𝟸𝟷.sᴘɪᴅᴇʀᴍᴀɴ

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Quando mi svegliai il sole era già alto, non permettendomi di aprire gli occhi. Cercai il corpo di Bucky nel letto, ma non trovandolo, sfessurai gli occhi e vidi che non c'era: se l'era svignata.
Non avevo molta voglia di alzarmi, ma quando il mio sguardo cadde sulla sveglia, potei constatare che erano le 7: ero in ritardo per la corsa con Steve. Di scatto mi alzai dal letto e molto velocemente mi cambiai, per poi dirigermi in cucina. Qua c'era Steve intento a bere del caffè e parlare con Nat. Quando mi videro si girarono verso di me e sorrisero.
"Steve scusa per il ritardo, è che non avevo messo la sveglia" dissi implorando perdono.
"Non ti preoccupare, oggi l'avresti saltato comunque" rispose.
"Perché?" chiesi con aria interrogativa.
"Oggi ti allenerai con una persona che non conosci" intervenì Nat.
"Chi?"
"Non te lo diciamo, sennò studi le sue mosse" rispose con un sorrisetto Steve.
"Dai almeno un piccolo indizio" dissi cercando di farli parlare con i miei occhi, ma loro fecero di no con la testa e chiusero gli occhi.
"Così non vale però" e misi il broncio, che fece scoppiare in una risata Nat e Steve.
"A che ora inizio?" chiesi avvicinandomi alla caffettiera, naturalmente per fare il mio amato caffè.
"Alle 9, ma alle 8 ti devi far trovare in laboratorio da Tony, così da provare la tua tuta" disse Nat.
"La mia tuta è pronta?! Quando pensavate di dirmelo?"
"Oggi" rispose Nat ridendo.
Finito il caffè, andai in camera e non feci assolutamente niente fino alle 8. Mi distesi sul letto a guardare il soffitto, mentre accarezzavo Alpine, accanto a me. La mia mente era concentrata su ciò che era avvenuto la sera prima, non con Bucky o almeno solo in parte, ma quello che era successo alle mie mani. Che cosa era quella sostanza blu? Come ero riuscita a farla? Allora iniziai a formulare un'ipotesi ed ero quasi del tutto convinta fosse quella giusta: era un altro potere. Volevo provare a rifarla, ma avrebbe consumato tutte le mie energie e non me lo potevo permettere.
Arrivarono le 8 e andai in laboratorio dove mi aspettavano Tony e Nat; subito mi fecero provare la tuta. Era un pezzo unico, molto attillato, fatto di un materiale che non saprei definire. La tuta era tutta nera, molto simile a quella di Nat. Aveva un collo alla coreana che si poteva aprire per mezzo di una zip, che si estendeva fino a poco sotto il seno. Naturalmente già imbarazzata dall'eccessiva aderenza delle tuta sul mio corpo, chiusi la zip del tutto, ma Nat mi fermò, portandola ad un'altezza che lasciava intravedere il petto.
"Non credi sia esagerato?" chiesi a disagio.
"Fidati queste possono essere molto utile" disse indicando i seni. Non ero molto convinta, ma non controbattei.
Fortunatamente alla tuta si andava ad aggiungere una cintura in acciaio, cosa che mi fece sentire più a mio agio. Essa era molto utile per tenere le armi, che io e Nat andammo a prendere in palestra.
Prima di andare mi guardai allo specchio e dovevo dire che mi sentivo abbastanza fiera: i tacchi mi slanciavano, la tuta mi sfinava ed ero pure comoda.
Arrivate in palestra incontrammo Bucky, che appena mi vide sbarro gli occhi. Lo guardai con sguardo compiaciuto, iniziavo a sentirmi sempre più a mio agio. La sosta in palestra non durò tanto, il mio necessario per prendere qualche arma.
"Quindi adesso dove andiamo?" chiesi prendendo una pistola e infilandola nella cintura.
"All'aperto"
"All'aperto? Non rimaniamo in palestra o nella sala simulazione?"
"No"
Non ero molto certa sul perché fosse necessario andare fuori, ma non insistetti. Salutammo Bucky e ci dirigemmo all'ingresso, qui accanto a Tony si trovava un strana persona. Era impossibile vederle il volto perché coperto da una tuta blu e rossa, con al centro del petto un ragno stilizzato.
"Elaxi, lui è Spiderman. Spiderman, lei è Elaxi" ci presentò Tony. Si avvicinò e mi strinse la mano dicendo: "Piacere di conoscerti". Non gli risposi, ma lo esaminai il più possibile e potei comprendere che si doveva trattare di un giovane maschio, con un'età non superiore ai 20 anni.
"Quali sono i tuoi poteri?" chiesi dopo aver lasciato la sua mano.
"Dispiace informarti che li dovrai scoprire" disse con un tono provocatorio.
"Presumo che hai le capacità di un ragno, visto il ragno che hai stampato sul petto" risposi con un sorrisetto, non mi poteva sorprendere.
"Allora non sei solo bella, ma anche intelligente". Con il complimento mi sorprese un po', ma non abbassai la guardia, probabilmente cercava solo di distrarmi.
"Iniziamo?" chiesi rivolgendomi a Tony.
"Prima bisogna stabilire delle regole" disse Nat.
"Potete usare le vostre doti, ma senza uccidervi a vicenda. Non dovete uscire dalla base, potete andare solo fino a dove inizia il bosco, oltre a quello non c'è niente. Io e Tony vi controlleremo dalla terrazza" continuò.
Sia Spiderman che io facemmo cenno di sì con la testa e ci andammo a posizionare nel giardino.
"Pronto a prenderle?" chiesi.
"Se fossi in te non ne sarei molto sicura, ci sono dei trucchetti che non ti piaceranno" rispose.
"Staremo a vedere"
Per un po' nessuno fece niente, entrambi aspettavamo che l'altro facesse la prima mossa. Ad un certo punto Spiderman mi diede le spalle e si andò ad arrampicare su un albero, andandosi a nascondere nelle fronde.
"Vuoi giocare a nascondino?" chiesi con un sorrisetto, voleva farmi un attacco a sorpresa, troppo scontato. Naturalmente non rispose sennò avrei capito dove si trovava.
Iniziavo a spazientirmi, non voleva attaccare, perfetto non lo avrebbe fatto. Mi teletrasportai su un albero cosicché non mi potesse vedere più e allora sarebbe sceso a cercarmi. Come previsto dopo un po' che non mi vedeva, scese giù dall'albero e in questo momento lo attaccai. Mi teletrasportai davanti a lui e iniziai a tirargli dei pugni, ma era troppo forte per me, quindi decisi che avrei attaccato da dietro. Mi teletrasportai e gli diedi un calcio sul dietro di un ginocchio e lui istintivamente cadde a terra, ma si salvò da un altro colpo, portandosi via con una ragnatela.
"Sembravi più simpatica all'inizio"
"Mi dispiace deluderti, ma io non sono simpatica" risposi sorridendo "ma se vieni qui mi faccio due risate mentre ti anniento".
"Ancora sei convinta di poter vincere? Io smetterei di illudermi" detto questo mi lanciò una ragnatela alle gambe, andandomele a legare. Povero illuso pensava di fermarmi così. Appena provò a farmi cadere, tirandomi le gambe, iniziai a volare e portai a spasso Spiderman come un cane.
"Dimmi quando devi fare la pausa pipì, che mi fermo" dissi sorridendo.
"Veramente molto simpatica" rispose e lanciò una ragnatela su un albero in modo da potermi bloccare, ma era proprio quello che volevo io. Adesso mi potevo liberare dalla ragnatela attraverso i tacchi-coltello e lasciare Spiderman schiantarsi sull'albero.
Non avvenì proprio così, quest'ultimo si riuscì a salvare poco prima dello schianto.
"Ragazzo ti sta battendo e anche male" strillò Tony a Spiderman. Allora avevo ragione era giovane, quando avrei voluto finire lo scontro mi bastava utilizzare gli occhi, visto che hanno un maggior effetto nei giovani; ma mi volevo divertire ancora per un po'.
