𝟷𝟿.ᴊᴏʜɴ

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I giorni passarono tutti uguali: la mattina corsa e allenamento con Wanda, pomeriggio sala simulazione. Ogni tanto all'ora di pranzo andavo da Tony per migliorare le tute; tra di noi si era creato uno strano rapporto. Naturalmente eravamo tutti e due molto orgogliosi, ma abbastanza intelligenti da comprendere che non ci odiavamo, anzi ci volevamo quasi bene. Non era come con Steve, dove lui voleva farmi parlare dei miei sentimenti, Tony se ne fregava di queste cose, l'unico argomento delle nostre conversazioni erano i dispositivi per combattere. Dovevo ammettere che vedevo nella figura di Tony quasi un padre, però non di quelli che farebbero di tutto per te, ma di quelli che ti insegnano tutto ciò che sanno, così che tu possa continuare la loro opera.
Avevamo finalmente concluso il prototipo delle scarpe con il coltello e già le utilizzavo durante gli allenamenti, così da potermi abituare.
Con Bucky non ci parlavamo, non perché non volessi, ma non ci vedevamo proprio, giusto a volte la mattina quando ero di fretta. Probabilmente avremmo dovuto parlare di ciò che succedeva tra noi, ma sinceramente non mi attirava molto l'idea.

Un giorno decisi che a cena sarei andata a New York, quella città mi mancava moltissimo. Il problema era che dovevo almeno avvertire Bucky, sennò se lo avesse saputo da solo si sarebbe arrabbiato a morte con me e non volevo che succedesse. Allora dopo essermi preparata, mi diressi verso camera sua. Arrivata alla porta, bussai e una voce disse di entrare. Lo feci e quando Bucky mi vide, potei notare uno sguardo sorpreso, non si aspettava di sicuro che fossi io.
"Non ti volevo disturbare" dissi un po' in imbarazzo, anche se non ne capivo il motivo, visto che lui era semplicemente seduto sul letto, vestito, con Alpine.
"Non ti preoccupare, mi volevi chiedere qualcosa?" disse rivolgendomi uno sguardo interrogativo.
"Veramente no, ti volevo solo avvertire che vado a New York"
"Da sola?"
"Sì certo, con chi sennò?"
"Vengo con te"
"Perché? Se è per proteggermi, lo so fare benissimo da sola e tu lo sai" dissi convinta, non mi dispiaceva l'idea di stare un po' con Bucky, ma non l'avrei mai ammesso.
"Primo perché non ti lascio andare da sola in giro per New York, secondo perché ti ho promesso di farti vedere la città e ancora non ho finito" disse sorridendo. Come potevo dire di no?
"Va bene, ma io devo ancora cenare, quindi prima cosa si mangia"
"Okay" disse sorridendo. Si avvicinò a me e mi strinse a sé più che poteva, forse anche troppo, ma naturalmente non mi dispiaceva anche perché era necessario per il teletrasporto. Appoggiai la mano sul suo braccio metallico e in un secondo eravamo di nuovo a Central Park. Subito mi staccai da lui, sennò sarei rimasta lì imbambolata a fissarlo. Lui non fu sorpreso da ciò, come se avesse compreso la mia incapacità di reagire se mi fossi trovata a contatto con lui.
Non rimasi neanche un secondo ferma, mi catapultai a cercare una tavola calda o qualcosa di simile, stavo morendo di fame. Bucky subito mi affiancò ridendo, probabilmente ero veramente buffa da vedere, ma non mi interessava.
Appena potei notare una semplice tavola calda, entrai seguita da lui e mi sedei ad un tavolo. Osservai il menù molto attentamente, anche se già sapevo che avrei preso un semplice hamburger con le patatine.
"Hai deciso cosa prendere?" mi chiese dopo un po'. Feci cenno di sì con la testa e lui chiamò il cameriere per ordinare. Immediatamente si avvicinò al tavolo un ragazzo biondo con gli occhi azzurri, era veramente bello. Lo fissai e la stessa cosa fece lui, rapito dai miei occhi incantatori. Poi Bucky sbatté le mani e ci fece staccare gli sguardi, così da riportarci alla realtà. Subito abbassai gli occhi e mi concentrai sul tavolo, mi vergognavo per la mia sfacciataggine, ma soprattutto perché l'avevo fatto davanti a Bucky.
"Che vi posso portare?" disse il cameriere rivolgendosi a Bucky con un sorriso.
"Un hamburger con patatine" disse secco e molto scocciato.
"E all'incantevole ragazza?" chiese rivolgendosi a me sempre sorridendo. Io arrossii per il complimento, ma non feci in tempo a rispondere perché lo fece Bucky per me.
"Stessa cosa mia" disse cercando di attirare l'attenzione del cameriere su di lui, ma non ci riuscì. Quest'ultimo scrisse l'ordine e sempre rivolgendosi a me disse:
"Da bere che vi porto?"
Questa volta risposi prima io:
"Due birre, grazie"
"Perfetto, per qualsiasi cosa non preoccupatevi a chiedere. Comunque sono John" e se ne andò.
Bucky alzò gli occhi al cielo e vedendolo mi misi a ridere, quando era scocciato era troppo buffo. Sentendomi ridere, si unì a me, però mi chiese:
"Perché ridi?"
"Dovevi vedere la tua faccia quando John se ne è andato" continuai sorridendo.
"Certo che ho fatto una faccia strana, era ridicolo" disse come se si credesse superiore.
"A me invece è sembrato molto carino ed educato" risposi osservando il volto di Bucky, non sopportava John questo era sicuro, ma perché? Un'idea mi balenò in mente: per caso era geloso? Impossibile, ciò implicava che gli piacessi.
"Ci credo ci stava provando con te, più che cortese mi sembrava che stesse filtrando" disse irritato. Allora era veramente geloso.
"Sei sicuro che non ti stai immaginando le cose?" volevo stuzzicarlo, doveva ammettere che fosse geloso.
"Anche un cieco lo avrebbe visto" rispose quasi arrabbiato. Per calmarlo gli presi la mano e la strinsi tra le mie. Fu sorpreso da questa mia mossa, ma non la ritrasse.
"Non riscaldarti, poi alla fin fine se ci provasse con me per te non ci dovrebbero essere problemi, no?" dissi con un sorrisetto.
Mi guardò abbastanza sorpreso e imbarazzato. Stava per rispondere, ma arrivò John con le due birre. Naturalmente si rivolse solo a me, Bucky era inesistente per lui.
"Ecco" disse sorridendo
"Grazie" risposi ricambiando il sorriso. Poi mi sentii le mani stringere molto forte e mi girai a vedere: Bucky con la mano di metallo (coperta da un guanto) mi stava stritolando. Lo fulminai con lo sguardo, che pensava di fare? Solo dopo che vidi John andarsene con la coda tra le gambe, compresi: voleva cercare di marcare il territorio. Questa cosa mi diede abbastanza fastidio: non mi calcolava per settimane e poi appena qualcuno ci provava con me faceva il geloso, era serio?! Sembrava un bambino di due anni. Scocciata tolsi le mie mani dalle sue e cercai di aprire la birra, ma il tappo era troppo duro.
"Faccio io" disse Bucky prendendo la birra dalle mie mani.
"Riesco a farcela benissimo da sola" feci scocciata, non mi serviva il suo aiuto.
"Adesso sei arrabbiata con me?" chiese come esausto probabilmente dai miei mille cambi d'umore.
"Sì" risposi secca senza rivolgere lo sguardo verso lui.
"Perché?" chiese esasperato. Lo guardai, lo fulminai e risposi senza strillare, perché non volevo che tutto il locale sentisse:
"Perché?! Dici che non ti piaccio e poi fai tutto il geloso, non sono una bambola con cui giochi solo quando hai voglia"
"Perché devi fare sempre l'esagerata?" disse fissandomi. Questa risposta non me l'aspettavo, rimasi paralizzata, sentivo che le mie guance stavano prendendo fuoco.
"Io l'esagerata, parla il permaloso per eccellenza" risposi, mi stavo veramente pentendo di avergli detto che andavo a New York. Stava per controbattere anche lui abbastanza alterato, ma John arrivando con gli hamburger lo interruppe. Subito Bucky e io ci concentrammo sul panino, evitando lo sguardo dell'altro. Dopo un po', non riuscendo a tenere il muso a Bucky e volendo finire la discussione, dissi:
"Patatina per la pace" e avvicinai una patatina. Mi guardò e sorrise.
"Patatina per la pace" rispose ripetendo le mie stesse parole. "La accetterò però a una sola condizione" continuò sempre sorridendo.
"Quale?" chiesi timorosa.
"Mi dai quella più grande". Dicendo questo compresi che non era più arrabbiato con me e che quindi ci potevo scherzare.
"Non so se ne vale la pena" dissi sorridendo.
"Così mi offendi"
"E se te ne dessi una media?"
"Non ti parlerei più"
"Allora mi conviene" dissi scoppiando in una fragorosa risata, per poi essere seguita da Bucky. Avevo le lacrime agli occhi, non avevo mai riso così tanto in tutta la mia vita.
Quando mi ripresi, potei notare Bucky che mi stava fissando con un enorme sorriso. Appena vide che l'avevo notato, disse:
"Sto aspettando la mia patatina"
"Ti do la più grande solo perché se non parli non mi puoi far fare la visita turistica"
"Farò finta di non aver sentito l'ultima parte e accetterò le tue scuse"
"E che ti dice che mi volevo scusare?" dissi con un sorrisetto di sfida.
"Se non per questo, perché darmi una patatina" rispose anche lui con tono di sfida.
"Semplice ho visto che da quanto eri irritato aggrottavi molto la fronte e se avessi continuato così ti sarebbero venute le rughe. Quindi l'ho fatto perché tu possa mantenere per un po' di più il tuo bel visetto" dissi ridendo. Bucky era sorpreso dalla risposta, ma subito riuscì a controbattere.
"Quindi pensi che io sia bello?" disse come per fregarmi.
"Sai non ho molta esperienza per dire se sei bello o no, di certo John è più bello di te" risposi ridendo, sapevo di averlo ucciso così dicendo, ma mi divertiva troppo vederlo irritarsi. Così fu appena sentì il nome di John mi fulminò e dopo si concentrò sul cibo non guardandomi più.
"Ma quanto sei permaloso" dissi sorridendo e con questo mi alzai dalla mia panca per andarmi a sedere accanto a lui. Non ci rimasi per molto giusto il tempo di dargli un bacio sulla guancia e poi tornare al mio posto. Fu abbastanza sorpreso dal mio gesto, ma non si tirò indietro. Finimmo di mangiare in silenzio, scambiandoci ogni tanto qualche sguardo.
"Io vado a pagare" dissi.
"Con quali soldi?" chiese
"Semplice, con quelli di Tony" dissi alzandomi e facendogli l'occhiolino.
Quando arrivai alla cassa c'era John che appena mi vide mi rivolse un enorme sorriso.
"Avete mangiato bene tu e il tuo fidanzato?" chiese gentilmente.
"Benissimo, ma lui non è il mio fidanzato" dissi ricambiando il sorriso.
"Allora non ti dispiacerà se ti lascio il mio numero" così dicendo, scrisse su un foglio il suo numero dandomelo insieme allo scontrino. Non ebbi tempo di rispondergli che non ero interessata.
Quando andai all'uscita, dove Bucky mi aspettava, cercai di nascondere il biglietto, ma lo vide. Appena fuori dal locale, me lo prese dalle mani e vedendo il numero disse con aria seccata:
"Ti sei fatta un ammiratore quindi"
"Sembra proprio di sì"
"Quindi pensi di richiamarlo?" chiese un po' imbarazzato.
"Non credo" risposi rivolgendo il mio sguardo alla città.
"E perché no?"
"Non sono interessata" dicendo così presi il bigliettino dalle mani di Bucky e lo buttai nel primo cestino che incontrai. Potei notare con la coda dell'occhio, che sul suo volto si era formata un'espressione di soddisfazione.

The fear of nothing || Bucky BarnesWhere stories live. Discover now