CAPITOLO 25

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Le settimane successive alla partenza di Niccolò scorrono lente. Mi sono accorta sempre di più che mi manca averlo accanto, anche quelle volte in cui mi punzecchiava e gli dicevo di smetterla.
Mi manca da impazzire e non solo per la carbonara spettacolare che sa cucinare, perché davvero nessuno la fa buona come Niccolò o forse sarà che sono innamorata di lui e qualsiasi cosa faccia trovo che sia bellissima. Niccolò mi ha affidato Spugna che mi tiene tantissima compagnia, ma nonostante sia un tenerone, non è lo stesso che avere Niccolò con me.
Mi manca averlo intorno, punzecchiarlo, litigarci il cuscino di notte, ridere alle sue battute, sentire le sue carezze, le sue mani sul mio corpo e ancora i baci sul collo, sulle spalle e sulle labbra. Mi manca fare l'amore con Niccolò e poi addormentarmi sul suo petto e svegliarmi con i suoi baci sulla schiena e suoi fianchi.
Sospiro mentre Spugna ritorna verso di me con un ramo in bocca. Mi guarda con i suoi grandi occhioni e, quasi si accorge che sono in pensiero, lascia andare il ramo e si avvicina a me, facendosi spazio tra le mie braccia e strusciando il muso contro il mio petto. Così lo riempio di coccole e di baci sulla testa.
Lui mi guarda con tenerezza ed io gli accarezzo il muso, "Manca tanto anche a te, vero?" gli sussurro con voce flebile e lui abbaia leggermente, avvicinandosi di nuovo al mio petto.
Ne sentiamo entrambi la mancanza. Per fortuna i concerti stanno andando bene; spesso Adriano mi manda video di intere esibizioni oppure piccole scenette nei camerini, dove Niccolò si diverte a fare scherzi ai collaboratori. È rimasto un bambino, in fondo.
Cerchiamo di sentirci tramite video chiamata, ma spesso siamo costretti a rimandare per i suoi impegni. Cantare tutte le sere lo sfianca e quindi quando ha un attimo di tempo libro cerca di riposarsi, nonostante sia io a doverlo costringere a dormire altrimenti passerebbe in videochiamata con me tutto il tempo che ha per rilassarsi.
Ma sentirci in in video chiamata non è la stessa cosa. Però, anche se ha poco tempo per me rispetto a quando era qua, sono contenta che stia facendo ciò che ama. Quando Adriano mi manda quei video spesso e volentieri mi commuovo. Canzoni così profonde per un ragazzo di soli ventiquattro anni, da non crederci. Vederlo su quel palco a scatenarsi, a sorridere con quel suo modo dolce e sincero, a vederlo emozionarsi perché sta facendo ciò che lo appassiona e vedere la passione scorrere in ogni nota musicale, in ogni parola, mi rende la ragazza più orgogliosa del mondo. Sapere che quel ragazzo lì sul palco è il mio ragazzo mi fa scordare che siamo lontani e che ci sentiamo pochissimo, perché vederlo felice ripaga tutte le ore trascorse senza di lui. E ogni volta che lo guardo e ascolto la sua voce cantare o la sua risata risuonare, me ne innamoro sempre di più.



È fine giugno. Due settimane e mezzo fa Niccolò è partito per iniziare il tour e il quattro luglio ci sarà il concerto all'Olimpico, "La Favola".
Oggi io e Filippo andremo a scovare il covo dei terroristi. Lui non sa in realtà dove andremo, gliel'ho tenuto nascosto. Gli ho detto che saremmo andati a fare un'ispezione in un locale sospetto di gestione mafiosa che potrebbe essere connesso con i nostri terroristi e lui sembra aver abboccato.
Infilo il giubbotto antiproiettile e lo stringo bene, poi lo copro con una giacca nera larga. Farà un caldo bestiale, ma Filippo non deve sapere che indosso il giubbotto antiproiettile. Sono sicura che nasconde qualcosa visto in questi giorni è stato piuttosto gentile con me, tanto da regalarmi un braccialetto di perle che ho deciso di indossare solo perché gli è costato un sacco di soldi e mi dispiaceva lasciarlo chiuso in un cassetto. Sistemo la cintura con la pistola, un coltellino e il distintivo. A proposito di coltellini, dalla scientifica non è arrivata ancora nessuna informazione riguardo al coltellino che Niccolò aveva lasciato sulla scena del crimine quando avevamo lottato contro quegli omoni. Ciò mi preoccupa molto e devo cercare di recuperarlo. Il dispositivo dove c'era il video di Dewey invece l'ho rimesso a posto il giorno dopo averlo visto, così da non aver creato sospetti.
"Siamo pronti?" la voce possente di Filippo e la sua mano che bussa alla porta mi fanno sobbalzare ed uscire dai miei pensieri. Mi guardo allo specchio del mio piccolo ufficio per poi afferrare la borsa con dentro il necessario per arrestare i terroristi e "Sì, sto uscendo!" rispondo per poi aprire la porta due minuti dopo.
Filippo mi squadra e guarda con occhio critico la mia giacca nera.
