𝟷𝟻.ᴄᴇɴᴛʀᴀʟ ᴘᴀʀᴋ

552 24 0
                                    

Mi svegliai tutta indolenzita per la posizione.
Il sonno non era stato riposante, ma anzi tormentato dal susseguirsi dell'immagine della donna. Sapevo che fosse mia madre, però non capivo se era veramente crudele come ritratta nel sogno o era vista così dal mio subconscio. Sicuramente era successo qualcosa per cui non avevo un buon ricordo di lei.
Pensarci? Non mi sembrava una buona idea.
"D'ora in poi sarà come se niente fosse successo né Bucky né il sogno, mi focalizzerò solo sulla missione."
Dissi a me stessa, non potevo abbandonarmi ai pensieri o alle emozioni, mi avrebbero solo fatto perdere il controllo dei miei poteri.
Mi alzai da terra e mi preparai per andare a correre con Steve. Arrivai in cucina e lui e Sam erano già pronti per partire. Non avevo fame, quindi iniziammo subito a correre. Andavo più veloce del giorno precedente, lo sforzo fisico mi aiutava ad allontanare dalla mente qualsiasi pensiero. Steve più di una volta tentò di parlarmi, ma appena sentivo che ci provava, aumentavo il passo superandolo, cosicché potesse comprendere che non volevo iniziare nessun tipo di conversazione. Sam mi faceva quasi pena, era molto indietro, quasi non si riusciva a vedere.
La corsa con Steve fu tutta così.
L'allenamento con Wanda non cambiò tanto dal precedente, lavorammo sui portali e sulla telecinesi. Naturalmente anche lei provò a parlarmi, ma ogni volta che lo faceva perdevo, tanto bene in quel momento, il controllo sui miei poteri.
Arrivò l'ora di pranzo, non mangiai, non riuscivo, c'era qualcosa in me che diceva che l'assunzione di cibo non avrebbe favorito la mia situazione. Non andai in camera, rimasi semplicemente in palestra. Presi un sacco da box, dovevo scaricarmi, lui almeno sarebbe stato zitto senza voler sapere come stessi.
Poi arrivò Nat, prima ci concentrammo un po' nell'applicazione delle tecniche imparate in precedenza; successivamente passammo ai tacchi. Mi fece prima correre e poi saltare alla corda cosicché potessi perfezionare il mio atterraggio. Non cercò, come gli altri, di capire come stavo, mi parlava solo per dirmi cosa dovevo migliorare e glie ne fui molto grata.
Poi arrivò l'allenamento con Bucky. Nessuno dei due aveva intenzione di parlare e nemmeno di avere qualsiasi contatto fisico, quindi mi fece provare le pistole. Mi disse tutti i nomi e naturalmente io non lo ascoltai, era così noioso quando parlava delle armi, a me interessava solamente sapere quando era meglio usarle. Partimmo da quelle più piccole per farmi abituare gradualmente alla reazione dopo lo sparo. Per oggi mi fece solo sparare al bersaglio, cambiando, ogni volta che prendevo il punto esatto, la distanza così da migliorare la mira.
Anche questo allenamento finì senza una parola di troppo, non ci salutammo neanche.

Avevo fame, era da tutto il giorno che non mangiavo, ma non volevo andare in cucina e incontrare gli altri, quindi decisi che sarei andata a New York.
Mi feci una doccia e mi cambiai, mettendo dei semplici leggings neri, con una maglietta bianca e un giacchetto di pelle. Ora dovevo pensare ai soldi, io non ne avevo, quindi dovevo prenderli in prestito da qualcuno. Chiesi a Jarvis dove Tony teneva le sue carte di credito e quale era quella che, se non ci fosse stata, sarebbe passata inosservata. Me lo disse e con i miei poteri riuscii a prenderla. Per non farmi scoprire ordinai a Jarvis di non parlarne a Tony, ma questo non era possibile. Quindi gli dissi di comunicarglielo attraverso un messaggio e inviarlo dove Tony non controlla mai, e accettò. Poi però, sempre per non farmi beccare, dovevo trovare un modo per rimanere in contatto con Jarvis. Mi serviva uno dei tanti strumenti che utilizzava Tony e riuscii a procurarmi un orologio. Adesso c'era il problema se mi fossero venuti a controllare: misi dei cuscini sotto le coperte, nessuno disturba qualcuno mentre dorme. Ora potevo andare.
Mi teletrasportai a Central Park e iniziai la mia ricerca del cibo. Trovai una sorta di fast food che faceva anche la pizza e mangiai sola in uno squallido tavolino. Era fantastico, per la prima volta mi sentivo una ragazza normale che cerca di rilassarsi tra la gente, che mangia fuori e non deve avere paura che qualcuno le possa fare qualcosa da un momento all'altro.
Finito di mangiare feci un giro per la città, anche lei era magnifica, dinamica e senza pensieri. La gente frenetica anche di sera, era ottima da osservare: chi stava con il proprio compagno, stringendosi a lui/lei, chi con le amiche era alla ricerca di quel lui. La gente era così strana, focalizzata in qualcosa di inutile, di dolente. Questi pensieri mi facevano venire a galla il sogno e la paura che si celava dietro a lui, avrei voluto tanto bere, riavere quella sensazione di bruciore in gola, ma non volevo perdere il controllo, quindi mi astenni.
Ritornai a Central Park, ormai era buio, mi sedetti in una panchina sotto un lampione e rimasi lì a osservare la gente e farmi cullare dal vento. Stavo vivendo uno dei momenti più belli della mia vita, mai mi ero sentita così libera. Poi tutto tornò alla normalità quando Jarvis mi avvertì che qualcuno era entrato in camera mia. Gli chiesi di farmi vedere il video delle telecamere della mia camera (sì avevano messo delle telecamere, che avevo disattivato) e vidi che in camera mia c'era Bucky con Alpine. Che voleva adesso?
Sperai che non si avvicinasse al letto, ma naturalmente Alpine subito saltò sul mio "corpo" (i cuscini) per fare la pasta, cosa che avrebbe svegliato qualsiasi persona, infatti Bucky cercò di toglierlo. Vedendo che non c'era nessuna reazione da parte mia, alzò leggermente la coperta probabilmente per vedermi il volto. Appena vide i cuscini si alzò di scatto dal letto per andare verso la porta, ma io lo anticipai, teletrasportandomi in camera,e lo bloccai.
"Per favore non lo fare" dissi supplicando. Eravamo poco distanti l'uno dall'altro, non ci potevamo vedere più di tanto per il buio, ma entrambi sentivamo la presenza dell'altro. "Perché sei andata via?" disse lui abbastanza arrabbiato
"Non sono andata via, volevo solo sentirmi normale".
"Potevi dirmelo" disse lui avvicinandosi
"Non mi avresti lasciato uscire" dissi non muovendomi.
"Io adesso ritorno a New York, dove ero, per favore non dire niente" continuai convinta, non mi avrebbe fermata.
"Neanche per sogno tu torni da sola a New York di sera" disse lui con voce preoccupata
"Io vado, so come proteggermi se è questo il problema" dissi avvicinando la mia faccia alla sua per sfidarlo.
"Tu sola non esci" disse allontanando il volto dal mio e dandomi le spalle
"Bene, mi porto Alpine" dissi prendendo quest'ultimo.
"Stai scherzando spero?" disse guardandomi ad occhi spalancati (ormai mi ero abituata all'oscurità).
"No, seguo le tue condizioni" dissi con un sorrisetto.
"Alpine non vale"
"Ma questo tu non l'avevi precisato"
"Vuoi uscire? Vengo io con te, è da tanto che voglio tornare a New York"
"Tu? Mmh posso sopportarti" dissi quasi ridendo. Mi guardò storto, ma contraccambio il sorriso.
"Tieniti stretto a me" dissi decisa a partire
"Perché?" chiese confuso.
"Come pensi di arrivare a New York?! Bisogna teletrasportarci". Detto ciò mise il suo braccio intorno alla mia vita e ci ritrovammo con i volti ad un centimetro di distanza e ci teletrasportammo.

The fear of nothing || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora