XXXVII

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Qualcosa non andava.

Erano quelle le parole che continuavano a ripetersi nella sua mente, quelle che gli sussurrava il vento da qualche giorno. In quell'ultimo breve periodo di tempo, aveva come l'impressione che la sua vita procedesse al rallentatore, come se tutta la città fosse stata coperta da un velo di gelida calma, carica di una tensione così viva da fargli irrigidire ogni muscolo che aveva in corpo.

Aaren non ne poteva più. Persino le sue emozioni, quella rabbia violenta e disperata che l'aveva colto la mattina in cui tutto era iniziato — o finito, a seconda dei punti di vista — si era raffreddata con il passare delle ore, riempiendogli il petto di ghiaccio impenetrabile.

Non ne poteva più di Neal, che aveva iniziato a guardarlo con irritante preoccupazione, come se si aspettasse di vederlo esplodere da un momento all'altro. Non ne poteva più di Lyndhurst, che aveva deciso proprio in quegli ultimi giorni di riempirsi di persone così fastidiosamente sorridenti e allegre da fargli saltare i nervi. Non ne poteva più del silenzio di casa sua, dove ogni angolo su cui posava lo sguardo gli ricordava lei, le sue labbra, le sue carezze... e il fatto che se ne fosse andata.

Aveva passato i primi giorni nella foresta, animato dalla forza della disperazione e da una furia tanto profonda da farlo tremare fin dentro le ossa. Si era convinto di aver bisogno di solitudine, di dimenticare, ma solo quando era tornato a casa, quando aveva aperto la porta e un senso di delusione gli aveva scosso il petto, aveva capito che, in fondo, una piccola parte di lui si aspettava di trovare una figura conosciuta seduta sul divano, con un libro sulle ginocchia e un sorriso luminoso che gli dava il bentornato.

Erano trascorsi quattro giorni, da allora.

Ora, a mente fredda, ciò che lo metteva in allerta era proprio la totale mancanza di sensazioni, di emozioni. Aaren lo sentiva, quel legame indissolubile che si era instaurato tra loro. Sapeva che c'era, che nulla era cambiato, eppure dall'altra parte del filo non proveniva altro che  silenzio. Un silenzio così paradossalmente assordante da procurargli un gran mal di testa.
Com'era possibile che non riuscisse a percepire nulla?

All'inizio, Aaren aveva temuto che potesse esserle successo qualcosa, che Lilian fosse in pericolo, ed era quasi impazzito quando aveva preso in considerazione quell'idea. C'era voluto tutto il suo autocontrollo, prima di ricordare che in quel caso, lui l'avrebbe percepito, avrebbe sentito il suo dolore espandersi in ogni fibra del suo corpo e l'avrebbe condiviso insieme a lei fin quando non fosse cessato. In qualunque caso, il vincolo tra di loro lo avrebbe avvertito.

Eppure, ancora non riusciva a comprendere. Il suo sesto senso, quell'istinto sovrannaturale di cui era dotato il suo lato bestiale, lo metteva in allerta, facendo risuonare nella sua testa un campanello d'allarme.

Perciò, sì, decisamente qualcosa non andava. E il fatto di non riuscire a capire di cosa si trattasse lo stava facendo andare fuori di testa.

Un ringhio soffocato gli fuoriuscì dalle labbra, mentre camminava per le strade di Lyndhurst. Era così da un paio d'ore, più o meno, e dal momento che Neal l'aveva temporaneamente cacciato dalla foresta e che tornare a casa non era un'ipotesi contemplabile, aveva finito con il vagabondare in città come un'idiota. Continuava a guardarsi attorno con sguardo attento e diffidente, fregandosene delle occhiate circospette dei passanti, o dei brividi di paura che provocava quando il suo sguardo ostile si posava su di lui.
Non aveva idea di cosa stesse cercando così disperatamente, né perché lo stesse facendo. Sapeva solo che una forza inspiegabile dentro di lui lo spingeva a continuare a camminare ed osservare, come se il suo corpo non fosse altro che una marionetta controllata da fili invisibili.

Nella tasca dei suoi jeans, il cellulare iniziò a vibrare. Aaren imprecò, afferrando quell'aggeggio con un gesto impaziente e scoccando un'occhiata di sufficenza al nome che lampeggiava sul display.

Moon Mates - Luna NuovaWhere stories live. Discover now