"Sai che siamo a fine giugno e fanno quaranta gradi all'ombra, vero?" mi fa notare ironicamente mentre sistema la pistola nella fondina. Lui indossa una maglietta nera attillata che mette in risalto il petto scolpito. A vederlo mi viene da ridere. Nonostante Filippo sia un bell'uomo e abbia anche un bel fisico, non lo scambierei mai per Niccolò e per quel filo di pancia che ha il mio ragazzo e che mi piace da impazzire, sopratutto quando la riempio di baci.
"Ho paura di prendermi un raffreddore" rispondo secca, passando oltre.
"A giugno?" domanda lui seguendomi.
"C'è qualche legge che vieta di prendere raffreddori a giugno?" domando con freddezza aumentando il passo e raggiungendo la macchina parcheggiata nel retro del commissariato. Lui capisce che non è il caso di importunarmi e si zittisce, salendo in macchina e mettendo in moto.
Durante il viaggio lo guido io. Infatti con Niccolò abbiamo pensato che i terroristi possano essere rinchiusi in una struttura, attualmente abbandonata, che è stata costruita infiammate come scuola proprio sul colle Palatino e nel punto in cui, nel passato, Romolo fondò Roma. Di nuovo Niccolò si è dimostrato più astuto di molti altri colleghi addestrati che ho avuto.
Dopo un bel po' di tempo finalmente arriviamo. Filippo parcheggia a pochi metri di distanza dalla struttura. Una volta davanti a questo edificio vediamo una scritta sbiadita su un cartello malandato: "Qui venne fondata Roma" riporta il cartello. Sorrido e mi volto verso Filippo, "È qui!" gli dico portandomi una mano davanti agli occhi per proteggerli da sole. Fa un caldo bestiale e vorrei potermi buttare in una piscina gelata ora come ora.
Filippo annuisce, ma lo vedo poco convinto.
"Sicura che sia un locale attivo?" mi domanda con uno sguardo indagatore.
Fingo di non sapere nulla, "Così mi hanno detto. Ora entriamo" taglio corto per evitare di dover spiegare troppe cose e mi avvio verso l'entrata. Lui mi segue, ma non riesco a capire cosa gli sia preso. Ha sempre una battuta pronta, perché ora non parla e sembra preoccupato? Così lo tengo d'occhio mentre tiro fuori la pistola e mi preparo a fare irruzione. Lui mi affianca.
"Pronto?" sussurro e lo guardo con la pistola stretta nella mano e rivolta verso l'alto."Pronto" risponde lui, ma con poca sicurezza. Annuisco tenendolo sempre d'occhio e con un calcio sfondo la porta ormai rovinata e per niente resiste. Con uno scatto entro nell'abitazione e "Mani in alto, polizia!" grido puntando la pistola davanti a me, ma con mia sorpresa l'edificio è vuoto. Mi aspettavo di trovare i terroristi spiazzati, magari armati, ma non di non trovare nessuno. Mi faccio avanti e faccio segno a Filippo di entrare. Cammino con circospezione per lo stanzone, controllando dietro ogni angolo. Ma come ho fatto a sbagliarmi? Eppure io e Niccolò abbiamo rivisto quel video più e più volte e non c'erano altre possibilità. Abbasso la pistola mentre do un calcio ad una pentola che cade. Inaspettatamente vedo che fuoriesce del cibo. Mi avvicino e allungo due dita per toccarlo. È minestra ed è ancora calda.
Mi sollevo di scatto, "Devono essere stati qui. Se ne sono andati via da poco!"
Ma come è possibile? Come facevano a sapere che stavamo arrivando?
Allora mi volto verso Filippo e con mia sorpresa lo vedo sorridere e guardarsi intorno soddisfatto.
"Perché quel sorrisetto?" gli domando. È inquietante e non mi fido, infatti porto la mano alla pistola.
Lui sfoggia un sorriso malefico prima di tirare fuori un piccolo congegno rotondo, "Finalmente posso ucciderti" sussurra ed io non ho il tempo nemmeno di muovermi che Filippo lancia quel congegno verso di m ed un fumo tossico si diffonde nell'aria. Lui tira fuori una maschera ad ossigeno che lo protegge, ma io non ho niente che possa proteggermi.
Tento di muovermi e di uscire, ma tutte le finestre sono sbarrate. Impossibile che siano sbarrate così da anni, deve essere stato fatto apposta. Qualcuno li ha avvisati che stavano arrivando. Filippo si avvicina lentamente ed io tento disperatamente di scappare, ma il fumo tossico è entrato nei miei polmoni e non riesco più a reggermi in piedi.
Così mi accascio a terra, tossendo e sentendo gli occhi bruciare. Filippo si avvicina con passi lenti e guardandomi con cattiveria.
