capitolo 1

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Rebecca era sempre stata quel tipo di persona a cui la monotonia non piaceva. Capitava diverse volte che per spezzare le sue abitudini facesse qualcosa di assurdo, qualcosa che nessun altro avrebbe fatto, almeno non in quel posto.
Tutti le dicevano sempre che si comportava come una pazza, come se in realtà non appartenesse a quel posto e venisse da chissà dove. Tutti erano felici lì, e probabilmente per lei era proprio questo il problema, la loro felicità. Erano tutti così uguali, così felici, così saltellanti... Tutta quella felicità, tutta quella gioia persino nel modo in cui camminavano, le dava noia. Era per quel motivo che si era stufata di vivere così, di vivere sorridendo sempre, le facevano male le guance.
Era così annoiata che era arrivata al punto di voler fuggire di nascosto da suo padre. Non era stato semplice, anzi, aveva fatto fatica ad ingannare i suoi genitori, ma alla fine era scappata ed era volata nel posto in cui era certa di potersi divertire infinitamente: la Terra.
Fin da piccola le era stato detto che gli esseri umani andavano trattati con cura, andavano guidati e che doveva sempre accertarsi che prendessero la strada giusta. Talvolta avrebbe dovuto prendere la loro mano e portarli verso la felicità. Pensava, però, che fosse noioso il fatto che non dovessero mai incontrare ostacoli, sulla loro via, perché alla fine arrivare lì sarebbe stato troppo semplice. E poi non ne aveva mai conosciuto uno realmente, li aveva sempre osservati con curiosità, ma non riusciva davvero a comprenderli.
Perciò pensò che sarebbe stato divertente conoscerne uno e vedere se effettivamente ci fosse qualche altra emozione al di fuori della felicità.
Era per quel motivo che, per fuggire alle sue abitudini angeliche, era fuggita dai grandi giardini della felicità ed aveva volato fino alla città dei peccati, così la chiamava suo padre. Le era tassativamente vietato farsi vedere dagli umani e stare sulla terra a scopo ludico, di divertimento, ma si sentiva così carica di adrenalina per essere lì, che non le importava di nessuna conseguenza.
In quel locale la musica, aveva scoperto che si chiamava così, pulsava forte nelle orecchie, così forte che le tremava il cuore e anche l’anima. Non pensava fosse possibile sentirsi così, ma quando era entrata e aveva visto i colori dell’arcobaleno fluttuare, quando aveva sentito quella musica, aveva sorriso.
Era incredibile vedere quante cose si potessero fare sulla terra, quante cose c’erano da imparare.
In quel momento si trovava seduta su uno sgabello e roteava su se stessa stringendo un bicchierino e guardandosi attorno. Non aveva idea di cosa ci fosse lì dentro, in quel bicchiere ovviamente, ma qualsiasi cosa fosse di certo non avrebbe potuto berla. Sorrise ancora di più quando si rese conto di stare facendo una cosa completamente illegale, e portò così le labbra vicino al bicchierino, chiuse gli occhi e buttò giù tutto.
Sentì un improvviso calore invaderle la gola, tanto che le venne da tossire e strinse ancora di più gli occhi, riaprendoli solo dopo qualche istante.
Si voltò improvvisamente, perché si sentiva osservata, e quando lo fece si rese conto che c’era un ragazzo che la stava osservando. Mise a fuoco la sua figura e si soffermò a fissarlo, forse anche troppo. La sua vista le permetteva di notare che non era un essere umano, e a quel punto ne fu ancora più incuriosita.
Aveva i capelli biondo platino, quasi bianchi. La cute era più scura e mentre lo osservava si rese conto che i suoi capelli le ricordavano le fiamme dell’inferno. Aveva un leggero accenno di barba ed era vestito in modo sufficientemente ridicolo e bizzarro da catturare ancora di più la sua attenzione. Si sentiva strana, mentre lo osservava, in un modo in cui non si era mai sentita, così tanto che sollevò le sopracciglia e lo fissò dalla testa ai piedi. Avrebbe voluto sapere di che colore fossero i suoi occhi, ma a quella distanza non poteva vederli e le dispiaceva improvvisamente.
Come se lo avesse chiamato, il ragazzo si alzò e si avvicinò a lei. Mentre camminava nella sua direzione il suo sguardo percorse ogni centimetro del suo corpo, tanto che appena fu vicino notò la sua aurea oscura, l’aurea che solo un demone poteva avere. Non appena se ne rese conto scattò in piedi, si leccò le labbra e incrociò le braccia al petto attendendo il suo arrivo.
Trovandosi uno di fronte all’altro, poterono osservarsi più intensamente e riuscì a vedere, finalmente, il colore dei suoi occhi: erano azzurri, azzurri come il cielo. Era bello, troppo bello, così bello da non sembrare reale. - Sei un demone - Disse Rebecca trattenendo il respiro. La musica alta sembrava essere sparita, improvvisamente esisteva solo lui.
Il ragazzo sollevò le sopracciglia e sorrise sospirando. Le sue labbra si dischiusero lievemente e, senza controllo, senza farlo apposta, si trovò a fissare quella linea sottile pensando che avrebbe desiderato avvicinarsi di più e sfiorarle. - Ciao angioletto. - Esclamò lui. - Sentivo la puzza del paradiso fin laggiù. -
-Io la puzza di cenere fino a qui, invece. - Gli diede improvvisamente le spalle, voltandosi a prendere il secondo bicchierino posato sul tavolo, e buttandolo giù come se lui non ci fosse.
-Cosa ci fai qui, nella città del peccato? - Domandó affiancandola.
