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Aiden

"Vi farebbe piacere pranzare qui? O avete degli impegni?", domanda Jane non appena Juliet si alza dal divano.

Ci scambiamo un'occhiata per capire cosa ne pensa l'altro e siamo d'accordo.

"Certo che ci farebbe piacere", l'assicuro forzando un sorriso. So che a Juliet fa piacere se lo faccio.

Jane si illumina. "Perfetto! Vi va bene del pollo con delle patate arrosto?"

Guardo Juliet perché lei è ossessionata dal pollo e infatti annuisce entusiasta. "Certo che va bene. Posso aiutarti a cucinare."

"Non devi, cara..." È chiaro che non aspettava altro.

"No, ma a me fa piacere. Davvero."

Jane accetta e insieme vanno in cucina per preparare il pranzo. Sto per raggiungerle, ma poi capisco dallo sguardo che mi lancia Jane che vuole stare da sola con lei, così sto fermo.

Joe mi porge un controller e io lo prendo in mano per sedermi accanto a lui.

"Porcaputtana", borbotto quando vedo il punteggio di Juliet.

"Eh sì. Mi ha stracciato."

"Chissà perché non sono sorpreso", ammetto mentre riprende la partita. So che perderò anche questa millesima partita, ma intanto mi tengo occupato.

Joe si morde la lingua per poi urlare non appena fa gol. "Ti sta bene, stronzo!"

"Oo! Non urlare", lo rimprovero, strattonandolo per la maglietta.

Mi ignora. "Stasera puoi uscire?"

"Perché?"

"Non so... Non mi va di stare da solo, ecco", borbotta, con un ché di triste nella voce.

Mi volto per guardarlo preoccupato. "È successo qualcosa?"

"No." Sta mentendo e glielo si legge in faccia.

Gli prendo il controller dalle mani per cogliere la sua attenzione. Lui protesta imprecando, ma lo ignoro.

"Mi dici che cazzo è successo?", ribadisco non appena si alza dal divano.

"Niente di ché... ho solo preso dei biglietti per il cinema perché dovevo andarci con papà. Ma non può più, quindi volevo andarci con te."

Abbassa lo sguardo cupo e io sento il sangue ribollire. Ormai non ha neanche più senso insultare quell'uomo davanti a Joe. Vorrei ripetergli di non cercarlo e di non sperarci, ma sarebbe inutile. Spero solo che uno dei due si sveglierà sulla situazione.

So che Joe ha bisogno di compagnia e di certo non voglio che la cerchi da quei ragazzi con cui esce in genere, così accetto. "Va bene. Vengo con te, ma guai a te se provi fumarti una canna nel cinema."

Scoppia a ridere. "Te ne ho raccontato?"

"Certo che me ne hai raccontato, coglione. Eri ubriaco."

Si rimette a sedere con un ché di impressionato. "Però sarebbe divertente rifarlo."

Quando Juliet e Jane ci avvertono che è quasi pronto mi alza dal divano per aiutare la prima ad apparecchiare. Le racconto della supplica di Joe a proposto di stasera e lei mi assicura che non è un problema.

Purtroppo però mi ripete che dovremo chiamare Sabrina e Gabriel comunque e io non posso rifiutare. So che continuo a scappare dai miei problemi, ma ho davvero paura che mi possano odiare. Ho pensato più di una volta di raccontargli del motivo per cui mi hanno arrestato a quattordici anni, ma ho sempre cambiato idea. Ma forse adesso non dovrei esitare.

Durante il pranzo per fortuna la tensione che c'era in cucina con Jane si è affievolita. Non le ho detto il vero motivo per cui ho perso le staffe, ma mi sono inventato delle scusanti plausibili e lei mi ha perdonato subito.

Odio dover aggiustare i rapporti che saboto. Una volta mi andava bene lanciarli nel cesso senza voltarmi, ma purtroppo le cose sono cambiate. Tenere alle persone fa paura.

Quando finiamo di mangiare Juliet ed io ci alziamo per sparecchiare. Quando entriamo in cucina poso i patti sul tavolo, mentre lei li apposta in lavastoviglie.

"Jane sembra contenta. Cosa le hai detto?", mi domanda non appena chiude la lavastoviglie.

"Quello di cui abbiamo parlato; che mi dispiace e che sto cercando di controllare la mia rabbia."

Mi guarda con un sopracciglio alzato. "Abbiamo pure detto di parlarle del motivo."

"Lo so, ma non me la sentivo."

Per mia fortuna Juliet sospira arresa. Mi prende la mano ferita per calcarci dei cuori invisibili sopra.

"Non importa. Intanto ti ha perdonato. Chiamiamo Sabrina e Gabriel?"

Ho un groppo in gola. "Adesso?"

"Sì, adesso. Prima o poi dovremo farlo, Aiden."

"Lo so..."

"Quindi tanto meglio farlo il prima possibile", enuncia gentile. Restiamo a guardarci un istante in silenzio, ma poi decido di fare come ha detto.

In effetti prima li chiamerò e prima dovrò smettere di preoccuparmi. Prendo il telefono per digitare il numero si mia sorella. Juliet resta in silenzio a guardarmi con un sorriso. Ha un ché di fiero nella sua espressione e questo mi spinge a spingere su "chiama".

Restiamo degli istanti in silenzio fino a quando Sabrina non risponde con un: "Aiden?"

"Ei..." Vorrei dire qualcosa, ma non mi viene nulla in mente. Mi rivolgo a Juliet per vederla scandire un "scusati" muto. "Mi volevo scusare per ieri sera."

Cazzo, scusarsi fa schifo.

"Volevi scusarti? Davvero?" Sabrina sembra incredula, ma non la posso biasimare.

"Sì. Ho... ho perso le staffe."

"Sì, l'hai fatto", aggiunge lei, ma il suo tono non è severo.

Juliet mi fa gesto con le mani di mangiare e capisco che sta intendo la cena di cui avevamo parlato. Prendo un respiro per continuare: "Volevo chiederti se potessimo andare a cena. Anche con Gabriel e Juliet."

"A cena?"

"Sì. Per chiarire." Mi sento ridicolo, ma devo continuare. Juliet mi da un bacio sulla guancia, riconoscendo la mia agitazione.

Sabrina resta per degli istanti in silenzio, ma poi accetta: "Quando?"

"Domani?" Juliet alza il pollice in accordo.

"Va bene."

"Gabriel sta ancora a Londra?", le chiedo in ansia. D'una parte mi darebbe conforto sapere che mio padre se n'è andato da Londra, ma d'altra parte voglio vedere mio fratello.

"Sì, c'è ancora. Però non sono certa che resti ancora per molto."

"Ah. Non importa, adesso lo chiamo." Speriamo risponda.

"Va bene. Allora ci sentiamo per domani sera, Aiden", conclude Sabrina, prima di attaccare al telefono.

Non è da lei tagliare corto le chiamate, ma suppongo sia ancora un po' arrabbiata.

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