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LUCAS

Mh, che buon profumino.
Un buon profumo di arrosto invade le mie narici. Inspiro profondamente chiudendo gli occhi.
"Lulù, sei tu?", una vocina flebile e leggermente arrochita per l'età parla dalla cucina del piccolo appartamento che condivido con la mia dolce nonna.
"Sì, nonna, sono io. - mi avvicino a lui e le lascio un bacio sulla fronte, abbassandomi un bel po', data la sua bassa statura - quante volte di ho detto di non chiamarmi in quel modo?", in realtà, non mi dispiace che mi chiami così. E infondo, lo sa anche lei. È da quando sono nato che mi chiama Lulù, non so bene il motivo.
"Dai, Lulù, è pronto l'arrosto"
"So che mi hai sentito nonna", la punzecchio, nascondendo un sorriso.
"Sì, ti ho sentito Lulù", e mi lascia un piccolo buffetto affettuoso sulla guancia.

"Era buonissimo l'arrosto, nonna", butto giù l'ultimo boccone e pulisco gli angoli della bocca.
"Allora, com'è andata la tua giornata?", mi chiede posante le posate dentro al suo piatto.
"Bene, oggi è stato il primo giorno e di solito il primo giorno non si fa nulla di speciale"
Nonna Grace è l'unico pezzo di famiglia che mi è rimasto. Io sono l'unico pezzo di famiglia che le è rimasto. Abbiamo sofferto entrambi: lei per sua figlia, io per mia madre.
Mi ha cresciuto lei. Non mi ha fatto mai mancar niente, e anche adesso, che ho ventiquattro anni, mi cucina il pranzo e la cena. Si occupa della casa. Quando le dico di riposarsi e lasciar perdere mi incenerisce con lo sguardo. È la persona più importante della mia vita.
Quando ho iniziato a lavorare come insegnante, ho iniziato anche a cercare una nuova casa da condividere. Non l'avrei lasciata sola per niente al mondo. Dopo varie ricerche ho trovato questa casa dove viviamo adesso: ha una bella porta blindata in legno massiccio; all'ingresso c'è un ampio specchio dalla cornice antica, anche essa in legno, con cui si ci puoi vedere a mezzo busto. A dire il vero, una persona che non supera il metro e settanta può vedersi fino alla spalle. Io riesco a vedermi solo le spalle.
Subito dopo la porta di ingresso sulla sinistra c'è l'ampia sala da pranzo, che non venendo mai utilizzata perchè non abbiamo mai degli ospiti, è stata trasformata in una stanza cinema: c'è una grande televisione dallo schermo sottile e un divano in pelle bianca, decorato con una coperta patchwork dai quadrati colorati fatta da mia nonna in persona, da un lato; dall'altro, una grande libreria abbraccia quasi un centinaio di libri di narrativa e alcuni di testo che servono a me per il lavoro.
Ha insistito per avere una cucina dallo stile vintage, l'ha scelta lei. Ricordo che io volevo acquistare una cucina moderna super accessoriata cosicché potesse sbizzarrirsi nella sua passione del cucinare, ma non ha voluto sentire ragioni. Mi ha permesso solo di comprare un piccolo microonde per dare un tocco di modernità.

Dopo aver finito di mangiare il buon arrosto di nonna, la aiuto a sparecchiare e lavare i piatti.
"Oggi tocca a me lavare e a te asciugare", le ricordo.
"Oh, Lulù. Lo sai che io non arrivo alla mensola per posare i piatti. È troppo alta per la tua nonna", mi risponde spostandosi lentamente verso il lavello.
"E allora faccio io. Riposati un po' sul divano"
"Tieni, - mi lancia uno straccio di cotone - oggi asciughi tu", come sempre nonna, ma come contraddirla.

Dopo aver finito di sistemare la cucina, mi sposto nella mia camera, dopo aver salutato nonna Grace.
A volte, non si capisce se sia uno studio o una camera da letto. L'unica cosa che la rende una camera da letto è il piccolo letto singolo a muro, dalle coperte color oceano. C'è una scrivania di legno scadente all'angolo apposto rispetto al letto. Quell'angolo è tutto il mio studio. Non mi dispiace, ad essere sincero. Ho tutto quello che mi serve. Un letto, una scrivania per organizzare la mia agenda e preparare la lezione seguente, una libreria e la mia dolce nonna che si ostina a preparami pranzo e cena, come se avessi ancora 12 anni.
Mi siedo sulla sedia da ufficio e inizio ad organizzare la lezione del giorno dopo.
In mente mi ritorna quella scena di mormorii e risatine. Lo sguardo vuoto di quella ragazza dai capelli dai capelli ramati.

❁ ❁ ❁

"Buongiorno a tutti", entro in aula. Oggi avrei avuto due ore di lezione. Una ragazza dai capelli corvini dalle gambe lunghe, si avvicina a me ancheggiando.
"Buongiorno Mr Roberts", i suoi occhi erano contornati da una spessa linea nera e le labbra colorate di rosso. La sua voce squillante mi da suoi nervi.
"Buongiorno...", mi fermo interrogativo, non ricordandomi il suo nome.
"Michelle. Michelle Carter. Non si ricorda il mio nome?", si avvicina ancora. Faccio un passo indietro. La situazione sta diventando imbarazzante. Sento il sangue affluire alle guance.
"Ehm, - mi schiarisco la voce - non posso ricordarmi tutti i nomi dei miei studenti", mi passo la mano tra i capelli. Nel frattempo, vedo con la coda dell'occhio la ragazza dai capelli rossi entrare in aula con il suo fidato amico.
"Buongiorno professore. - si ferma davanti a me, a lato alla ragazza con la coda di cavallo. Sposta gli occhi da me alla ragazza, accidenti non mi ricordo come diavolo si chiama, corvina - ci scusi per il ritardo. Siamo rimasti bloccati nel traffico", si scusa la rossa per lei e il suo amico. Oggi è una giornata uggiosa, le persone escono di casa con le proprie auto per evitare di essere colpiti da qualche acquazzone mentre aspettano un mezzo pubblico.
"Non preoccupatevi - mi rivolgo ad entrambi - stavamo per iniziare appena adesso. Accomodatevi".
"Il suo nome se lo ricorderà, senz'altro. - si gira verso la ragazza appena entrata - vero, Jacqueline?", detto questo, gira i tacchi e va dalla parte opposta. Jacqueline ha gli occhi spalancati e rossa in visto, non so se per rabbia o imbarazzo. Forse tutte e due.
"Stronza", sibila a denti stretti Stewart, di rimando la signorina Carter gli mostra il medio.
Vedo la signorina Jenkins sussurrare qualcosa al suo amico, per poi sedersi al loro solito posto. Il rossore della guance va via, sostituito dal pallore, quando si accorge che avevo visto tutta la scena.

❁ ❁ ❁
JACQUELINE

"Secondo te, ha visto tutto?", mi chiede Matt.
"Secondo te, no? - mi giro verso di lui e lo fulmino con lo sguardo - hai visto come mi stava guardando?"
"Chi vuole venire a fare qualche esercizio di ripasso?", appena finisce la frase Mr Roberts si alza e si sistema gli occhiali sul naso, mentre la classe piomba nel silenzio tombale.
"Signorina Carter, - signorina? In questo momento sembra un cinquantenne nel corpo di un ventenne - vuoi venire tu a fare qualche esercizio alla lavagna?", che stronzo. Gli bastano due moine per "ricordarsi il nome" delle sue alunne.
"Ma Mr Roberts, ci sono persone meno brave di me. Tipo la signorina Jenkins. Forse, lei ha più bisogno di ripassare", la odio. Alzo gli occhi al cielo, preparandomi all'umiliazione che avrei subito da lì a poco, quando Mr Stronzo mi avrebbe fatto andare alla lavagna.
"La signorina Jenkins - mi rivolge uno sguardo neutro, da professore diligente - verrà dopo di lei alla lavagna", perfetto. Doppia umiliazione.
"Ma è sicuro...", viene interrotta dalla voce profonda e pacata del professore.
"Sì, sono sicuro signorina", le rivolge un piccolo sorriso. La stronzetta si alza dalla sedia, sventolando la sua lunga coda corvina.
Appena ha le spalle della corvina, rivolge lo sguardo verso di me. Lo fulmino con lo sguardo. Ma chi ti credi di essere, biondo. Quando nota la mia espressione furiosa, dapprima aggrotta le sopracciglia, ma poi fa un piccolo sorrisetto timido. Penso di avere le allucinazioni, ma posso dire di aver visto le sue guance bianche colorarsi per un attimo di rosa. Torna serio.
"Allora signorina Carter"
"Lei può chiamarmi Michelle", che schifo, ammicca al giovane professore. Noto la sua espressione sorprendentemente seria e rilassata. Di nuovo, del rosa colora le sue guance. Ma che razza di professore arrossisce.
"Uh, guarda - Michelle si gira verso la classe. Per l'esattezza, si gira e pianta i suoi occhi azzurro ghiaccio nei miei - un timidone - allude alla sue guance - che ne dici JJ?", serro la mascella. Le guance del professore esplodono di fuoco. Abbassa la sguardo. Lo solleva subito dopo con sguardo severo. Ma davvero, che professore è?
Fa per aprire bocca come per un rimprovero, ma non fa in tempo.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora