CAPITOLO 19

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Gli interrogatori pomeridiani sono poco utili. Alcuni passeggeri sostengono di non aver visto l'uomo, altri invece affermano di averlo visto, ma di non averci fatto troppo caso. Passano così tre ore pomeridiane in cui io e Filippo ci ritroviamo faccia a faccia con più di cento passeggeri. Abbiamo deciso di dividere gli interrogatori in più giorni, altrimenti potremmo stare qua tutta la notte.
"Vado a prendere un caffè" sentenzia Filippo staccandosi dal muro a cui era appoggiato e avviandosi verso la pronta. Prima di uscire mi lancia un'occhiata e mi domanda se ne voglio uno anche io.
Annuisco, ora sono troppo stanca per fare congetture sul fatto che lui stesso possa essere affiliato con i terroristi. Ho bisogno di un caffè.
"Grazie" dico quando lo vedo uscire e lui mi regala un piccolo sorriso. Mi passo una mano sulla faccia e lo guardo uscire. Anche lui è stanco. I capelli perfettamente sistemati grazie al gel sono scompigliati e la voce è rauca, segno della stanchezza che ha assalito entrambi.
Mi stropiccio gli occhi e sbadiglio, poi "Il prossimo!" esclamo con una parvenza di vitalità e l'ennesimo interrogato si fa avanti.
Passiamo così le restanti due ore, ad interrogare gli addetti ai lavori sulla pista nel momento dell'atterraggio.
Anche loro sono stati divisi in due gruppi. Per oggi ci occupiamo degli uomini che scaricavano i bagagli.
Nessuno di loro sembra aver visto nulla, è come se quell'arabo e la sua complice fossero spariti nel nulla.
All'ennesima persona che risponde di non aver visto nulla a parte un'ottimo atterraggio di emergenza, cosa che mi lusinga, Filippo sbatte le mani sul tavolo, facendo sobbalzare tutti.
"Come è possibile che siano spariti?" alza il tono di voce, avvicinandosi all'interrogato. L'uomo, magrolino e sudato per la tensione, sembra completamente terrorizzato ora.
"Lo giuro" balbetta l'uomo portandosi un fazzoletto alla fronte per sciupare le gocce di sudore.
Filippo abbassa la testa e la scuote, poi la rialza e più agguerrito che mai punta lo sguardo in quello dell'uomo.
"Non possono essere spariti, capisce? Possibile che nessuno abbia visto nulla?", l'uomo scuote la testa e spalanca gli occhi per la paura, "Siete degli incompetenti!" sbraita allora Filippo, indietreggiando e iniziando a passeggiare nervosamente per la stanza.
Le mani dell'uomo che stiamo interrogando tremano e io mi sento spossata. Che cosa gli è preso?
Decido allora di intervenire.
Mi alzo e mi avvicino a Filippo.
"Senti, capisco che sono più di quattro ore ininterrotte  che stiamo interrogando e anche io sono stanca, ma quest'uomo non centra, quindi per favore calmati. Lui era l'ultimo della giornata, abbiamo quasi finito quindi evitiamo problemi, va bene?" cerco di calmarlo utilizzando il tono più pacato che possiedo e, in un tentativo disperato, poggio anche una mano sulla sua spalla.
Lui la guarda e smette di camminare, portando le braccia lungo i fianchi. Poi mi fissa con intensità mentre sistema i polsini della giacca e fa un bel respiro. Lo vedo calmarsi, così annuisco e mi alliscio la maglietta.
"Grazie" mi sussurra allora lui, piegandosi inaspettatamente verso il mio orecchio. Il suo fiato caldo contro il collo scatena un lungo brivido che mia traversa tutta la schiena. Per molti versi ha una voce sensuale, ma i brividi non sono per quello.
Nel momento in cui si è avvicinato al mio orecchio ho immaginato che al suo posto ci fosse Niccolò.
Diavolo, quel ragazzo mi ha mandato in pappa il cervello!
"Allora," parla Filippo, ridestandomi, "mi scusi per prima, sono stato sgarbato," porge le sue scuse all'uomo mentre si mette seduto di fronte a lui.
Così riprendiamo il nostro interrogatorio per altri dieci minuti fin quando non decidiamo di congedare l'uomo. Sono davvero stanca e non vedo l'ora di distrarmi e di riposarmi.
Proprio mentre l'interrogato esce dalla porta entra un poliziotto.
"Agente Megan Clarke?" domanda ed io annuisco, facendogli cenno di parlare.
L'uomo si schiarisce la gola e "Mi è stato chiesto di recapitarle questo messaggio," inizia e tira fuori dalla tasca della divisa un bigliettino bianco ripiegato; lo dispiega bene e "Se non te sbrighi la carbonara se fredda" legge con un accento romano un po' ciancicato visto che si sente che è di Milano.
Filippo corruccia le sopracciglia, il poliziotto sembra molto perplesso dopo aver letto il messaggio mentre io, con la sorpresa di entrambi, scoppio a ridere di cuore.
Ed ecco di nuovo che Niccolò sembra riuscito a farmi dimenticare della stanchezza grazie al suo modo di fare così esuberante. Mi ha fatta ridere di cuore solo con una banale frase e ne avevo proprio bisogno!
Cerco di ricompormi e mi avvicino al poliziotto, afferrando il bigliettino.
"La ringrazio" lo congedo e lui mi fa un sorrisetto dubbioso ed esce di fretta.
Io guardo l'orologio. Senza che me ne sia accorta si sono fatte le sette e mezza di sera e se davvero Niccolò ha preparato la carbonara devo darmi una mossa!



