STARBUCKS (SECONDA PARTE)

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TYLER

Ti odio e ti amo. Ti chiederai forse perché io lo faccia. Non so, ma sento che accade, e mi tormento – Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

(Catullo)


Risi così tanto che mi mancò il respiro. Sbruffone io? Nessuno si era mai permesso di chiamarmi in quel modo! Davvero divertente... e ancora più divertente il fatto che la ragazza fosse diventata all'improvviso rossissima.

-In effetti sono stato proprio un villano, vuol dire che mi farò perdonare- dissi.

-Scommetto che sei un ragazzo che sa come ottenere il perdono-

Wow, la conversazione si stava facendo interessante... e forse anche un po' piccante. Mi piaceva. E chi l'avrebbe detto che quella diafana ed esile ragazza, quell'eroina di carta, che pareva appena uscita da un racconto gotico di Allan Poe, potesse essere così divertente ed eccitante? Non mi pareva neppure così pallida come avevo creduto inizialmente, o meglio, era di un pallore quasi lucente che non toglieva nulla alla sua bellezza, al massimo l'aumentava. Proprio come Artemide, virginea e sensuale, quel ragazzo ci aveva proprio visto giusto.

-Ammetto che le donne alla fine mi perdonano sempre- dissi, con tono provocante.

-Molto sicuro di te-

-Decisamente- era quasi incredibile come riuscissi a mostrarmi al mondo, come nascondessi una parte di me.

Rosemary... si chiamava Rosemary, vero? Bevve un sorso del suo caffè e io mi godetti lo spettacolo delle sue labbra carnose che si aprivano per poi chiudersi intorno al bicchiere. Molto bella, molto sensuale. E poi notai una cosa che non mi piacque. Lo sguardo di un ragazzo seduto a un altro tavolo che era puntato di lei. Subito sentii montare la rabbia, lei era con me, perché quello la guardava? Lo fulminai con lo sguardo, ma lui non si arrese. Si rendeva conto contro chi si stava mettendo?

-Credi che sia giusto?- chiese infine Rosemary con un filo di voce.

-Cosa?-

-Dividerli- disse, appena un sussurro, come se all'improvviso temesse quella parola.

-Oh, ci ringrazieranno, appartengono a due mondi diversi-

-Come Jane e Bingley- disse lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E adesso chi erano questi due?

-Certo, certo, come quei due- l'assecondai.

Lei aggrottò la fronte. –Orgoglio e pregiudizio-

Ah sì, il romanzo da femminucce. Sinceramente non lo avevo mai letto e avevo superato il compito in classe al liceo solo grazie a un riassunto ben fatto.

-Proprio così-

-Non lo conosci, vero?-

Per la seconda volta durante quell'incontro mi sentii preso di sorpresa. Chi era quella ragazza, no, quella ragazzina, sembrava proprio una bambina un po' troppo cresciuta, che veniva da me e si permetteva di darmi dello sbruffone e di sottolineare le mie mancanze? Ma dov'ero finito? Il mondo si era forse capovolto?

-Ero certa che non lo conoscessi-

-Non l'ho mai letto, non è un romanzo da uomo- perché mi stavo giustificando?

Lei non rispose, come se non fossi così importante da ottenere una risposta.

-Credimi, è la cosa migliore- insistetti.

-Pensi veramente che Abby miri solo ai soldi di Sam?-

Sinceramente sì. Avevo fatto qualche domanda in giro su Abigail e avevo saputo che veniva da una famiglia che non si poteva definire ricca, non come quella di Sam perlomeno... e poi avevo anche parlato con le sorelle di Sam e a loro non piaceva l'idea di una cognata arrampicatrice sociale. Certo, era un colpo basso, ma volevo ricevere tutto l'aiuto di cui avevo bisogno.

-Allora?- m'incalzò Rosemary.

