarei stata io.
Avevo scoperto per sbaglio, cosa provava per me.
Lui, innocentemente, lo aveva confidato a Marinette...
Poi, però, mi si era dichiarato ufficialmente.
Fu molto doloroso per entrambi, quel momento.
Da allora, mi sono sempre sentita terribilmente in colpa, nei suoi confronti.
Odiavo, vederlo soffrire...
Lui non sapeva, quanto gli volevo bene...
E non lo sapevo davvero neanche io... finché non ho rischiato di perderlo.
Dopo chat blanc, di cui non ho mai avuto il coraggio di parlargli, e di cui ringrazio il cielo che non serbi alcun ricordo, ho avvertito il mio legame con lui farsi più forte che mai.
Da quel giorno, nacque in me un senso di protezione assoluta, nei suoi confronti.
Nessuno lo doveva toccare, neanche con un dito...
Come, dunque, mi chiedevo... avevo permesso che finissimo lì, in quel momento?
Semplice, mi rispondevo... avevo ragione io.
Avevo ragione, nel dire che non ero degna dei miei poteri.
Me ne ero persuasa vedendo che avevo avuto papillon sotto il naso per tutto il tempo.
Me ne convinsi del tutto... quando chat noir era stato ferito, e io non ero stata capace di impedirlo.
E nemmeno ora, mentre lo guardavo soffrire stretto tra le mie braccia. Mentre supplicavo che non mi lasciasse... ero impotente.
L'unica cosa che sapevo fare, era piangere.
Tenevo la sua mano, accarezzavo il suo viso e i suoi capelli... e piangevo.
"Non... piangere... " mi sussurrò.
"È l'unica cosa che posso fare... " gli risposi.
Lui mi sorrise flebilmente.
"Sai, sei...bellissima. Anche... quando piangi. "
"Smettila di dire idiozie, sprechi le forze! Devi tenere duro, gli anziani ti salveranno!"
Lui sospirò.
"Ho tre... minuti... di tempo, milady. Credo... che sia... finita."
"NON LO DIRE!" Esclamai, posando la sua fronte alla mia. "Non ti permetterò mai, di lasciarmi! Non rinuncerò mai a te... "
Lui sfiorò la mia bocca con in dito.
"Se avessi... saputo... che mi... avresti.. parlato così... mi sarei... fatto... ammazzare... prima. "
"Tu non morirai!" Gli dissi, singhiozzando. "Ti prego, cerca di reagire! Io... io non ce la faccio, senza di te... "
"Si... invece... " rispose lui, sempre più debolmente. "Tu... sei... in grado... di fare... qualunque... cosa."
"Non senza di te!" Risposi, stringendolo a me più forte. "Tu sei la mia forza, il mio punto fermo, il mio... tutto."
E fu allora, pronunciando quelle parole, che la mia anima ebbe un sussilto.
E come una crisalide che si rompe, lasciò che la verità, sopita al suo interno, uscisse alla luce, spiegando le sue ali.
L'anello di chat noir suonò in quel momento. Due minuti.
Mentre pian piano, mi rendevo conto di tutto, lui sussurrò al mio orecchio, gli occhi ormai quasi chiusi del tutto:
"Voglio... che tu... mi guardi... "
Ma non c'era niente che volessi vedere. L'unica cosa, al mondo, che mi importava, era lì davanti a me.
E glie lo dissi, tra le lacrime, guardandolo addormentarsi tra le mie braccia, le mie dita ad accarezzare i suoi splendidi capelli biondi.
"Non voglio vedere niente, non è necessario. Tutto ciò che mi basta, al mondo... sei solo tu."
Lui sospirò dolcemente, scivolando in quel sonno misterioso.
La sua mano venne via dalla mia guancia, cadendo al suo fianco.
Io lo guardai, e il suo bel viso sopito fu lo specchio della verità appena nata nel mio cuore.
Rendermi conto di ciò che provavo, fu naturale come il pianto incessante che rigava il mio viso.
Amara ironia...
Mi ero resa conto di tutto... solo dopo aver perso, tutto.
Perché sì, chat noir, ed ero grata di essere riuscita a dirgli almeno questo... era il mio tutto.
E lo avevo capito, nel momento esatto in cui, probabilmente, mi era stato portato via per sempre.
Adrien Agreste era stato il mio primo, grande amore.
Avevo pianto per lui, il mio cuore aveva sofferto, per lui.
Ma in quel mentre, che era a un tiro di schioppo da me, e stava di certo soffrendo... A me, importava sì e no.
Sperai che la sua ragazza accorresse, e lo consolasse.
Forse, l'aveva già chiamata, chissà.
Mi importava poco e niente...
E mi preoccupava ancora meno... il fatto che non me ne importava.
Quando avevo perso Adrien, quando era stato ufficiale che amava un'altra, ero stata molto male.
Avevo preso la decisione di cancellarlo dalla mia vita. Mai esistito.
Farlo, aveva fatto molto male.
Ma stare lì, in ginocchio sul pavimento, con chat noir prigioniero di un sonno da cui non sapevo strapparlo... mi faceva sentire come se, in qualche modo, fossi nelle stesse condizioni anch'io.
Il mondo attorno a me?
Un mero dettaglio.
Adrien? suo padre? sua madre? il caos nelle loro vite?
Un contorno sfocato.
Mi lasciai cadere con la schiena lungo una parete lì vicino, con chat noir accoccolato tra le braccia.
"Dormi, gattino?" Gli mormorai, baciandogli la fronte.
Non rispose.
Gli sorrisi, senza smettere di piangere. Non singhiozzavo più, ma le lacrime non smettevano di uscire.
Mi si doveva essere inceppato il meccanismo interno.
"Non preoccuparti... ci penserò io, a te."
Accarezzai il suo bel viso. Aveva un espressione serena, rilassata. Sembrava... semplicemente addormentato.
"Però ti prometto... che non diventerò un pericoloso criminale, come Agreste. Mi prenderò solo cura di te, finché non starai di nuovo bene. Finché... non tornerai da me."
Tolsi le mie stesse lacrime dalle sue guance.
"Dormi, gattino?" Chiesi di nuovo, accarezzandogli la bocca.
Nessuna risposta.
Il suo anello suonò di nuovo, stavolta per l'ultima volta.
Io, istintivamente, chiusi forte gli occhi, bruciati dal sale delle lacrime.
E fu lì, che la mia anima prese parola. E piano, sussurrai:
"Ti amo, chat noir... " bisbigliai.
E mentre il suo potere svaniva via dal suo corpo, posai la mia bocca sulla sua.
Fu allora, che accadde il miracolo.
Nell'istante in cui pronunciai quelle parole, figlie della più limpida parte della mia anima, qualcosa parve scattare.
I miei orecchini, come pure il suo anello, presero a sprigionare un bagliore accecante.
In un attimo, la stanza fu letteralmente invasa da uno sciame di quelle che sembravano le mie coccinelle magiche... mischiate a qualcosa di simile, ma di un bel verde smeraldo.
Ovunque, al tocco di quelle creature, di illuminò a giorno.
Rimbalzarono contro le pareti, sul soffitto, contro il pavimento.
Andarono a cozzare anche contro la teca che custodiva la madre di Adrien.
Poi, improvvisamente, le vidi piombare verso di noi.
Riparai me e chat noir come potevo con le braccia, e attesi l'impatto.
Ma non venne mai.
Fui invece avvolta da un piacevole calore, dentro e fuori.
Mi parve di sentirmi bene come mai ero stata in vita mia.
Rigenerata, dissestata, nutrita e rilassata. Stavo... meravigliosamente bene.
Ma stetti ancora meglio un attimo dopo il passaggio di quelle straordinarie creature. Perché tra le mie braccia, avvertì un un improvviso movimento.
I miei occhi si chiusero di scatto, e onestamente, non avevo il coraggio di aprirli.
Poi, una mano calda e delicata, mi sfiorò il viso e la bocca.
E un istante dopo... il bacio più dolce del mondo, riempì d'amore le mie labbra.
Mi crogiolai in quel paradisiaco momento, incapace però di guardare.
I miei occhi rimasero chiusi, anche dopo che quella bocca meravigliosa si congedò dalla mia.
"Milady... perché tieni gli occhi chiusi? Oh, sono così rossi... quanto hai pianto?"
E neanche si sentissero chiamate in causa, le lacrime ripresero a scorrere.
Le sentì tergerle via piano.
"Non piangere... va tutto bene, milady, tranquilla... puoi aprire gli occhi."
Prese il mio viso tra le mani.
"Chat noir... " mormorai, esitante. Non avevo mai avuto tanta paura di vedere qualcosa in vita mia.
"Sono qui, milady... su, guardami."
Afferrai le mani posate al mio viso.
Conoscevo quella voce, conoscevo quel tocco. Quel modo di parlarmi. Il sapore... di quel bacio.
Era indubbiamente... il mio chat noir!