"Davvero pensavi che ti avrei aiutata a salvare il tuo stupido ragazzo? Come sei ingenua"
"Non-" tossisco, "Non mi sono mai fidata di te. Sapevo che nascondevi qualcosa"
"Peccato che fra poco sarai morta e non potrai dirlo a nessuno" ridacchia malevolo, fermandosi davanti a me. Sollevo lo sguardo per osservarlo e sputargli in faccia, ma qualcosa che luccica mi colpisce gli occhi. È qualcosa di metallo. È il mio coltellino! Devo rosicare a recuperarlo. Cosi tento di muovermi, ma Filippo mi schiaccia la mano con il piede, facendomi urlare dal dolore.
"Pensavo fossi abituata a questo genere di dolore" mi sfotte, piegandosi verso di me. Io lo guardo con gli occhi rossi e i polmoni pieni di gas tossico. Riesco ad allungare la mano e afferro il coltellino che ho nella cintura.
Ridacchio, intontita dai gas, "E spero che tu sia pronto a questo" ribatto tra un colpo di tosse e l'altro, prima di conficcare il coltellino nel suo piede e vederlo cadere all'indietro e urlare dal dolore. Come previsto il coltellino che aveva in tasca cade e mentre lui è occupato a estrarsene uno dal piede, lo afferro e me lo metto in tasca. Ora che ho recuperato questo coltellino Niccolò non è più in pericolo. Se avessero analizzato le impronte, sarebbero risultate quelle di Niccolò ed avrebbe rischiato di andare in carcere. Beh, non avrei mai potuto permetterlo.
Tento di rialzarmi, ma sono troppo debole. Così mi accascio contro il muro alle mie spalle, facendo fatica a tenere gli occhi aperti. Per fortuna questo posto è pieno di crepe e il gas si sta dissolvendo, ma ormai è entrato nei polmoni e mi sento debole.
Filippo si alza e zoppicando mi viene incontro. Il suo volto, provo della maschera anti gas, è storpiato da una smorfia di rabbia. Le guance rosse per lo sforzo e le mani tremanti impugnano saldamente la pistola.
Mi fissa con cattiveria ed io tento di tenere gli occhi aperti.
"Non avresti dovuto metterti in mezzo, puttana!" urla in preda alla rabbia più totale per poi puntare la pistola al mio petto e sparare. Non so bene cosa succeda nei minuti seguenti allo sparo; sento solo un dolore lancinante al petto. Ha colpito il giubbotto anti proiettile e nonostante io sia salva, l'impatto del proiettile contro il giubbotto mi sta lacerando. Cerco di respirare anche se il gas penetrato polmoni non aiuta. Quando riapro gli occhi saranno passati pochi minuti, ma Filippo non c'è più. Mi tocco la tasca della giacca e sento il collettino. Lo stringo e inizio a piangere. Sto pensando a Niccolò e al suo sorriso e devo rialzarmi per lui, perché voglio ritornare fra le sue braccia.
Mentre cerco di sollevarmi lancio un urlo bestiale perché il petto fa un male allucinante. Poi sento dei passi e tento di tenere gli occhi aperti per paura che possano essere i terroristi, ma quando "Megan?" sento pronunciare da una voce familiare, mi lascio andare ad un sospiro di sollievo. Il gas si è diramato per l'abitacolo ed è fuoriuscito nel momento in cui Filippo se ne è andato, lasciando la porta aperta.
"Ga-Gabriele?" mormoro flebilmente e subito dopo sento delle braccia avvolgermi e sollevarmi. Con lentezza Gabriele e Valerio mi aiutano a rimettermi in piedi, ma le mie gambe tremano e sono troppo deboli per reggersi.
"Vieni, ti porto in braccio" si propone Gabriele, "Tranquillo ce la faccio" lo rassicuro io tentando di sorridere, ma un colpo di tosse mi scuote tutta e rischio di cadere.
"Cosa ci fate qui?"
È Valerio a rispondermi. "Proprio qua accanto ce sta il nostro meccanico de fiducia ed eravamo venuti a ritirà i motorini che avevamo portato ad aggiustà. Poi avemo sentito un botto, tipo 'no sparo e un uomo che zoppicava è uscito da qui subito dopo" spiega concitatamente, aiutandomi a muovere qualche passo.
"Ma era davvero uno sparo?" chiede Gabriele. Io inspiro con forza ed annuisco.
"Me voi dì che t'ha sparato?" chiede Valerio in panico.
"Ho il giubbotto anti proiettile"
"Te dovemo portá subito in ospedale!" decide Gabriele, cercando di prendermi in braccio. Entrambi sono preoccupatissimi ed io li vorrei ringraziare, ma ora sono ancora stordita.
"No!" tento di gridare per fermare Gabriele, "Se andiamo in ospedale chiederanno il motivo dello sparo. Non possiamo. Sto bene" tento di convincerli provando ad avanzare da sola, ma nemmeno dopo un passo cado a terra e sento una stanchezza mai provata prima. Non ho la forza di rialzarmi e non riesco neanche a dire una parola prima di svenire.
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TAN TAN TAAAN! Povera Megan! Cosa succederà ora?🤩
Vi sta piacendo come sta andando avanti la storia?❣️
Grazie a te che leggi!💖
Un bacione grandissimo!❣️

Cascare nei tuoi occhi//Ultimo. Where stories live. Discover now