"Quindi, come sei riuscito ad ottenere le chiavi di casa mia?" domando con curiosità prima di mettere in bocca un'altra forchettata di pasta.
Niccolò sorseggia il suo calice di vino e poi mi guarda in modo vago.
"Mah, essere un cantante famoso c'ha i suoi pregi"
"Cioè? Poter entrare a casa della gente quando ti pare?"
"Ma ho cucinato un bella carbonara" ribatte lui.
Ridacchio, "E per te è una buona scusa?"
"Sì?" risponde lui dubbioso, arricciando il naso. È bellissimo quando lo fa.
Io scuoto al testa e rido, "È inquietante Niccolò. Sapere che potresti intrufolarti nelle case degli altri"
"Non di tutti gli altri, sono nella tua" risponde lui mentre beve altro vino. Ingurgita e afferra la forchetta, poi mi guarda e fa spallucce, "Ho rigirato la segretaria del commissario. Sai quella alta, belle gambe, magra, col sedere so-"
"Ho capito!" lo interrompo prima che si spinga oltre.
Lui ride di cuore e mi guarda vittorioso. Ovviamente il suo intento era farmi ingelosire e, anche se mi costa ammetterlo, ci è riuscito, ma ovviamente fingo che non sia così e riprendo a mangiare la mia pasta senza spicciare parola. Poi afferro il calice di vino per bere un sorso, proprio mentre lui "Ovviamente l'unico sedere che ho guardato veramente è il tuo" mi dice e per poco non mi strozzo con il vino.
"Niccolò!"
Lui ride, "Che c'è? Mica ho detto niente de male!" ribatte lui mentre un sorriso furbetto già si è fatto largo sulle sue labbra.
Lo guardo nel tentativo di rimproverarlo, ma con lui essere arrabbiata sembra impossibile. Così mi lascio andare ad una risata sconcertata e poi ripenso a mangiare la mia carbonara.
"Possiamo riprendere da dove ti eri interrotto?" lo incito e lui annuisce, "Di quando parlavo del sedere della segretaria?" mi punzecchia.
Lo fulminino con lo sguardo e lui alza le mani in segno di resa, "Scusa, scherzavo" ridacchia, poi "Insomma ho scoperto che alla nipote della segretaria piacciono le canzoni mie e j'ho regalato un biglietto per la data a Roma e voilà, ecco che m'ha fatto 'na copia delle chiavi de casa tua"
"Devo fare un discorsetto con quella donna" mormoro te me e me, ma con tono abbastanza alto perché anche lui lo senta.
"Ma dai, ti ho fatto pure trovare la cena pronta, dovresti ringraziarla!"
Lo guardo male solo per pochi secondi, poi mi rilasso e "Ma con te solo carbonara si mangia?" lo punzecchio.
"Só cucinà solo quella" risponde lui sincero ed io scoppio a ridere per la tranquillità con cui lo ha ammesso.
Lui anche sorride nei guardarmi ed ogni volta che lo fa, ogni volta che mi guarda con quel sorriso il mio cuore batte sempre più forte, il mio corpo vorrebbe lasciarsi andare e perdersi fra le sue braccia. Le mie labbra fremono per baciarlo e decido di mettere in bocca un altro po' di pasta per evitare inconvenienti. Ma da come Niccolò mi guarda capisco che la cosa è reciproca e se continuiamo di questo passo la tensione tra noi esploderà presto.
"Quindi," esclamo per cambiare argomento, "come vanno le prove per il tour?"

Cascare nei tuoi occhi//Ultimo. Where stories live. Discover now