Presi dunque un bel respiro, e aprì gli occhi.
E... che dire? Se non feci un infarto in quel momento, non credo mi capiterà mai più.
Aprendo gli occhi, ero convinta di trovarmi davanti il mio bel micione.
E invece, chi teneva il mio viso tra le mani, chi mi aveva parlato, e... chi mi aveva baciata... era Adrien!
Eccolo lì, tra le mie braccia, a guardarmi con occhi pieni d'amore.
Ma... un attimo!
"Dov'è chat noir?" Chiesi.
Adrien mi guardò, e un istante dopo rise piano.
"Milady... sono io chat noir." Mi rispose, candidamente.
Lo guardai, scioccata.
Come si guarda qualcuno camminare in costume da bagno nella neve.
"Eh?" Mi uscì.
Lui annuì, e mi mostrò l'anello.
"Ma si, vedi? Sono io chat noir, milady. Lo sono sempre stato, fin dal principio."
Più parlava, più tutto quello che diceva suonava assurdo. Adrien... era chat noir?
"No, non può essere..." conclusi.
Adrien mi guardò, a metà tra l'esasperato e l'irritato.
"Chissà perché, non mi sorprende il fatto che non mi credi... "
Io sbatacchiai gli occhi.
"Ma... "
"Certo, ovvio... chat noir ti è troppo insopportabile, per accettare che sia una parte di colui di cui sei innamorata... "
"Ma no, io... " tentai, ma ormai era partito per la tangente. Fumava di rabbia.
"Sai, per quanto io ti ami più della mia stessa vita, mia cara, ti dirò... hai i tuoi bei difetti anche tu, sai? non sei perfetta!"
"Ma lo so, io... "
"Ma io li ho accettati, tutti! E li amo, uno per uno. Ma tu no, vero? No, tu non ce la fai. Deve essere perfetto, uno, per farsi amare da te... "
"Oh insomma, vuoi chiudere il becco?! sto cercando di riordinare le idee, dammi un attimo!"
Si bloccò all'istante, preso in contropiede dal mio sbotto.
Io mi massaggiai le tempie, frustrata.
"Il gatto ti ha mangiato lingua, si suol dire... ma si mangiasse la tua, una volta tanto! Sei sveglio da cinque minuti, e sono quattro minuti e mezzo che dici stupidaggini... "
Lui mi guardò immusonito, e incrociò le braccia.
"Ho detto la verità... non tutti la sanno accettare." borbottò, offeso.
"Certo, come no! Se avessi sentito quello che ho detto poco fa, dopo che ti sei addormentato, non parleresti così... "
Lui mi guardò, e un leggero rossore imporporò il suo viso.
"Ti ho sentita... " mugugnò. "Tutto quello che hai detto. Non potevo più parlare, o muovermi... ma sentivo tutto. Era come se fossi... dentro una bolla."
"Ah... " commentai, arrossendo un po' anch'io. "E... cos'hai sentito?"
Lui sorrise.
"Ti ho sentito chiedermi se dormivo. Due volte. Poi... hai detto che ti saresti presa cura di me. Non sai quanto mi ha reso felice, sentirtelo dire. In quello stato, avevo una gran paura. Non sapevo... cosa ne sarebbe stato di me."
Io annuì.
"Lo sai che non ti abbandonerei mai..."
Lui pure annuì.
"Si, lo so."
Ci scambiammo teneri sguardi per un attimo. Poi lui proseguì.
"Ah, e poi hai promesso di non diventare un criminale come... beh, mio padre."
Divenni rossa come un semaforo.
"Oddio... ho dato del criminale a tuo padre! Mi... mi dispiace!"
"Beh, lui è un criminale, alla fine... " commentò lui. "Non hai detto niente di sbagliato... "
"Si, ok, sorvoliamo... " tagliai corto, imbarazzata. "Mi hai sentito dire... altro?"
Eccoci al punto cruciale. La prova che stava sputando sentenze gratuite.
Ma lui, che andò a fare?
Piantò di nuovo il muso!
"Certo. Hai detto... che mi ami."
Spalancai le braccia.
"Visto? Lo dici tu stesso che... "
"... si, dopo aver visto chi ero, però!"
Inarcai le sopracciglia.
"Mi prendi in giro? È di nuovo quel tuo bislacco modo di scherzare, vero?"
"Sono serio come un infarto." Rimbeccò lui. "Mi hai detto che mi ami, dopo che sono tornato normale. È davvero un colpo basso, milady... "
"Il colpo basso te lo do io, babbeo!" Sbottai.
