Fragilità

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POV Sara:

-Cosa? Rossella è sua sorella?-

Mi limito a guardare Eric, nel pallido tentativo di ricevere una spiegazione da lui che, impegnato a fissare l'uomo, non fa minimamente caso a me.

Le sue sopracciglia si inarcano, creando delle piccole righe, mentre i suoi occhi si spalancano.

< Raul! Cosa ci fai tu qui? >, il suo timbro di voce è calmo, ponderato, tremante e, allo stesso tempo, intimiditorio, come se faticasse ad evitare termini ben più brutali. Quest'atmosfera, così tesa ed elettrica, sembra essere il preludio di una tempesta. Mi si accappona la pelle se osservo chi ho di fronte, perché il suo sguardo è perso nel vuoto ed ha un'aria trasandata: i tatuaggi ricoprono interamente le braccia robuste; i capelli un po' più lunghi del normale gli ricadono sulle spalle; gli occhi grigi sono incavati, la pelle è caratterizzata da un pallore impressionante.

< Sono venuto a farmi un giro e a ricordarti che mi devi dei soldi > lo informa tranquillamente, mentre un sorrisino inquietante spunta sulle sue labbra. Questo ragazzo mi inquieta.

Al suono di queste parole Eric si irrigidisce: i muscoli delle sue spalle si contraggono, le sue mani restano chiuse a pugno e digrigna i denti. I suoi occhi, ridotti a due fessure, pare vogliano fulminarlo. Intenti ad analizzare ogni sua singola mossa, sono fissi sulla sulla figura losca e meschina.

< Tu non farai proprio niente! Te ne andrai da qui, ora! Non è un posto che si addice ad un essere nauseabondo come te! >, fa un passo nella sua direzione. I miei polpastrelli si articolano intorno al suo pugno, riuscendo a bloccare qualsiasi sua intenzione. Gira il capo nella mia direzione con stizza, furioso della mia intromissione e alla silenziosa ricerca di una spiegazione da me.

< E-Eric la-lascia stare > lo imploro, attonita dalla possibilità che si verifichi, nuovamente, quanto successo giorni fa.

Una risata sguaiata, che farebbe gelare il sangue a chiunque, mi distoglie dai miei pensieri.

Appartiene all'uomo.

< Uh, uh, qui le cose si fanno interessanti! La ragazzina vuole evitare che l'amato si cacci in guai seri! >

Eric ringhia concedendosi un sospiro carico di tensione e rabbia.

< Mentre voi discutete, io e Rossella avremo un terzo incontro, a parte l'incontro di ieri, e che incontro! > insinua con enfasi sull'ultima parola. Il suo sguardo è perso nel vuoto, quasi sognante tra i pensieri più oscuri e sinistri. C'è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di inquietante che mi porta ad ipotizzare che il loro incontro non sia stato proprio piacevole.

Il palmo di Eric stringe la mia mano fino a farmi male. Sta cercando di autocontrollarsi. Non importa quanto dolore io provi da questa stretta, non ho intenzione di lasciarla. Qualcosa dentro di me mi spinge a proteggere Eric da questo ragazzo e da se stesso, dalla sua rabbia che preme per uscire.

< Po-possiamo provare a... parlarne civilmente? > propongo con l'unico fine di fermarli. I due non mi prestano la minima attenzione, sembra siano stati catapultati in una lotta all'ultimo sangue, in cui i due duellanti si scrutano per carpire l'uno i punti deboli dell'altro.

< Mi chiedo cosa succederebbe a Rossella se tu... Eric... non saldassi il debito di anni or sono > rimarca sull'ultimo termine.

-Debito? Anni fa? -

Eric scatta nella sua direzione, senza che io abbia il tempo materiale di fermarlo. Lo afferra dalle braccia e lo sbatte contro il pilastro del gazebo. Quest'ultimo attutisce l'urto, socchiudendo gli occhi in un secondo. In seguito li riapre, senza mai perdere quel suo ghigno terrificante e perverso.

Io sobbalzo, perché questa scena è così terribile da mozzare il fiato e seccare la gola.

< Ti avevo già avvertito! Quanto vuoi? Quanti soldi devo darti, affinché tu la lasci in pace per sempre, maledetto? >.

Io resto come pietrificata; tutto questo mi riporta alla mente l'immagine di quella notte: Eric scagliò il bicchiere sul pavimento, in precedenza aveva lasciato l'ospedale senza il consenso dei medici. Questo ragazzo è sempre così controllato, anche quando discute: pare che nulla scalfisca la sua corazza di imperscrutabilità e freddezza. Ora è molto diverso: i suoi occhi sono iniettati di odio come quella volta, incapaci di contenere la sua ira.

< Te lo farò sapere, ad ogni modo... non hai idea... non immagini quanto sia stato bello stringerla tra le mie braccia quella notte, peccato che poi quell'incidente non ci ha permesso di cont... >.

Un pugno di Eric lo stende e si ritrova con il sedere sull'asfalto. Un brivido mi percorre la schiena facendomi trasalire.

-Devo fermarlo! -

Accorro per bloccare Eric e, altrettanto velocemente, le mie braccia stringono la sua vita

Voglio che desista dalla pazza idea di scatenare la sua collera su questo infelice.

< Ti prego, non farlo! Non cedere alle sue provocazioni! >.

Trascorrono minuti interminabili in cui la sua respirazione si attenua. I suoi palmi discostano le mie mani, per poi spingermi di fronte a lui. I suoi occhi, così gelidi e colmi di odio, si soffermano nei miei. Posso leggervi dentro una sofferenza inimmaginabile.

Un colpo di tosse cattura la nostra attenzione. L'uomo si alza a fatica. Eric agisce meccanicamente: delicatamente mi spintona dietro di lui, quasi volesse proteggermi da Raul e dal suo sguardo perverso che infiamma sul mio corpo. Arriccio il naso, perché questo tipo mi disgusta.

< Ti farò sapere quando potremo rivederci. Spero al più presto! > dice e in seguito va via con quel suo maledetto sogghigno stampato in volto. Il nostro sguardo è fermo sul punto in cui è scomparso.

-Tutta questa situazione è troppo per me! Questo ragazzo è fuori di testa! Poteva farsi male, e sul serio! -

< Eric, sei impazzito per caso? Cosa ti passava per la testa quando gli hai dato quel pugno? Perché? E cosa c'entra lui con tua sorella? > le parole escono incontrollate dalla mia bocca come un fiume in pena. Lui, sentendo questo mio sfogo, sembra far caso alla mia presenza. Io resto in attesa di una sua spiegazione, spiegazione che non arriva. Mi volta le spalle e si allontana a grosse falcate, ignorandomi completamente. Io, pur restando distanziata di un passo, lo seguo.

< Quindi? Cosa voleva quell'uomo da te? La donna di cui mi hai parlato... è tua sorella? > domando a raffica. Lui alza gli occhi al cielo e sciocca la lingua, chiaramente scocciato.

< Non è nulla di importante, Sara > mi risponde, atono.

< No-non è vero, quello... tu e lui... tu menti! No-non vuoi dirmi la verità! > farfuglio parole in modo confuso, senza riuscire a costruire una frase di senso compiuto, perché tremo ancora.

< Non sono affari che ti riguardano! Fatti gli affari tuoi! Perché ti interessa tanto dei miei guai? > mi attacca, stufo delle mie intromissioni.

< Beh, io faccio parte di que-questa famiglia; quindi... > tento di fargli capire.

< Non ne fai parte! Tu parli ancora di famiglia... > rimarca con tono sprezzante e sarcastico. Scuote il capo e ridacchia, secondo lui pensarlo è cosa da matti. Ad un certo punto si sofferma a fissare un punto indefinito del prato.

< Qui non c'è nessuna famiglia. Le realtà scomode sono fastidiose e preferiamo non vederle pur di non doverle accettare, ma loro sono sempre lì. Un giorno arriverà il momento in cui non potremo più rifiutarci di vederle e, anche se sono logoranti, bisognerà accettarle > pronuncia enigmaticamente.

< A cosa alludi? >

< Alla nostra "famiglia". Un giorno calerà il sipario e tutti urleranno a gran voce -Signore e Signori... la commedia è finita!- ti immagini le espressioni sbigottite di chi ci conosce? > allude misteriosamente con il suo immancabile sarcasmo pungente, per poi ridere cinicamente. Era da tanto tempo che non risuonava nelle mie orecchie questa sua ironia caustica, quasi maligna. Ora rivedo quella luce sinistra nei suoi occhi. Se penso a qualche minuto fa...

-Dio... era così diverso! Ironico, malizioso, giocoso, spensierato, passionale, magnetico! E ora? Ora è ritornato il ragazzo gelido, tormentato e pieno di rancore! Possibile che coesistano aspetti ed emozioni così contrastanti dentro di lui? -

Deglutisco per poi proferire parola:

< Ad ogni modo lo dirò a John, quello è un delinquente e tu non puoi... > non riesco a terminare la frase, perché Eric mi cinge il polso spingendomi a sé.

< Tu non dirai proprio un bel niente! Sara, non devi ficcare il naso nelle faccende che non ti riguardano! I nostri genitori non devono sapere di Rossella e Raul! Mio padre crede che lei sia a Londra in un college, non deve sapere che io mi occupo di lei! > esclama tutto d'un fiato, quasi fosse terrorizzato all'idea.

< Ma quel ragazzo... Eric, io non posso tacere. Quello è un delinquente, lui... ti prego, spiegami... >

< Ci sono molti più delinquenti di quanti tu creda. E no, non devo darti alcuna spiegazione, non sono tenuto a farlo. Non sei mia sorella, non sei mia madre, non sei la mia ragazza! > mette in chiaro con voce altera, pungente e gelida. Sta cercando di porre distanza tra noi due, perché il muro, che ci divide, inizia ad avere delle crepe.

< Ah, ok. Ma la famiglia... > l'unica cosa che riesco a dirgli.

< Ancora con questa famiglia! Non c'è nessuna famiglia! Tua madre va a letto con mio padre e per questa ragione lui le confida ogni cosa. Ragazzina, cos'è che vuoi? Forse dovrei fare come lui... > si ferma per prendere fiato e schiude le labbra, come se stesse valutando se dire le parole successive.

< Se venissi a letto con te, potresti avere il controllo. Sì, insomma, se tu riuscissi a sedurmi, potresti scoprire tutti i miei segreti e punti deboli. Mi faresti scacco matto! Forse ti converrebbe, sai? > mi dice malignamente e, senza che neanche me ne renda conto, le mie mani hanno già agito lasciando il segno sulla sua guancia. Nulla esce dalla mia bocca, sembra che le parole siano rimaste bloccate sulla punta della lingua. I miei occhi ormai vitrei osservano i suoi di ghiaccio, di solito inespressivi, che in questo momento esprimono rabbia. Solo ora mi rendo conto che questo ragazzo non potrà mai provare dei sentimenti per me e che io provo qualcosa di molto forte per lui. Mi fa molto più male di quanto pensassi. Qualcosa si rompe dentro di me e mi trafigge ripetutamente. Una lacrima silenziosa scende sul mio viso, sbavando interamente il mio trucco e arrossando le mie pupille. Lui si perde ad osservare il mio volto e la sua espressione vacilla, qualcosa oscura il suo sguardo: una luce di malinconia e sorpresa attraversa i suoi occhi.

< La verità è che sono un'ingenua, una stupida che ha creduto che tu fossi diverso. Ma mi sbagliavo... sei un essere ripugnante! Compatisco chi si innamorerà di te. Farlo sarebbe autodistruggersi, sarebbe una disgrazia! > biascico con voce strozzata, singhiozzando, per poi scappare via.

-Vorrei andare su un'isola deserta per non doverlo rivedere! Perché doveva trattarmi così? Perché doveva dirmi quelle cose così cattive? - queste domande mi assillano ripetutamente nelle ore che seguono. Anche quando il matrimonio volge al termine e torniamo a casa, non riesco a pensare ad altro.

Arrivati in villa, io scappo in camera.

Mi lascio cadere sul letto, esausta da questa estenuante giornata. Quando non conoscevo quel ragazzo, era tutto più semplice, perché esistevamo solo io, i miei sogni e Martin. Lui ha stravolto la mia vita.

-Perché doveva essere così crudele? Mi odia? Se mi odia, perché mi ha baciata in quel modo? Perché mi ha detto quelle cose?-

Le lacrime scendono copiosamente sulle mie guance. Affondo la testa nel cuscino, logorata da tutto questo. Cerco di coprirla, nel tentativo di cancellare le sue parole così taglienti, sprezzanti e crudeli. Socchiudendo gli occhi, Morfeo mi accoglie tra le sue braccia.

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Il rumore della sveglia, così massacrante e ripetitivo, mi desta dal sonno. Mi alzo e indosso i primi vestiti che trovo. Oggi non mi importa nulla, non mi importa dei miei capelli che cadono disordinati sulle mie spalle.

Lo sguardo è esausto e arrossato, perché ho pianto per tutta la notte.

< Toc toc! >

Mi volto in direzione della porta che si apre, mostrando Maria.

< Sara, sei pronta? >

Dobbiamo andare al club di tennis del college. Abbiamo sostenuto una prova per entrare nella squadra di tennis, ma non l'ho superata; quindi dovrò fare la racchetta-palle, per ora.

L'erba del campo è così fresca che ne sento l'odore.

Inizio, e... che dire... le ore sono estenuanti. Me ne sto qui, china sulle ginocchia, intenta a raccogliere tutte le palline inimmaginabili e possibili. Una mano si posa sulla mia. La riconosco, è grande e affusolata. Il mio cuore inizia a galoppare mentre alzo il capo e mi accorgo che è proprio lui. Piegato sulle ginocchia, mi aiuta. Mi guarda con la coda dell'occhio, mentre io lo ignoro.

< Dobbiamo parlare > proferisce parola con tono inaspettatamente calmo.

-Non mi interessa! -

< Non abbiamo nulla di cui parlare. Ti ho già detto quello che pensavo. Non mi devi alcuna spiegazione, noi non siamo niente. Lo hai detto tu. > gli ricordo con tono piatto.

< E invece devo e lo sai. Quest'attrazione, che c'è tra noi due, complica le cose e non ti rende lucida in questo momento > mi dice e io, in preda all'agitazione, rido istericamente.

< Io non provo alcuna attrazione per te > metto in chiaro.

< Menti a te stessa, ma sai benissimo che c'è > non demorde.

< Tu sei un essere ripugnante. Tra noi non è successo niente > rimarco sulla parola ripugnante.

-Si merita questo ed altro per quello che mi ha detto! -

Le sue labbra si increspano in un sorriso sghembo, mettendo in mostra delle fossette.

< Ti ripugnavo anche quando mi baciavi appassionatamente stringendo i miei capelli? > mi domanda. Le mie guance prendono colore al ricordo e vado letteralmente a fuoco. Improvvisamente gli dò le spalle, non sapendo cosa dirgli. Fingo di osservare i giocatori.

Lui si accosta a me in modo tale che il suo petto aderisca alla mia schiena. Avverto il suo respiro così caldo sul mio orecchio, ma ciò mi infastidisce. Vorrei che lui sparisse. I suoi palmi sfiorano le mie spalle e io divento più tesa di una corda di violino.

< Non puoi fingere che non sia mai successo, Sara. È successo ed è stato reale. È stato bellissimo come il tuo sguardo in questo momento, mentre cerchi di resistermi >

< Che belle parole. A quante ragazze le dici? E quando ti cascano ai piedi? Prima o dopo? > replico con sarcasmo, incrociando le braccia all'altezza del seno. In seguito continuo il discorso: < Non credere che mi faccia incantare da te, Eric. Le tue parole non mi fanno alcun effetto, perché non mi piaci! >.

< Ah, no, allora perché ieri volevi aiutarmi? >

< Perché... perché no-noi siamo una famiglia e... > balbetto e abbasso lo sguardo. Lui scuote il capo ridacchiando. Lo oltrepasso, o almeno ci provo, perché la sua mano circonda il mio braccio.

< Questa è la storiella che ti piace raccontare agli altri e a te stessa, per non ammettere la realtà. La verità è che trovi più facile fingere, perché hai paura e sei arrabbiata con me > sentenzia e mi spinge tra le sue braccia. Io mi dimeno.

< Sei tu quello che ha paura, paura che si sappia la verità su tua sorella! Tu menti! E preferisci distruggere chi c'è intorno a te, pur di evitare che loro dicano la verità! > controbatto con veemenza.

< Hai ragione > mi risponde inaspettatamente.

< Tu... tu non sei capace di perdonare, ti afferri all'odio per non soffrire! Ti afferri alla freddezza per proteggerti dagli altri! >

Lui seguita dicendomi : < Hai ragione >.

< Tu sei un cinico che non si fida di nessuno, che pensa che tutti siano come lui! > infierisco.

< Sì, sì e sì. Io sono tutto questo! Hai finito ora? Ti sei sfogata? Hai altro da dirmi? Se hai finito, posso parlare >, mi ha fatto sfogare e ora passa al contrattacco con il suo immancabile sarcasmo, anche se, devo ammetterlo, i suoi toni si sono addolciti.

La sua espressione è serena.

-Chissà cosa avrà in mente... -

< Mi hai detto delle cose terribili > gli faccio presente, risentita.

< Lo so, ho perso il controllo. Scusami. Permettimi di spiegarti la verità. Ti prego > mi implora. Non so spiegarne la ragione, ma mi sembra sincero. Ci sediamo sulle sedie, l'uno accanto all'altra. Lui fissa la rete del campo, trae un profondo sospiro e inizia a raccontarmi:

< Rossella è mia sorella minore. Ha 19 anni e ne aveva 9 quando nostro padre ci ha lasciati, per andare a vivere con tua madre e quando... nostra madre... >, deglutisce e dopo prosegue il discorso < Avevo soli 15 anni, ma sapevo che dovevo occuparmi di lei, ero l'unica persona che poteva farlo >.

< E tuo padre? > gli rivolgo una domanda lecita e lui scoppia a ridere.

< Padre... questa parola, se associata a quell'uomo, per me non ha alcun valore. Non si è mai comportato come un padre. Dopo la morte di mia mamma, si limitava a qualche visita. Era solo in grado di mandare soldi, come se il denaro potesse ridarci la felicità! Mio padre crede che il denaro possa comprare la felicità, possa correggere gli errori! Puoi essere ricco, ma sentirti povero dentro! >.

Io non so cosa dirgli, perché ha ragione.

< Mia sorella non voleva vedere la realtà. A 16 anni accettò di incontrarlo, raggiungendolo ad un viaggio di lavoro. Io ero contrario, non volevo che lei partisse sola, ma non potevo lasciare il lavoro, mi avrebbero licenziato e mia nonna era lontana. Lui le promise di vederla, ma... >.

Io afferro la sua mano e gli lascio delle leggere carezze.

< Si dimenticò che lei doveva arrivare quel giorno. Si era confuso con i giorni liberi, o almeno così le disse. Era troppo preso dal lavoro e dalle sue maledette riunioni! Nell'attesa che lui andasse a prenderla, lei rimase sola in stazione e un uomo si offrì di farle compagnia. >

< Che gentile! > affermo con aria trasognante.

< Fin troppo! Quell'uomo era... e-era Raul >

Sono sbigottita e non tardo a manifestarlo: < Cosa! >

< Sì. Era lui. Durante la sua permanenza lì lui andò a trovarla. Le chiese il numero e la loro conoscenza proseguì anche quando lei ritornò a casa. Aveva un grande interesse, vero? Un grande amore, no? Peccato che il suo grande amore avesse il profumo del denaro! Denaro per comprare quella maledetta droga! Feci di tutto per farla ragionare, ma lei era completamente plagiata da quell'essere. Un giorno... >

Si blocca non riuscendo più ad articolare neanche una sillaba, affondando una mano nei capelli.

< Raul le chiese di andare insieme ad una festa, erano tutti ubriachi e strafatti. Rossella volle andarsene, ma Raul non fu della sua stessa idea. Era completamente strafatto anche lui. La costrinse ad andare con lui in auto. Perse il controllo dell'auto e... >

Una scossa mi attraversa.

< E? Co-osa? > incalzo, agitata e tremante.

< E in un attimo l'inferno > conclude.

Restiamo in silenzio per alcuni minuti.

Non oso immaginare cosa abbia dovuto patire. Il suo volto è il ritratto della sofferenza: il suo sguardo è fisso nel vuoto, le sue mani tremano, le lacrime sgorgano sul suo viso e respira affannosamente. Il suo corpo sembra sia preso da tremolii incontrollabili.

< Io ho reagito in quel modo, perché non volevo che tu ne parlassi con loro. Nessuno sa che mi occupo di lei. Le sue condizioni non sono ottimali, ma l'importante è che sia viva! >

< Sì, questo è l'importante! > le uniche parole che escono dalla mia bocca, mentre mi alzo.

Lui mi segue a ruota e afferra il mio avambraccio, lo sfiora con dolcezza.

< Sara, volevo chiederti scusa. Ho reagito così, perché ero furioso e temevo che tu dicessi la verità. Mio padre non se n'è mai preoccupato, l'ha spedita a Los Angeles in una clinica e ha pensato che in seguito all'incidente i suoi problemi psicologici fossero risolti. Se sapesse che i suoi problemi non sono risolti neanche ora, potrebbe compromettere ulteriormente la sua condizione psichica. È solo un egoista! Lui... > parla a macchinetta per la prima volta. Io mi fiondo tra le sue braccia e avvolgo il suo petto in un caldo abbraccio. Gli accarezzo le spalle e lui serra gli occhi per alcuni minuti. Aumenta la presa sulla mia maglia, preso dalla paura che io lo lasci. Non credo di poter dimenticare quello che mi ha detto, ma....

-Cosa mi accade? In questo momento non riesco ad essere rigida! -

Seppur io non sappia spiegarne il motivo, di fronte al suo sguardo sofferente e malinconico tutto perde valore, anche quello che è successo ieri.

Si abbandona completamente a me, desideroso di avere un po' di pace.

La sua stretta è così forte e, allo stesso tempo, delicata, come se io fossi una cintura di sicurezza, pronta a proteggerlo dal mondo e a fargli dimenticare, almeno per un attimo, i problemi che lo affliggono.

Ho come la sensazione che da questo abbraccio lui cerchi la forza per andare avanti e diventare sempre più forte. Approfitto di questo suo momento di fragilità per bearmi del suo calore. Mi rattrista osservare lo stato in cui riversa. Mi assale un moto di tenerezza nel vederlo così vulnerabile e in cerca di protezione, perché mi fa pensare che anche lui provi dei sentimenti e sia in grado di amare. A volte mi sembra che lui abbia paura delle emozioni, perché non vuole risultare debole. Occasionalmente è bello scorgere cosa si cela dietro la sua maschera di uomo freddo, altero, cinico e impenetrabile. Ammiro la sua forza, la sua tenacia, la sua audacia, la sua determinazione; sono stati l'energia che gli ha permesso di afferrarsi alla vita, di difendersi dai suoi nemici con aggressività e di proteggere chi ama. Allo stesso tempo sono attratta da questo suo lato incredibilmente dolce, umano e quasi fragile.

< Grazie > sibilla. Le sue labbra si posano sulla mia guancia, lasciando su di essa un bacio. Me ne dà altri su tutto il viso con molta tenerezza e io resto come pietrificata sul posto, perché non so cosa fare. Quando le avverto, così calde e umide sulle mie labbra, trasalisco, perché questa volta danno inizio ad un gioco dolce e sensuale. La sua lingua si insinua lentamente nella mia bocca, prendendo a giocare con la mia. Mi da' una sensazione di benessere e piacere che mi rilassa.​

Questo momento è diverso dagli altri, perché questo bacio è differente dai precedenti: stento a crederlo, ma è uno di quelli dolci, casti, delicati, che accarezzano la tua anima per paura di corromperla e sporcarla.


ANGOLO AUTRICE:
La corazza di Eric sta crollando giorno dopo giorno, mostrando tutto quello che ha dentro.

Se vi va, lasciate una recensione. Un bacio.

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