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minho aveva trascinato bruscamente jisung dentro a quel negozio, afferrandolo per il polso e facendolo gemere dal dolore per la presa forte, ma poi stette zitto per paura, quasi.
« dove dobbiamo andare? se stringi così mi uccidi » aveva borbottato, una volta entrati in quel negozio, nel mentre si guardava intorno spaesato.

amava andare a fare compere con felix, sì, ma felix era felix e minho il ragazzo che stava mettendo in subbuglio la sua convinzione eterosessuale; di certo non era tranquillo con lui al proprio fianco, per niente. avrebbe preferito incontrare un alieno e litigarci parlando in un napoletano antico.
« hai ascoltato ciò che ho detto prima, moccioso? » lo riprese l'altro, dirigendosi a passo veloce (senza mai mollare la presa sul polso del ragazzo) verso i camerini, e jisung annuì.

« sì ma stavi scherzando... » in cambio non ricevette nulla, solo un'occhiata gelida che lo fece tremare – « aspetta... hyung, stai facendo su– sul serio? » e si strozzò con la propria saliva.
lui, in gonna?! un sorriso disperato si dipinse sul proprio volto, soprattutto quando il maggiore lo spinse nel camerino senza lasciarlo parlare; « non muoverti, jisung. se lo fai t'ammazzo ».

e stava tremando, in quel momento, la sua fine era giunta e s'era scavato la fossa con le sue stesse mani. c'era qualcuno più stupido di lui, no?
il panico arrivò nel momento in cui aveva costatato che ciò sarebbe successo davvero e tirò un urlo, più un semiurlo, preso dalla disperazione mentre sul suo volto si dipingeva l'orrore dell'urlo di munch.

prese il telefono e compose il numero della polizia, ma poi realizzò fosse quella italiana e che lui viveva in corea del sud e al momento era sperso nelle montagne di heidi.
« sono... sono– sono spacciato... »

nel frattempo, un esemplare di lee minho curioso come non mai stava guardando le gonne di quel reparto, fantasticando su come potessero stare addosso al minore.
da un po' a quella parte nella sua mente (solitamente stanca per pensare agli affari altrui o addirittura agli altri) aveva cominciato ad immaginarlo con addosso abiti, gonne, e questo non faceva altro se non rovinare la sua sanità mentale.

quando l'aveva visto con quei capelli biondi, la prima volta, stette circa mezz'ora a guardare e riguardare quella foto e si dispiacque quando chan gli riferì della tinta scura che s'era fatto, ovviamente per colpa sua.

stava tranquillamente osservando le gonne, con sempre più pensieri oscuri che si facevano spazio nella sua mente altrettanto oscura, seppur il suo volto faceva trasparire un'espressione maledettamente paurosa con tanto di ghigno, quando sentì una voce stridula conosciuta.

non ci fece caso, a primo impatto, continuando ad afferrare le gonne che più gli piacevano senza mai distrarsi, e la concentrazione di lee minho non ce l'aveva nessuno; ma la sentì di nuovo, e di nuovo ancora, e storse il naso. era una voce femminile.
non sapeva quando aveva sviluppato quest'odio così represso verso il genere femminile, era sicuro di non odiarle ma sicuramente non provava attrazione ma jisung gli aveva detto più volte di essere etero, quindi lo era pure lui.

non voleva stare con una ragazza, al solo pensiero preferiva digiunare per quaranta giorni o lavorare come netturbino, ma dubitava che lo scoiattolo volesse stare con lui, quindi se n'era fatto una ragione e continuava a vivere la sua vita senza recare fastidio al primo.

« huh... che bella questa gonna... » al sentire di quella voce gelò sul posto, maledicendo i santi e i discepoli – nemmeno quando era stato trascinato in un'aula vuota da una ragazza che non conosceva aveva maledetto dio così.
chou tzuyu, in carne ed ossa, stava guardando con fare curioso il reparto opposto a quello di minho; peccato che la sua vocina stridula si sentisse a kilometri di distanza.

« dio santo » borbottò il diciottenne, affacciandosi di poco per vedere quanto realmente fosse in pericolo: la ragazza aveva due trecce che le legavano i capelli e una camicetta rossastra addosso – « ma come si è vestita? ».

aveva sperato di non incontrare nessun essere disturbante nel corso di quei pochi giorni, ma sapeva di aver sempre invocato dio fin troppo spesso e che le possibilità che venisse ascoltato erano fin troppe poche. diamine, c'aveva sperato.
e sì, c'aveva sperato davvero; presto tzuyu si girò, forse doveva passare nel reparto che minho e altre ragazze ingombravano, e i loro sguardi s'incontrarono.

minho è sempre stato descritto come un ragazzo privo di emozioni, più volte le persone in corridoio parlottavano tra di loro quando il moro passava, fregandosene potesse sentirli.
eppure, in quel momento, l'uomo privo di emozioni stava pregando con paura di non essere visto da quella ragazzina che odiava.

l'uomo dal cuore di ghiaccio, colto alla sprovvista e col cuore che batteva forte contro la cassa toracica, s'affrettò a spiaccicarsi i molteplici tessuti sulla faccia e a fingersi un manichino (più che manichino, pareva una nuova creazione artificiale della scienza: un manichino movente, dato che stava fuggendo verso i camerini con una fretta che pareva non appartenergli.

sapeva d'aver compiuto innumerevoli peccati nella sua vita, come quando aveva ucciso una rana perché non spiaccicava parola e si sentiva alquanto solo; o come quando aveva fatto a botte con un ragazzo più grande di lui, al quarto anno, solo perché gli aveva sfiorato la spalla, ma sapeva anche di non meritarsi una tale punizione.
« hyung? perché hai il fiatone? » la vocina di jisung, incuriosita e a tratti tremolante perché conosceva il suo destino, lo interruppe dal traffico di pensieri omicidi nei confronti della donna – « tutto– tutto okay? vuoi che io ti aiuti? »

ed era così bello, realmente; minho, nei diciotto anni della sua vita, non s'era mai interessato a qualcosa per il semplice fattore di non soddisfarsi con niente, ma le labbra di jisung erano divenute in così poco tempo una dipendenza – e ben presto, fregandosene delle gonne che lasciò scivolare dalle sue mani – le fece scontrare con le sue.
han jisung squittì dalla sorpresa, facendo ridere di poco il maggiore che ne approfittò per afferrarlo per le cosce e per farlo sbattere contro quelle mura abbastanza pulite (parola chiave: abbastanza), ma non si perse d'animo nel ricambiare quel bacio che di malizia non c'aveva un bel nulla.

è strana, forse, l'idea di vedere un uomo reputato dagli altri maligno donare un amore così buono, puro, ad un qualcuno che non è destinato a diventare la sua metà, ma i pensieri dei due erano stati arrestati di fretta e furia per dare spazio ad un effimero scontro tra bocche fameliche.
« hyung » borbottò jisung, staccandosi dal bacio quando sentì l'aria mancargli e le sue guance rosse ne erano la dimostrazione, affrettandosi ad incontrare gli occhi di lee minho, e diamine, mai aveva visto degli occhi brillare così tanto.

« sì, principessa? » soffiò l'altro, poggiando la propria fronte contro quella del minore e mantenendolo per le cosce (in verità era anche una scusa per toccare il suo sedere, ma non ammettiamolo ad alta voce), non si lasciò scappare nessun dettaglio di quel faccino più giovane del suo: han jisung era arte, o forse era l'arte ad essere han jisung, probabilmente era uno dei pilastri principale e ad averlo realizzato era stato un pittore, pensava minho, altrimenti non si sarebbe spiegato il perché di tanta bellezza in un misero essere umano.

« ti odio » brontolò, storcendo il naso ma affrettandosi a lasciare un bacio veloce sulle sue labbra, poi però il disappunto aumentò quando minho lo fece scendere e si ritrovò privo del suo calore – « ora ti odio ancora di più, lo sai? » chiese, incrociando le braccia al petto.
s'era scordato, per qualche minuto, del perché fossero giunti in quel negozio e delle intenzioni malsane di lee minho (dagli amici soprannominato come uomo nero); « hyung, ma tu... fai sul serio? » chiese, la voce tremolante nuovamente ma per via della paura questa volta, osservando le gonne posate in modo incurante sul pavimento perlato.

« sì, perché? me l'hai promesso » gli disse minho, alzando gli occhi al cielo come se fosse la cosa più ovvia, per poi raccogliere la rappresentazione di tutti i suoi sogni erotici: la gonna di jeans.
« h– » ma le parole gli morirono in gola, anche se faticò persino a deglutirle per il groppo di terrore che andava ad aumentare man mano, mentre osservava il ragazzo avvicinarglisi – cosa poteva fare? han jisung, sedici anni, era spacciato.

FALLING IN LOVE WITH LEE MINHO, minsungWhere stories live. Discover now