Era la prima volta, che Adrien mi mandava fuori dai gangheri.
Ma contando che, a quanto pareva, lui e il micione erano la stessa persona, in teoria, era già successo più di una volta.
"Io non ho detto "ti amo" a te, l'ho detto a chat noir! Io avevo lui, tra le braccia, non te... "
"Ero tornato normale... " insistette lui.
"Si, ma io non lo sapevo, perché non avevo voluto guardare! Non mi interessava chi ci fosse dietro la sua maschera, io amavo lui e basta!"
Adrien mi fissò, sbalordito. Poi, di nuovo rosso in faccia, mormorò:
"Avevo sentito bene, allora. Mi era sembrato... avessi detto chat noir. Però... ero sicuro di aver capito male. In fondo... hai sempre detto di amare un un'altr... oddio!"
Mi guardò come fossi la madonna.
"Questa è da ridere... ci credi che, mentre cercavo di non addormentarmi, poco fa... mi stavo mangiando il fegato, al pensiero di non aver mai saputo di chi ti eri innamorata? Mi ero completamente dimenticato... che me lo avevi detto. Tu... ami me!"
Sospirai.
"Certo, che ti credo. Come ho detto poco fa, sei un babbeo... "
Lui sbuffò.
"Era colpa di quel sonno incantato!
Mi deve aver un po' inebetito, ecco tutto... "
"Oh no, fidati, sei così di tuo... "
Ci guardammo per un paio di secondi. Poi scoppiammo a ridere.
Un paio di minuti dopo, la strana stanza sotterranea di casa Agreste fu più affollata che mai, e non ci fu più il tempo di dirci altro.
Lila e Felix, tornati al piano di sopra, si erano dati alla macchia. Non prima, però, di aver fatto un paio di telefonate.
Risultato? Nadja Shamack, e compagnia cantante, arrivarono praticamente di corsa.
Per Gabriel Agreste era arrivata la resa dei conti.
Tuttavia, per motivi più che ovvi, la versione destinata ai posteri del gran fattaccio, fu un po' modificata.
Agreste dichiarò alla stampa di essere, nientemeno, che l'ennesima vittima di papillon, un nemico che rimase senza volto.
Dichiarò, poi, che i soliti ignoti, ovvero io e il bel felino, lo avevano sgominato una volta per tutte, e che non se ne sarebbe più sentito parlare.
Emilie Agreste, si scoprì con profonda gioia di tutti, era effettivamente ancora viva.
Il suo sonno, però, era durato fin troppo, per cessare facilmente come quello del micione, che era stato sì e no una pennichella pomeridiana.
Agreste, a riguardo, dichiarò che la moglie era sopravvissuta al fantomatico incidente in Tibet, grazie al soccorso dei monaci di un tempio limitrofo.
Disse che la moglie sarebbe stata accudita dai sant'uomini ancora per qualche tempo (il che era più che vero) gridò al miracolo, e ringraziò tutti per gli auguri di pronta guarigione indirizzati alla sua signora.
A scuola, Adrien divenne più popolare che mai.
I compagni di classe se lo litigarono letteralmente, affannandosi a coccolarlo, e riempiendolo di premure.
Chloe era a dir poco rivoltante.
Si aggirava per la scuola appesa al suo braccio come una borsetta vivente, blaterando idiozie tipo "la nostra famiglia è di nuovo al completo" e altre cose che mi facevano avvelenare come il morso di una vipera.
Quanto a me, non sapevo cosa pensare.
Usciti da quella stanza sotterranea, temetti che tutto tornasse come prima.
Adrien a destreggiarsi tra i vari impegni lavorativi, e io a ingobbirmi sui libri e la macchina da cucire, col risultato che non ci si sarebbe visti per niente.
E dire che, ora come ora, c'era letteralmente un festival di cose da dirsi...
Sperai nel "lavoro" ma via di qualche sporadica missione, tipo gatti prigionieri di alberi troppo alti, bimbi momentaneamente dispersi nei parchi gioco e altra robetta soft che sbrogliavo facilmente da sola, con papillon in pensione anticipata, gli eroi di Parigi battevano non poco la fiacca.
Non vedevo un certo gatto nero da eoni... e mi mancava da matti!
Iniziate le vacanze estive, ero a una stecca di cioccolato dalla depressione.
Adrien era venuto poco e niente, a scuola, ed era concepibile: seguiva sua madre durante la riabilitazione, e non la mollava un attimo.
Figurarsi. Dopo averla creduta persa per sempre, era normalissimo appiccicarsi a lei come un francobollo. Mi scaldava il cuore, saperlo così felice...
Però mi mancava, accidenti!
Un nido sicuro dai miei deprimenti pensieri, erano i miei amici.
Liberi dagli impegni scolastici, ci si trovava praticamente ogni giorno, oggi qui, domani là.
Quella volta, fu il turno del Trocadero.
Si combatteva il caldo estivo a suon di gelati di André, seduti sulla riva della senna, e chiacchierando del più e del meno. L'argomento del giorno era quello più in voga: papillon.
Alya non si dava pace, a riguardo.
"Io non ci dormo la notte, giuro... " Sbottò azzannando la sua cialda inzuppata nel gelato al mango. "Cioè, dai! Papillon deve pur essere finito da qualche parte, non può essere sparito come la polvere sotto a un tappeto!"
"Per me è grasso che cola, che abbia levato le tende. Era un'angoscia costante, saperlo sempre in agguato. Non si viveva più... " commentò Nino.
"Si, ok, però non è giusto. Io volevo sapere chi era! Mi ha akumizzata, quel maledetto, un calcio nel sedere me lo doveva! E poi... ho il terrore che anche i nostri facciano la stessa fine. E giuro che la strozzo, ladybug, se sparisce senza dire chi è..."
"Io credo che al mondo, non tutto si debba per forza sapere... " commento Mylene. "A volte, alcune cose vanno prese come vengono, e lasciate come vanno. Ladybug e chat noir erano i nostri angeli custodi. Ci hanno protetto, finché era necessario. Ora non lo è più... possono andarsene, se vogliono farlo."
Angeli, pensai. Non mi ero davvero mai vista, sotto un un'ottica simile.
Alya sospirò.
"Li vedi come angeli, eh? Un mistero senza risposta, in pratica. Una realtà... o solo una leggenda?"
Mi alzai in piedi, e andai dalla mia abbacchiata migliore amica. Le accarezzai la chioma fulva e castana.
"Ladybug e chat noir non sono una leggenda, ma è probabile che alla fine lo diventeranno. Un domani, nessuno saprà più, se sono esistiti davvero, oppure no. Ma per chi come noi, gli ha visti combattere per proteggerci, sono e saranno per sempre vivi, nei nostri cuori. "
Tutti annuirono, in segno di assenso.
"Marinette ha ragione. Chi vive nei nostri cuori, esisterà per sempre."
Ci voltammo tutti, e il mio cuore fece un tuffo carpiato.
Adrien era lì, un gelato fragola e menta tra le mani, un meraviglioso sorriso in volto.
La folla lo accolse entusiasta.
"Sei evaso, fratellino?" Gli chiese Nino, abbracciando il suo migliore amico.
"No, sono libero. Mia madre sta meglio, e mi ha detto di uscire, a prendere un po di sole. Lei... è un bel po' diversa, da papà. Lei vuole che esca, non che stia in casa, a fare la muffa."
"Santa subito!" Urlò kim, dando il cinque ad Adrien. "Finalmente sei ufficialmente uno di noi, fringuello! Puoi uscire, venire alle gite, andare in piscina e spassartela alle feste! Magari, ti troviamo anche una ragazza, che dici?"
Mi voltai di scatto a guardarlo. Con stupore, vidi che mi fissava anche lui. Avvampai, ma non abbassai lo sguardo.
Lui rise di cuore.
"Ho intenzione di darmi alla pazza gioia, stai sicuro! Recupererò tutto, e con gli interessi. Per la ragazza... forse ho già una mezza idea, sai?"
Detto questo, prese e si diresse verso di me.
Mi prese per mano, mi fece alzare e... mi diede un bacio.
Lì, davanti a tutti.
In primis, rimasi ferma, scioccata a morte.
Poi però... mandai al diavolo tutto.
Avvolsi le braccia attorno al suo collo, e risposi al suo bacio.
Ci lasciammo talmente prendere, che a un certo punto, Adrien mi sollevò letteralmente da terra.
Era incredibile. Avvertivo in quel bacio, tutte e due le sue anime.
Sentivo la dolcezza delicata di Adrien... e la passionalità dirompente di chat noir.
Li percepivo entrambi. E li amavo entrambi.
E il bello era che erano entrambi... profondamente ed eternamente miei.
Ed io, ambedue le mie metà, erano eternamente e profondamente sue.













Sei solo tuWhere stories live. Discover now