CAPITOLO 12

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Ritorno velocemente al tavolo e mi siedo in modo brusco. Niccolò, che stava guardando il cellulare, sobbalza e mi guarda mettendo su un sorriso affascinante.
"Oh, m'hai fatto pià 'n colpo! Pensavo ce fossi cascata nel water" ridacchia lui, sorseggiando altro vino, ma subito la sua faccia si fa preoccupata quando mi vede agitata. "Oh, che è successo? T'ha infastidito qualcuno?"
Nego con un movimento della testa, strofinando le mani tra loro e cercando con lo sguardo quelle due donne. Non ci metto molto a trovarle, sono ad un tavolo con tante altre persone e brindano chiassosamente.
"Oh, ce sei?" mi richiama Niccolò sventolandomi una mano davanti.
Riporto lo sguardo su di lui, tentando di sorridere, ma vedo che non mi crede affatto.
"Nulla, va tutto bene, solo che vorrei andare"
Lui mi fissa. Non è affatto convinto. Il suo sguardo mi supplica di dire la verità, ma non so se voglio farlo. Non voglio farlo preoccupare ulteriormente.
Lui si sporge verso di me, congiungendo le mani sul tavolo e sospirando. Piega la testa di lato e mi fissa.
"Senti, io non so che cosa sta a succede, ma me riguarda e ce sto dentro fino ar collo" inspira, "quindi te prego, voglio risolve questa cosa, ma non posso se non me dici niente ogni volta. Ed inoltre vorrei anche che ci conoscessimo meglio" aggiunge abbassando la voce e allungando una mano per accarezzare la mia ed io sussulto, "ma non è possibile se non ce diciamo le cose come stanno" mormora poi stringendo del tutto la mia mano, con lo sguardo deciso, ma dubbioso forse che io possa sfilare la mia mano.
Mi sta dando una possibilità. Niccolò mi sta chiedendo di aiutarlo e mi sta offrendo una mano per capire e risolvere questa situazione. E mi sta anche proponendo di creare qualcosa tra noi e sono un po' arrugginita su questo.
I suoi occhi sono sinceri, con una punta di preoccupazione, ma sinceri e la sua mano che stringe la mia è un sollievo per me. Sento che posso farcela, ma non possono nascondergli nulla.
Così inspiro e stringo a mia volta la sua mano.
Lo guardo con gratitudine e lui mi rivolge uno sguardo sollevato e dolce. È con me, lo sento.
Così mi siedo meglio sulla sedia e gli faccio cenno di avvicinarsi. Con poca convinzione sciogliamo le nostre mani, ma un sorriso compiaciuto rimane impresso sul suo volto.
Gli racconto velocemente quello che ho sentito in bagno e lo vedo agitarsi sulla sedia.
Allungo una mano e la poggio sul suo avambraccio.
Il mio sguardo è preoccupato, "Vedi perché non volevo dirti niente? Non voglio vederti agitato e-"
"No no," mi ferma poggiando la sua mano sopra la mia, "sto bene, devo solo capì un attimo la situazione. Sai, esse cercato da dei terroristi non è una cosa che uno fa tutti i giorni"
Annuisco comprensiva e prendo un bel sorso di vino.
"Quindi, che facciamo?" mi domanda mentre metto in moto le rotelle del mio cervello per cercare di sbrogliare la situazione. Decido di lanciare un'altra occhiata alle due donne e non appena alzo lo sguardo i miei occhi si spalancano. Una delle due sta guardando dritta nella nostra direzione e sta facendo cenno all'altra con la testa.
Niccolò nota il mio sguardo e si volta a guardare e non mi piace affatto lo sguardo che gli rivolgono le due donne mentre chiamano sull'attenti tutti gli altri presenti al tavolo. E sono degli omoni giganteschi che mettono paura.
Niccolò si gira verso di me,
"Nun je stiamo tanto simpatici ve?"
Nego con la testa.
"Erano quelle due le donne che me dicevi?"
Annuisco.
Lui sospira affranto, "Semo nei guai, ve?"
"Già" rispondo iniziando ad alzarmi dalla sedia.




Non so come, ma in due minuti abbiamo raccolto la nostra roba, lasciato un po' di soldi sul tavolo, soldi di Niccolò visto che ha insistito per pagarmi la "cena" e siamo usciti fuori di corsa. Pensavo che una volta usciti ci avrebbero lasciato in pace, ma con nostra sorpresa ci sono degli uomini fuori ad aspettarci. Quella donna doveva averli avvertiti della nostra presenza.
Stringo la mano di Niccolò quando mi rendo contro che stanno venendo verso di noi. Siamo all'uscita del retro del locale e davanti a noi c'è un boschetto buio e non c'è anima viva.
Gridare sarebbe inutile, ci sparerebbero prima ancora di aver aperto bocca.
"Questi tizi nun me piacciono"
"Nemmeno a me" rispondo e lancio via la borsetta dopo aver tirato fuori la pistola e il coltellino, "Tienilo e appena grido vatti a nascondere dietro al secchione" gli ordino mentre lui afferra il coltellino, dubbioso e "Se rivedemo" dice guardando in direzione dell'oggetto; è lo stesso che gli avevo dato per proteggersi in aereo. Quegli uomini avanzano, ma non hanno armi o pistole. Sicuramente le donne non si aspettavano che fossimo qui e quindi hanno chiamato i primi agenti disponibili, quelli che combattono corpo a corpo.
Mentre stringo Niccolò per la manica della felpa, "Sai fare a botte?" domando con tono agitato.
Niccolò che trema leggermente annuisce e "A scuola ogni tanto se menavamo, ma mica facevo a botte co ragazzi de 300 chili!" esclama indicando gli omoni davanti a noi.
Scuoto la testa, "Allora preparati a usare il coltellino. E quando grido vai, tu corri, chiaro?"
"E te lascio da sola? No"
"Niccolò," mi volto a guardarlo e gli accarezzo la guancia, "Io sono allenata per questo e ho una pistola. Non è la prima volta che mi ritrovo in situazioni del genere. Per favore, fa' come ti dico" lo supplico e lui prende la mia mano se le la porta alle labbra, "Va bene, ma faje er culo e scusame pe sta cena de merda"
Ridacchio davanti al suo volto dispiaciuto e agitato e "Scusa te lo dovrei chiedere io perché ti metto sempre in queste situazioni" rispondo desolata e con la coda dell'occhio vedo uno degli uomini venire velocemente nella mia direzione. Tempo scaduto. E "Vai!" urlo a Niccolò e lui in un batter d'occhio inizia a correre, trovando subito posto per nascondersi.
Mi giro verso i tre uomini.
"Ed ora a noi!"



Cascare nei tuoi occhi//Ultimo. Where stories live. Discover now