7. Trentaquattro settimane prima

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Essa ha l'oro nei capelli, labbra rosse come rosa... e il sonno eterno essa riposa

Charles Perrault 

Lucia osserva il corpo sotto la tenda a ossigeno, il respiro è regolare, per gli strumenti tutto è a posto. L’espressione sul viso della donna in coma è quasi distesa. Non sembra stia lì così da circa un anno, da quando ebbe quell’incidente in auto: allora era la fidanzata di chi è diventato suo marito poco più di un mese fa.

Ricorda ancora quando, per la prima volta, scese le scale che portano al seminterrato, quando fu accompagnata in quella stanza illuminata solo dal riverbero dei monitor. 

– Vedi, Lucia, sposando me t’impegnerai a prenderti cura anche di lei. – le disse il futuro marito – Dovrai sorvegliarla sempre, somministrarle i farmaci che ti dirò, accudirla come ti mostrerò.

Potrebbe non essere per molto tempo.

Potrebbe lasciarci da un momento all’altro, ma glielo devo. Te la senti?

Le raccontò di quanto si sentisse in colpa per aver ridotto quella donna così, per averle chiesto di raggiungerlo all’aeroporto in piena notte, quando forse poteva dormire in albergo. Ma lei lo amava, lo adorava sopra ogni cosa e non se lo fece ripetere due volte.

Quella notte un’auto di ritorno dalla discoteca uscì da una via secondaria a fari spenti, tagliandole la strada: l’impatto fu terribile.

Gli esami di routine effettuati sul conducente rivelarono che era sotto l’effetto di pesanti stupefacenti, questo non attenuò affatto il senso di colpa di Andrea, che continuò a sentirsi l’unico responsabile dello stato vegetativo nel quale era caduta la sua amata.

Quando fu chiaro non ne sarebbe mai più uscita, decise che se ne sarebbe occupato lui.

Contando sulla propria fama, su debiti di riconoscenza che vantava presso numerose case farmaceutiche e strutture sanitarie, allestì quella stanza al solo scopo di poterla tenere accanto a sé sino a quando avesse esalato l’ultimo respiro. A lungo si era avvalso di personale a pagamento, del quale però non si fidava e che non poteva vegliare ventiquattro ore al giorno. Aveva bisogno di qualcuno su cui poter contare davvero.

Anche Lucia aveva sentito di amare quell’uomo sopra ogni cosa e fu felice di accettare, di essere parte di quel gesto così nobile. Non sapeva che stava deliberatamente rinunciando alla propria libertà. 

Ora vorrebbe passare la sua mano tra quei capelli scuri sparpagliati sul cuscino attraversati da rari fili argentei, ma sa che non può farlo. E allora si limita a guardare e a sognare.

Sognare il giorno in cui quella donna si sarebbe risvegliata o fosse morta per sempre, restituendole la sua vita.

Sorride.

Un sogno, appunto.

Non svegliarmiWhere stories live. Discover now