Capitolo 9

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JASON

Sentii qualcosa dimenarsi al mio fianco e mentalmente imprecai per quell'intrusione nel mio letto. Sollevai un occhio stanco e dalla mia posizione a pancia in giù riuscii a vederla. Era accanto a me e dormiva.
I suoi capelli scuri ricadevano sul cuscino in modo disordinato, le labbra carnose semiaperte e il volto sereno, come quello di un bambino che vive di serenità e gioia, senza pensiero alcun e senza problemi da dover affrontare.

Mi sistemai sul letto, intenzionato a guardarla con più attenzione. L'avevo notata fin da subito alla Loggia, avevo seguito i suoi movimenti, i suoi gesti e le sue espressioni con attenzione, pur rimanendo in disparte, celato in un velo di oscurità e disinteresse. Era semplice, genuina e ricca di valori che io avevo gettato nel cesso tanti anni fa. La ammiravo e desideravo con tutto me stesso che quella ragazza non cambiasse mai.

Sbuffai quando un calcio prepotente si scagliò sulla mia gamba.
Non riuscivo a dormire con qualcuno accanto, figurarsi con chi tirava calci...
Scesi dal letto e infilai i pantaloni di una tuta grigia e una maglia a maniche corte nera.
Passai le mani più volte tra i capelli e mi voltai a guardarla un'ultima volta. Era bella, cavolo se lo era, ma non avrebbe funzionato, non con la Loggia alle calcagna, non con il mio passato che bussava insistentemente alla porta del presente.
Sospirai uscendo dalla stanza e con in mano un pacchetto di Marlboro. Scesi le scale a passo lento giungendo in cucina, dove Seth era intento a preparare il caffè.

«Buongiorno, tutto bene?» Domandò facendomi alzare gli occhi al cielo. Le domande al mattino erano peggio delle bollette a fine mese.

«No, quella schizzata si agita troppo...» Sbottai infastidito accendendo la cicca. Improvvisamente quei capelli scuri sul cuscino riaffiorarono nella mia testa e quelle labbra carnose tornarono a invadermi la mente facendomi sorridere.

«Ehi, non qui. Conosci le regole», mi rimproverò facendomi roteare gli occhi.

«Perché?» Gli chiesi tirando la sigaretta e lasciando che il sapore mi invadesse.
Seth mi guardò confuso e poi spalancò le braccia.

«Sono le regole.»

«No, perché ti ostini a scassare le palle di mattina?» Borbottai scontroso ottenendo in risposta una risata sarcastica.

«Sei molto simpatico oggi. È Ruyal che ti rende così spiritoso?» Azzardò spavaldamente.

«Non dire cazzate.»

«Colpito!» Sghignazzò facendomi innervosire.
Stava pensando cose irrealizzabili. Si era fissato su me e Ruyal e la cosa mi infastidiva parecchio, perché io stesso sapevo che non sarebbe stato possibile; la mia vicinanza avrebbe finito per macchiare quell'anima di luce pura, sarebbe bastata una singola goccia di male per far sì che quel candore venisse contaminato assumendo un colore grigiognolo. Sospirai al pensiero delle cose che mi aveva detto al ritorno dalla discoteca. Quelle parole mi avevano reso difficile il sonno, eppure era stata l'unica notte in cui gli incubi non erano comparsi ed ero riuscito a dormire serenamente. Era un raggio di sole nella mia buia esistenza, ma non potevo permettere che quel raggio si oscurasse a causa mia, non me lo sarei mai perdonato.

«State fraintendendo tutto», mi difesi andando verso la porta di casa. Ne avevo abbastanza di quella situazione.

«Dovremmo pensare a Edoardo invece di perdere tempo dietro a queste stronzate. Quella ragazza non è di mio interesse.» Mi fermai davanti alla porta. Seth mi seguì con aria stanca e incrociò le braccia al petto assumendo un'espressione seria in volto.

«Tutto questo per via di ciò che ti è successo? Temi per lei?» Continuò, mentre infilavo il giacchetto di pelle senza degnarlo di uno sguardo. Cazzo se mi conosceva.

COVERT- nell'oscurità dei suoi occhi (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora