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LUCAS

Non mi aveva fatto promesse esplicite, ma il giorno dopo e quello dopo ancora, e il successivo, eccola qui con le dita fra i miei capelli, mentre il mio corpo reagisce sempre meglio alle cure.
"I dottori mi hanno detto che stai migliorando tantissimo", mi informa Jacqueline, mentre è intenta a girarsi un mio riccio tra le dita. Oggi mi è stato permesso di mettermi seduto sul letto, dopo essere stato immobile per un paio di giorni dopo la prima visita di Jacqueline. Mi hanno tolto quasi tutti i tubicini che avevo. Le costole mi fanno ancora male, ma il dolore sembra sparire ogni volta che la ragazza dai capelli rossi fa ingresso nella stanza e la illumina con il suo sorriso e la sua bellezza unici.
"Lucas", ad un certo punto diventa seria in viso.
"Piccola", la incito a proseguire nel discorso che chiaramente deve fare.
"Io non potrò venire a trovarti per un paio di giorni", perdo un battito. Come faccio senza di lei? Non mi ha mai lasciato un attimo. È venuta ogni giorno.
"E perché?", la mia voce fa trasparire l'agitazione.
"Non preoccuparti, - mi accarezza una guancia – manco solo un paio di giorni, più o meno una settimana. Devo andare in Italia, devo fare delle prove per entrare all'università"
"Va bene. - rispondo, anche se inizio a sentire la mancanza - Come ti senti?", cerco il contatto con la sua mano e quando la trovo la stringo nella mia.
"Sono nervosa. Ho paura di non superare i test. Ci tengo tanto", la blocco posandole due dita sulle labbra.
"Andrà tutto bene – la lascio un bacio sulla mano – non devi preoccuparti. Sei la migliore"
"Un'altra cosa che mi preoccupa è la lontananza. È difficile trasferirsi in Italia e lo è altrettanto partire per tornare qua. Ci sono tante ore di viaggio e non so se ce la faccio... e poi sarò tutta sola", ad un tratto le si spezza pure la voce.
"Potrei venire con te", le propongo. Sarebbe fattibile.
"E come si può fare? – si illumina e poi si spegne in un secondo il bagliore di gioia che le era comparso negli occhi – non potresti neanche lavorare. Non sai l'italiano"
"Potrei fare un corso per insegnare l'inglese. O potrei insegnare matematica agli italiani in inglese. O posso imparare l'italiano", le sto proponendo qualsiasi idea che mi viene in mente.
"Non so se fai in tempo Lu"
"Volere è potere, baby."

JACQUELINE

Quel giorno era stato difficile lasciare Lucas sapendo di non poterlo vedere per tutta la settimana seguente. Lui non voleva smettere di lasciarmi baci ovunque e io, sinceramente, non volevo che smettesse. Mi sono dovuta costringere a lasciare le sue braccia.

"Ci vediamo quando torno", gli stampo un bacio sulle labbra.
"Ti amo, piccola", mi dice per poi attirarmi di nuovo a sé, baciandomi di nuovo.
"Un altro?", mi chiede facendomi gli occhi da cucciolo.
"L'ultimo, però", mi avvicino per quest'ultimo bacio. Quando ci separiamo, lui mi attira di nuovo.
"Lucas, per favore...", non sono infastidita, ma sta complicando tutto.
"L'ultimissimo, per favore", arricciando le labbra a forma di bacio.
"L'ultimissimo", preciso.
Dato l'ultimissimo bacio, rimaniamo lì fermi nel tempo a guardarci negli occhi.
"L'ultimo ultimissimo", dico unendo le nostre labbra ancora un'ultima volta.

"Sì. Va bene. La smetti di mettermi ansia, per favore?", sono al telefono con Lucas e mi ha fatto circa settanta raccomandazioni in due minuti di chiamata.
"Se mi dai un paio di minuti, arrivo in camera e possiamo fare una video-chiamata, che ne dici?"
"Va bene la video-chiamata, ma io non chiudo questa chiamata", sta sempre in pensiero, costantemente in pensiero.
"Sono arrivata. Mi dai il tempo di togliere la giacca e posare la borsa?", chiude la chiamata senza rispondermi. Guardo lo schermo, disorientata. Ma che gli prende?
Dopo tre secondi il cellulare inizia a vibrare e il faccione di Lucas nella foto di contatto comprare sul mio schermo. Striscio il dito per rispondere, e il suo bel viso compare a tutto schermo mentre il mio si riduce ad un quadratino in basso a destra.
"Lu, ti avevo detto di aspettare", sbuffo un po'.
"Non potevo", come sempre da quasi una settimana, sempre le solite frasi.
"Ti appoggio qui", appoggio il cellulare in verticale ad un vaso al centro del tavolo così che lui possa vedermi bene senza la fatica di tenerlo in mano. Mi sfilo la giacca e la appendo all'attacca panni. Lascio la borsa a terra accanto al divano.
"Allora, quando te li danno i risultati?", mi chiede per a centesima volta.
"Lu, me l'hai chiesto cento volte già – mi sfugge una risata, come fa ad essere così smemorato – sempre la prossima settimana"
"Quindi, li scopriamo insieme poi", oggi è l'ultimo giorno che sto in Italia. Domani finalmente torno da lui. Ma lui questo non lo sa.
"Sì, Lu"
"Lo sai che ti amo", si lo so.
"Ti amo anche io, ricciolino", c'è un attimo di silenzio, in cui ci godiamo la compagnia, anche se a distanza, dell'uno e dell'altra.
"Sai, ho una sorpresa per te", gli dico alla fine, rompendo il silenzio, mettendomi comoda sulla sedia.
"Che sorpresa?", gli spunta un sorriso perverso e inizia a fare su e giù con le sopracciglia.
"No, Lucas, non quel tipo di sorpresa", alzo gli occhi al cielo.
"Uff, peccato... - sbuffa – sei sicura che non sia quel tipo di sorpresa?", ed ecco di nuovo la faccia perversa.
"Sì, sono sicurissima"
"Allora, cos'è?", inizia a indagare.
"Non posso dirtelo, è una sorpresa"
"Ma dai, per favore", ed ecco gli occhi da cucciolo, ma questa volta non mi faccio ingannare.
"No, non te lo dico. Devi aspettare che io sia tornata per saperlo. Questa volta non mi conquisti con gli occhi da cucciolo", i suoi occhi diventano ancora più grandi.
"Per favore..."
"No, davvero. Sarò muta come un pesce – sta volta vinco io, lui continua con la faccia da cucciolo che si trasforma in una finta triste. Colpo basso a questa non so resistere – e va bene te lo dico", la sua faccia triste scompare sostituita da un grosso sorriso.
"Allora, tieniti forte. Hai un colloquio di lavoro", alza un sopracciglio.
"Cosa? Un colloquio di lavoro?"
"Sì, me l'hai detto tu che saresti potuto venire con me in Italia, no? O hai cambiato idea?", inizio a sentirmi una stupida. Forse, ho preso troppo sul serio le sue parole. Che stupida...
"Certo, che vengo con te. Assolutamente. Non capisco il collegamento"
"Facile. Tu la prossima settimana farai un piccolo colloquio per via telematica, perché io ho già spiegato tutto quello che ti è successo: del tuo brutto incidente e che la scuola ti ha licenziato per i troppi giorni di malattia"
"Ma questa è una bugia!", esclama lui.
"Lo so, ma loro non lo sanno – tenta di interrompermi ma io lo zittisco alzando una mano – fammi finire. Quindi, farai questo colloquio. Qui, mi hanno spiegato, c'è un piccolo campus dentro la mia università dove si tengono dei corsi avanzati. Loro mi hanno proposto di: farti fare un corso generale, che puoi fare anche via telematica, riguardante il loro metodo e come sono soliti lavorare e tutto questo. Potrai insegnare matematica nella nostra lingua, come avevi detto tu, agli studenti dei corsi avanzati e poi se vuoi, puoi fare un breve corso di Italiano, totalmente gratuito. Che te ne pare?", Lucas è rimasto in silenzio per tutto il tempo, facendomi venire l'angoscia.
"Cosa posso dire? Posso dire che ho la ragazza migliore del mondo. Ma come hai fatto? E poi lo sanno che stiamo insieme?"
"In realtà, avevo sentito che avevano bisogno di un nuovo insegnate perché quello con la cattedra quest'anno va in pensione, e io ho proposto te. E sì, sanno che stiamo insieme. Ma io non frequenterò le tue lezioni, quindi non c'è conflitto di interessi. Ho già risolto tutto"
"Io non ho parole, davvero. Devo scrivere tutto quello che mi hai detto, altrimenti me lo dimentico, anche se penso sia abbastanza difficile", è così emozionato che riesco a sentire la sua voce il suo cuore battere da qui.
"Tranquillo, ho scritto tutto io. Ho scritto date e orari, così non c'è il rischi che ti scordi"
"Piccola?"
"Dimmi"
"Mi vuoi sposare?"

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt