capitolo 2: ho volato con le ali di Icaro

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[ Icarus; di Jeremy
Zucker nei media ]

[ Icarus; di Jeremy Zucker nei media ]

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Kim Namjoon.

[...]

L'assordante rumore della sveglia interruppe il silenzio che regnava in quel piccolo appartamento, non appena le lancette segnarono già le sei del mattino. La mano che era sbucata dal piumone vagava sul comodino e solo dopo aver gettato per terra sbadatamente il telecomando della TV riuscì finalmente ad aggrappare quell'oggetto infernale e a premere sul tasto "muto". Controvoglia, il giovane si mise seduto sul bordo del letto e sbadigliando si stiracchiò le braccia e il collo; doveva destarsi al più presto ed essere pieno di forze per quella giornata tanto importante. Si diresse in tutta fretta verso il bagno, aprí il rubinetto e si sciacquò il viso ancora tutto intontito con dell'acqua fredda; decise di farsi una doccia veloce e saltare quindi la colazione, o avrebbe finito per perdere la metro- che tra l'altro sarebbe partita tra esattamente 20 minuti - e non poteva assolutamente permettersi di tardare proprio quel giorno. Si guardò allo specchio, cercando di farsi il nodo alla cravatta, ma dopo svariati fallimenti e imprecazioni optò di lasciarla appesa alla testiera del letto e prendere la valigetta sulla scrivania. Tanto non si abbinava al vestito, pensò mentre scendeva rapidamente le scale.

La metropolitana di Ilsan era a pochi metri da casa sua e di fatti, dopo aver svoltato alcuni incroci, si ritrovò già sul binario ad aspettare il mezzo su cui a poco a poco sarebbe salito, mentre intanto continuava a ripetersi in mente il discorso programmato la sera precedente che avrebbe potuto usare durante il colloquio di lavoro verso cui era diretto in quella soleggiata mattina primaverile.
Arrivato a destinazione, mise finalmente piede sulle strade della città di Seoul: erano passati così tanti anni dall'ultima volta che vi fu. Non poté difatti negare quel senso di nostalgia che gli alti palazzi e i diversi negozi gli trasmettevano.

Gli mancava Seoul, lo ammetteva, ma troppi pessimi ricordi lo convincevano che la decisione di andarsene da lì e di ritornare alla sua città natale era stata la migliore mai presa in tutta la sua vita. Eppure fu buffo come adesso si ritrovasse ancora una volta nella capitale, a causa del lavoro. Controllò l'orario sul suo orologio da polso e avanzò il passo, abbandonando quei pensieri pieni di rimpianti e concentrandosi solo su ciò che avrebbe dovuto affrontare a breve. Giunse fuori la porta di vetro dell'alto edificio e dopo diversi secondi di esitazione si fece coraggio ed entrò, prendendo posto nella sala d'aspetto e iniziando a nutrire un sentimento di ansia dentro di sè. Ogni volta che Namjoon provasse una preoccupazione del genere, mordicchiava insistentemente le pellicine dei suoi pollici e ticchettava senza ritmo su qualcosa, in questo caso sulla sua vecchia valigetta di pelle sintetica. Qualcuno in fondo alla stanza lo invitò ad entrare nell'ufficio e cosí fece, prendendo un lungo sospiro e incrociando le dita: aveva bisogno assolutamente di essere assunto a quella facoltà come insegnante o sarebbe restato un professore di biologia disoccupato a vita.

«La chiameremo al più presto » questa fu l'ultima frase pronunciata dal vicedirettore di quella prestigiosa università, con il solito tono scoraggiante che riduceva sempre di più le speranze del ventiseienne, il quale oramai ci aveva fatto l'abitudine.
Ma nonostante tutto non riusciva a mollare la presa e attendeva di ricevere finalmente una cattedra tutta sua, per poter iniziare un nuovo capitolo della sua vita. Puntava in alto Namjoon, lo aveva sempre fatto, e fu proprio quel suo voler soddisfare tutte le sue aspettative e quelle degli altri ad averlo fatto precipitare.
Chissà cosa avrebbe pensato sua madre se solo avesse scoperto di come il suo caro primogenito conducesse adesso la sua vita, per non parlare di cosa fosse successo invece alcuni anni prima.

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