"Allora posso notare che sai creare portarli e volare, se non mi uccidi, ti posso chiedere un favore?" chiese provando a lanciare qualche ragnatela per bloccarmi le mani, ma le schivai.
"Mi stai seriamente chiedendo un favore mentre combattiamo? Tu non stai bene" risposi.
"Almeno non ci annoiamo"
"L'unico che si annoia sei tu, visto che le stai prendendo più che dando" detto questo, stanca di schivare le ragnatele, aprii un portale proprio mentre lui ne lanciava due, che si attaccarono ad un albero, dove finì spiaccicato.
"Nat quanto bisogna continuare così? Inizio ad annoiarmi" dissi rivolgendomi a Nat, ma tendendo lo sguardo fisso su Spiderman.
"Finché Tony non è stanco di vedere massacrato il suo pupillo" rispose Nat ridendo.
"Sei stanco?" chiesi a Spiderman.
"Assolutamente no" rispose.
Riprendemmo il combattimento e fu pressappoco uguale a quello descritto prima: lui lanciava le ragnatele e io le schivavo. Solo una volta riuscì a farmi cadere, perché mentre mi stavo teletrasportando, mi prese le gambe e mi butto a terra. Naturalmente non feci in tempo a reagire perché mi stavo concentrando sul teletrasporto, ma ciò non avvenì più.
Spiderman non stava un momento zitto. Quando mi stufai definitivamente di sentirlo parlare, mi avvicinai in volo a lui, che si trovava su un albero, e gli dissi:
"Sicuro di non essere stanco?". Mentre facevo questo misi in azione i miei occhi e lo ipnotizzai, non rispose; mi avvicinai ancora di più.
"Perché io inizio a esserlo" naturalmente non era vero, però così ero certa di averlo incantato. Durante tutto ciò con le mani dietro alla schiena, avevo disattivato i suoi spara ragnatela.
"Si può bastare" rispose imbambolato.
"Perfetto, ha detto che è stanco" dissi rivolgendomi a Tony e Nat.
"Non è vero" rispose Spiderman risvegliatosi dall'ipnosi, ma ormai era troppo tardi, io ero già arrivata da Nat.
Quando provò ad avvicinarsi con le ragnatele, poté notare che non andavano e strillò per farsi sentire:
"Che cosa è successo alle mie ragnatele?"
"Forse devi aggiustare quegli affari, non mi sembrava che funzionassero bene" risposi con un sorriso beffardo.
"L'hai massacrato quel poverino" disse Nat anche lei sorridendo.
"Mi sono solo divertita" con questo Nat e io ci avviamo verso la cucina, visto che era ora di pranzo. Dietro di noi c'era Tony che "consolava" il ragazzo.
Arrivati in cucina mi avvicinai a Spiderman e gli chiesi: "Quale favore ti dovrei fare?"
"Se potevi portare mia zia e me a Milano, è un suo grande sogno" disse mentre si toglieva il costume dal volto. Era giovane, probabilmente più di me, sembrava un semplice ragazzo, quasi fuori posto per questo mondo.
"Certo" dissi non sapendo bene cosa era meglio fare, ma vedendo prendere piedi un enorme sorriso sul volto del ragazzo, mi rallegrai della mia decisione.
"Allora qual è il tuo vero nome?" domandai.
"Peter Parker e il tuo?"
"Elaxi, come ho detto già prima"
"Ah pensavo fosse il tuo nome da supereroe" disse imbarazzato.
"Ragazzo vieni qua" strillò Tony e subito Parker se ne andò verso di lui. Rimasi sola in cucina, Nat era andata via e i due si erano diretti in laboratorio.
Quel ragazzo mi aveva particolarmente colpito, non per la sua bellezza o la sua bravura, ma perché rappresentava qualcosa che non avevo mai vissuto: l'adolescenza. Quell'imbarazzo, che si cerca di reprimere, solo per chiedere una cosa, quella ingenuità nell'affrontare la vita, mi erano estranei. Non mi mancavano, essendo che non li avevo mai vissuti, ma provavo una specie di gelosia per chi li aveva potuti fare.