-Penso solo che certe persone debbano restare con i propri simili tutto qua, non guardarmi in quel modo, non è una critica-

-La è invece- mormorò -comunque Jane e Bigley alla fine si sposano- e si alzò.

Il ragazzo che la osservava la guardò intensamente, fissandole l'abitino rosa particolarmente scollato che le arrivava al ginocchio davanti e scendeva più lungo dietro

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Il ragazzo che la osservava la guardò intensamente, fissandole l'abitino rosa particolarmente scollato che le arrivava al ginocchio davanti e scendeva più lungo dietro. Ma perché si era messa quel vestito? Non era un po' esagerato? E quei tacchi... non andavano bene per una passeggiata. E perché pensavo una cosa simile? Non ero geloso, non potevo essere geloso... quella ragazza era così indisponente, così strana... così affascinante.

-Te ne vai?- riuscii solo a chiederle.

-Farò come mi hai detto, ma non per aiutarti, ma perché non credo che Sam renderebbe felice Abigail- frugò in borsa ed estrasse il portafoglio.

-No, offro io-

Lei buttò una banconota sul tavolo. –Sinceramente non voglio che si pensi che voglio accasarmi con un ragazzo ricco- e si voltò, lo sguardo di quell'indiscreto sempre fisso su di lei.

La rabbia montò ancora di più. –Va bene, certo... e cambiati quel vestito è veramente brutto- mentii, in realtà pensavo che fosse molto elegante e che le stesse molto bene –e ti sta decisamente male- aggiunsi. Ma cosa mi prendeva? Io non offendevo le donne, anzi, mi piaceva adularle.

Lei si voltò, un movimento sinuoso e fulmineo, un sorriso divertito sulle labbra fucsia. In due passi fu di fronte a me. Si spinse in avanti, avvolgendomi con il suo profumo, appoggiò i palmi delle mani sul tavolino, mostrando le lunghe unghie rosse, i bei capelli che le ricadeva intorno, i braccialetti Pandora che tintinnavano, quindi parlò senza smettere di sorridere. –Immagino che a casa tua non ci siano più specchi... si saranno rotti tutti quando ci sei passato davanti- e se ne andò senza aggiungere altro. Che carattere!

Il ragazzo che la fissava applaudì, ma lei non si voltò e uscì. Una vera regina.

-Tu non t'intromettere- urlai al giovane che applaudiva e lui smise subito. Per fortuna riuscivo ancora a incutere timore a qualcuno.

-Cosa succede?- chiese Alexandra, arrivando di corsa, come un'arpia, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

-Nulla- risposi io.

-Ti ha insultato? Oh, io non lo potrei mai fare!- si sporse verso di me, sbattendo le lunghe ciglia finte e facendo bella mostra del suo trucco pesante.

-Già, tu non hai carattere- sentii il cellulare vibrarmi in tasca. Lo presi e riconobbi il chiamante. Inspirai a fondo, un dolore sordo che mi percorreva. Questa volta dovevo rispondere. –Mi porti un altro caffè, Alexandra?- le chiesi per allontanarla.

-Subito- e corse via.

Dopo un attimo di esitazione, il cuore in gola, premetti il tasto per accettare la chiamata. –Pronto-

-Mi dispiace, Tyler, non ce l'ha fatta- una voce che pareva venire da un altro mondo, dall'oltretomba.

Sentii l'angoscia stringermi il cuore... e all'improvviso fu come se non m'importasse più nulla, come se il mio cuore andasse in mille pezzi... e la cosa più assurda fu che a me sembrò fare moltissimo rumore, come un vaso che cade e si rompe, mentre tutte le persone che avevo intorno continuavano con la loro vita, come se nulla fosse successo, come se all'improvviso il mio mondo non fosse esploso.

NOTE DELL'AUTRICE:
Ecco il nuovo capitolo. Qui ho voluto aprire uno spiraglio sulla vita di Tyler. Cosa ne pensate?

Come il peperoncino sul cioccolatoWhere stories live. Discover now