Era così vicino che le loro braccia si sfioravano e poteva sentire quella scarica elettrica di cui tutti le avevano sempre parlato. Era strano, ma strano bello. - Cosa ci fai tu, qui, piuttosto. -
Fece spallucce e sorrise. - Balliamo? - Chiese guardandola di nuovo negli occhi.
-Se mi tocchi prendi la scossa. - Ribattè lei.
-Rende tutto più elettrizzante, non trovi? - Si allontanò di qualche passo e le fece un cenno con il capo. Si sentiva così colma di adrenalina che alla fine si alzò e lo seguì, senza pensarci due volte.
Si unirono a tutti quegli umani e li imitarono, cominciarono a muovere i loro corpi l'uno contro l'altro. Erano molto vicini, lui dietro di lei, quasi Rebecca poteva sentire il caldo respiro del demone sul suo collo.
Tristan, così si chiamava, passava delicatamente le mani sui fianchi della figura angelica che si muoveva sensualmente a pochi centimetri lui. Quel contatto li eccitava, era una continua scossa che attraversava i loro corpi. Le camminò attorno, mantenendo il viso vicino al suo. I loro sguardi si incontrarono e si incatenarono. Tristan continuava a cercare il suo corpo, non voleva e non riusciva ad evitarlo.
Si sporse ancora verso Rebecca, abbastanza da far si che i loro respiri si fondessero. Ora fu lei a fare il primo passo. Eliminò la poca distanza che li separava dando inizio a un lungo bacio. Appena le loro labbra si toccarono sentirono un improvviso bisogno di mantenere quel contatto a lungo, così a lungo da non riuscire più a respirare.
Rebecca passò le dita sul petto di Tristan, sfiorando il tessuto leggero della camicia stravagante che indossava. Il ragazzo, le posò una mano sulla guancia, scostando una lunga ciocca di capelli dal suo viso. In questo momento nella sua testa aveva solo lei.
Tristan terminò il bacio di botto, restò a guardare per qualche secondo i lineamenti della ragazza che ancora teneva stretta a sé. I suoi capelli erano rossi, gli ricordavamo così tanto il posto da cui proveniva. Erano una cosa inusuale da trovare in un angelo, il rosso rappresentava l'inferno, il male. Gli occhi avevano il colore del ghiaccio, ne rimase incantato.
La lasciò andare e fece qualche passo indietro. Lei rimase lì, ancora incantata da tutte le emozioni che la scombussolavano in quel momento, non era abituata a perdere così il controllo. Ma lui ce l'aveva fatta, le aveva reso impossibile contenersi.
Rebecca capì di doverlo seguire solo quando notò che si trovava a vari metri da lei. Camminarono uno di fianco all'altro, continuavano a guardarsi di nascosto. Lui la condusse nei bagni. Sapevano entrambi cosa stavano per fare. -Tutto questo non dovrebbe succedere.- disse il ragazzo d'un tratto. -Sono un demone, non dovresti avvicinarti a me.- continuò.
Rebecca lo fissò. -Proprio per questo lo voglio. Mi piace infrangere le regole. - ribatté lei decisa. -Ti sembro un angelo come gli altri?- domandò e lui scosse la testa. Ci fu qualche secondo di silenzio, ora che c'era più luce avrebbero potuto guardarsi più nei dettagli. Ma loro non volevano questo. Tristan si riavvicinò e ricreò quel contatto che tanto avevano amato poco prima. Mentre la baciava, la spinse verso il bancone del lavandino. La sollevò da terra e la fece sedere. Quando la pelle di Rebecca andò a contatto con il marmo freddo sospirò piano e nel volto di Tristan spuntò un sorrisetto. Quella sua espressione fece eccitare ancora di più la ragazza angelo, che presa dell'adrenalina della trasgressione, lo avvicinò a sé. Rebecca lasciò che si mettesse tra le sue gambe, le mani di Tristan esploravano ogni centimetro del suo corpo. Passò a baciarle il collo mentre le sollevò la gonna. Lei arrivò alla cerniera dei pantaloni e la slacciò. In poco si ritrovarono più vicini che mai, Tristan spingeva in lei con movimenti decisi e continui. Rebecca nascose il viso nell'incavo del suo collo, i respiri si fecero più pesanti e in poco si trasformarono in gemiti.
La ragazza sorrise all'idea dei suoi genitori che la vedevano fare tutto questo. Fin da bambina le è sempre piaciuto fare quello che voleva. Adorava andare contro a chiunque le imponesse di fare l'angelo perfetto.
Sentirono ancora quella scossa quando arrivarono al culmine del piacere. Si guardarono negli occhi, entrambi avevano il fiatone. Quei pochi secondi sembrarono durare un'infinità. Tristan si allontanò e si ricompose guardandosi allo specchio, le sorrise. Si aspettava che Rebecca lo baciasse ancora. Lo voleva veramente. Voleva sentirsi ancora così vicino a lei, non era mai stato così bene. Contro ogni sua aspettativa Rebecca semplicemente si alzò e uscì dal bagno senza dire nulla, con una freddezza disarmante. Tristan rimase a fissarla scioccato, non capiva perché se ne fosse andata così. Aveva fatto qualcosa di male?
Mentre il demone si poneva mille domande, Rebecca era tornata al bancone e aveva ordinato ancora quello strano drink che aveva preso prima. Innamorarsi non era nei suoi piani, non era quello che voleva. Era scappata dal paradiso per poter vivere la sua vita liberamente. Però allo stesso tempo, sentiva che quello che era appena successo con Tristan l'aveva segnata. Sapeva che non se lo sarebbe scordato facilmente.
Vide Tristan uscire dal bagno, lo sguardo del ragazzo non aveva nessuna intenzione di spostarsi dalla sua figura. Si alzò e andò verso l'uscita del locale. Non voleva più saperne, era stata solo un'avventura.

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