Questa storia è molto importante per me, ci ho messo tutta me stessa a scriverla parecchio tempo fa ed ho deciso solo ora di pubblicarla anche su Wattpad.
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Sarà strutturata in modo diverso dalle altre fan fiction.
Innanzi tutto sarà divisa in t...
Angolo dell'autrice: La sfida è conclusa, Light è morto, molti membri sono scappati, ma... Qualcosa è andato storto giusto? Beh ecco qua il penultimo capitolo della saga, godetevelo. Ah a proposito, in questo capitolo scoprirete qual è il problema cardiopatico di cui parlo sempre...
Buona lettura ^-^
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Erano solo loro quattro, il corridoio era deserto a quell'ora. Era l'alba, il sole stava iniziando a illuminare il paesaggio sia esterno che interno penetrando dalle ampie finestre.
Lodovico era seduto su una delle sedie, come gli altri due, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani che gli coprivano il viso. Nella sua mente scorrevano le immagini di quella maledetta notte e di ciò che li aveva portati in quel corridoio freddo e desolato.
Era stato il caos più totale fin da quando entrarono nel corridoio, ma l'apice di tutto fu quando comparvero quei cinque. Non li aveva mai visti, ma due in particolare li avevano quasi messi alle strette: l'uomo con i capelli lunghi e gli occhi di ghiaccio e quella ragazza, tanto bella quanto perfida. Appena era comparsa lei si era scatenato l'inferno.
La bionda però sembrava poco interessata agli altri, la sua attenzione era tutta diretta all'unica persona che lui conosceva un po'di più in quel gruppo.
Il momento critico arrivò quando la ragazza, in italiano, lanciò quell'urlo.
«Tu non sei mai stata mia amica!» e subito dopo si sentì lo sparo.
Tutti si girarono, compreso lui. Ebbe appena il tempo di vedere le due ragazze una di fronte all'altra, le pistole puntate verso la rivale, poi una delle due si accasciò. Il fratello si buttò sul corpo della ragazza urlando disperato, così Hakuba lo dovette spostare con la forza.
Solo a quel punto si avvicinò anche lui, strappò con i denti una striscia di stoffa dalla sua camicia e cercò di bloccare la ferita. Era viva, ma non sapeva per quanto.
Non passò molto che tutto finì, ma il pezzo della sua camicia azzurra annodato al petto della ragazza si stava già tingendo di rosso.
Aprì gli occhi, non voleva più vedere quella scena. Si guardò di fianco, desolato, non sapendo cosa fare. Gabriele era seduto vicino a lui, i piedi sulla sedia, le ginocchia al petto e la testa poggiata su di esse. Kaito, invece, sembrava l'unico che non riusciva a trattenere il nervosismo, camminava avanti e indietro per il corridoio ormai da più di un'ora e non riusciva a darsi pace.
Il giovane detective si alzò dalla sua sedia e lo bloccò.
«Kaito ascoltami, ce la farà! È una ragazza forte, non si è mai arresa, ha sempre combattuto per ciò che voleva. Vincerà anche ora!» concluse i suoi occhi azzurri guardavano quelli molto simili del suo più grande rivale.
«Grazie Kudo...» disse mettendogli una mano sulla spalla e sorridendogli, non appena gli diede quella risposta la porta di fronte a loro si aprì e ne uscì il dottore.
Gabriele alzò di scatto la testa, mentre Lodovico si alzò in piedi.
«Il proiettile è stato rimosso e non è più in fase critica, fortunatamente la ragazza ha una forte tempra. Comunque sia se non aveste bloccato subito l'emorragia e non l'aveste portata qui, probabilmente non ce l'avrebbe fatta. Più che altro credo ci siano dei problemi per quanto riguarda la sua cardiomiopatia ipertrofica, per un attimo abbiamo avuto paura che...»
«Cardio-cosa?» chiese Kaito confuso, quelle parole non significavano nulla per lui, ma a quanto pare qualcun altro le comprese, perché il sedicenne si alzò in piedi di scatto.
«C'è stato qualche problema dottore?»
«No, nessuno, ma abbiamo avuto paura che lo spavento potesse aver provocato qualche danno. Il suo problema è molto particolare.» rispose l'uomo in camice.
«Lo so benissimo... – rispose il ragazzino toccandosi il petto – Grazie dottore.» concluse, e questi gli rispose con un cenno di testa, per poi allontanarsi.
«Cos'è questa cosa della cardio...?» chiese Kaito voltandosi verso Gabriele.
«Cardiomiopatia ipertrofica, più comunemente conosciuta come ipertrofia. Io e mia sorella siamo ipertrofici, abbiamo la parete di uno dei ventricoli del cuore più spessa, perciò rischiamo più di altri aritmia e tachicardia.» rispose risoluto.
Ci fu un intero minuto di silenzio, poi uscì la barella e tutti si paralizzarono. Era lì, sdraiata, pallida.
«Uno di voi può rimanere la notte, – disse l'infermiera – la porteremo nella stanza dodici del secondo piano.» concluse, dopodiché si allontanò con la collega e la ragazza sulla barella.
Aspettarono tutti che si allontanassero di molto e sparissero dietro l'angolo.
«Puoi rimanere tu Gab, in fondo è tua sorella.» disse Kaito abbassando lo sguardo, ma il sedicenne si avvicinò a lui e gli poggiò una mano sulla spalla.
«No Kaito, io sono stato lontano da lei per un sacco di tempo, posso aspettare un altro giorno. Lei ha bisogno di te...»
Era finalmente seduto, ma non per questo si sentiva rilassato. Era per la seconda volta in pochi mesi in una stanza d'ospedale con lei. Lei, che però questa volta era priva di sensi. Le coperte tirate fin sotto le ascelle, le braccia fuori di cui quello sinistro attaccato alla flebo. Pallida, persino le sue labbra che erano sempre rosee, in quel momento gli sembravano chiarissime.
«Non mollare piccola mia...» sussurrò stringendole la mano.