Con questi pensieri che mi ronzavano per la mente, mi preparai un panino, lo mangiai e poi andai in camera. Tolsi la tuta e mi misi i vestiti più larghi che avevo. Mi sedetti sulla sedia della scrivania e presa dalla noia iniziai a cercare qualcosa nei cassetti, non sapendo neanche io cosa. Vi trovai dei fogli bianchi e delle matite, ne presi uno per ogni tipo e come se trasportata da qualcosa di superiore, iniziai a disegnare. All'inizio non ero sicura del soggetto da rappresentare, ma dopo aver disegnato alcune righe capii che la mia mente stava pensando a una cosa: il sogno. Stavo disegnando il gazebo dove mia madre mi aveva portato. Non so perché la mia mente fosse tornata tutto d'un tratto su quel sogno, ma la occupò tutto il pomeriggio. Iniziai a comprendere che mentre disegnavo riuscivo a non pensare a niente, era come un'uscita dalla moltitudine di pensieri che mi affollavano la mente: era la mia salvezza.
Disegnai il gazebo, cercando di ricreare il più possibile quello del mio sogno e dopo varie cancellature e ritocchi ci riuscii. Quando finii, potei notare che era sera inoltrata, ero stata tutto il pomeriggio a disegnare. Un'altra cosa attirò la mia attenzione: una figura che si trovava appoggiata alla porta. La sagoma, che non riuscivo ad identificare, notò che l'avevo vista e si fece avanti permettendomi di vedere chi fosse: Bucky.
"Da quanto sei qui?" chiesi.
"Da un po'" rispose, lasciando che tra noi cadesse il silenzio.
Si avvicinò sempre più a me e notò il disegno. Cercai di nasconderlo prima che potesse farlo, mi sembrava come rivelare una parte di me nel mostrarlo; ma ormai era troppo tardi, l'aveva visto.
"Da quanto sai disegnare?" chiese prendendomi il disegno dalle mani.
"Da oggi" risposi a bassa voce.
"Sei brava" disse ridandomi il foglio. Subito glielo presi dalle mani e lo nascosi. Bucky notò il mio strano comportamento, ma non mi disse niente, anzi si andò a sedere sul letto.
"Come è andata con Spiderman?" chiese, attirando la mia attenzione su di lui.
"Bene, visto che l'ho massacrato" dissi con un sorrisetto sulle labbra.
"Hai fatto bene" disse anche lui sorridendo.
"Non ti sta simpatico, vero?" chiesi. Avevo notato che quando aveva saputo che avrei combattuto con Spiderman, aveva alzato gli occhi al cielo.
"Possiamo dire che lo tollero a malapena"
"Avevo notato" dissi alzandomi e sedendomi accanto a Bucky e appoggiai la testa sulla sua spalla. Non so perché lo feci, ma mi rilassò. Bucky in un primo momento si irrigidì, poi però si lasciò andare.
"Perché hai disegnato quel gazebo?" mi chiese dopo alcuni minuti di silenzio. Subito fui sorpresa da quella domanda, che mi rese diffidente nei confronti di Bucky. Lui lo notò e mi accarezzò il volto per tranquillizzarmi, ci riuscì ma ancora non ero sicura di volergli dire tutto del sogno.
"Era l'unico soggetto che mi veniva in mente" risposi secca.
"L'hai visto nel sogno, vero?" domandò, sorprendendomi ancora di più.
Feci di sì con la testa, sperando non chiedesse altro e non lo fece. Continuò per un po' ad accarezzarmi la guancia e riuscì a tranquillizzarmi completamente.
"Grazie" dissi a bassa voce.
"Grazie a te" rispose.
"E perché dovresti ringraziarmi?" chiesi non capendo.
"Perché hai curato la mia ferita". La risposta mi diede forza per baciarlo.
"Allora il troll sta meglio" dissi finito il bacio.
Bucky scoppiò in una risata, la vera prima risata che gli sentivo fare.

The fear of nothing || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora