𝟸𝟶.ʟᴀ ғᴀᴛᴀ ᴇ ɪʟ ᴛʀᴏʟʟ

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Passeggiammo per le vie di Brooklyn senza fare una vera e propria conversazione, solo alcune frasi ogni tanto; poi iniziò a piovere. Non volendomi bagnare e trovandoci in un quartiere abbastanza deserto, decisi di formare con i miei poteri uno scudo sulla mia testa, una specie di ombrello. Copriva solo me, era quella la mia intenzione, quindi quando Bucky si girò verso di me già tutto bagnato e mi vide bella asciutta, disse con una voce tra il sorpreso e il seccato:
"Davvero?"
"Cosa?" dissi ridendo, avevo capito, ma vederlo arrabbiarsi era troppo divertente.
"Sai io sono quasi fradicio, quindi fa in modo che copra anche a me quell'affare"
"Le parole magiche", mi stavo proprio godendo il momento. La pioggia stava scendendo sempre più fitta, quasi non vedevo Bucky.
"Seria?!"
"Non mi ricordavo fosse questa la parola magica, pensavo fossero due"
"Per favore" disse alzando gli occhi al cielo e probabilmente maledicendomi.
"Avvicinati" comandai, ma lui mi guardò storto, "Come pensi di proteggerti dall'acqua?"
Detto ciò si avvicinò a me e riuscii a estendere lo scudo così che potesse proteggere anche Bucky.
"Mi raccomando non mi stare troppo vicino, non ho voglia di bagnarmi". Non l'avessi mai detto, si catapultò su di me per abbracciarmi, andandomi a bagnare tutta.
"Ti odio" dissi cercando di allontanarlo, ma la sua presa era troppo forte.
"Non è vero" rispose sussurrando. Un brivido percorse tutto il mio corpo e non perché ero bagnata e faceva freddo. Istintivamente, sentendo che stava avendo troppo controllo su di me, mi teletrasportai lontano dalle sue braccia. Lui rimase abbastanza stupito da questo mio gesto, anche perché si trovava nuovamente sotto l'acqua. Non potei trattenere una risata alla vista di Bucky fradicio, con in volto un'espressione scocciata.
Provò a riavvicinarsi, ma subito mi allontanai.
"Ti puoi avvicinare solo se non mi tocchi più" dissi.
"Va bene" e subito si mise sotto lo scudo.

*più tardi*
"Ti voglio portare in un posto" disse afferrandomi per un braccio e portandomi nella direzione opposta a quella in cui stavo andando.
"Okay" risposi un po' timorosa.
Ci incamminammo per i quartieri di Brooklyn allontanandoci sempre di più dalla parte più ricca, andando verso quella lasciata a sé.
Ad un tratto Bucky si bloccò, quasi di colpo, davanti a degli edifici in malora.
"Perché ci siamo fermati?" chiesi non capendone il motivo.
"Questa era casa mia" disse dopo alcuni minuti di silenzio.
"Poco più là c'era la casa di Steve" continuò indicando altri edifici dalla parte opposta.
"Qui Steve e io siamo cresciuti. Le nostre mamme a volte ci strillavano per farci tornare, ma noi ci nascondevamo per non farci trovare". Aveva un sorriso amaro in volto e potei notare che i suoi occhi erano lucidi.
"Ti manca la tua famiglia?" chiesi timidamente.
"Molto" rispose "ma non so se la vorrei rivedere" aggiunse sottovoce.
"Perché no?" chiesi
"Perché vedrebbero cosa sono diventato" disse fissando un punto.
Gli presi il volto tra le mani e lo girai cosicché ci potessimo guardare negli occhi e dissi:
"Sarebbero molto fieri di te. Hai vissuto cose inimmaginabili, terribili, sei vissuto senza memoria, senza sapere cosa era bene e cosa era male, l'importante era obbedire. Ma anche dopo tutto questo riesci ogni giorno ad alzarti dal maledetto letto, che la notte ti tormenta, e combattere per ciò che ormai sai che è giusto" dissi tutto d'un fiato. Pensavo veramente queste cose, lo stimavo, era quasi un esempio per me, vedevo in lui e nella sua volontà qualcosa che potevo essere anche io. Rimase sorpreso dal mio discorso, ma potevo leggere della gratitudine nei suoi occhi e poi mi baciò. Mi colse di sorpresa, ma non mi allontanai, anzi cercai di stringermi forte a lui.
"Grazie" mi disse, dopo essersi staccato dalle mie labbra. Io non riuscii a sopportare l'assenza della sua morbida bocca sulla mia e lo baciai. Era come se qualcosa tra di noi si fosse dischiuso. Molte volte nelle canzoni e nei libri si parla di muri che ci creiamo per proteggerci dagli altri, ma non mi sembra veritiera questa cosa. Non esistono muri o cose del genere, ma solo la paura, quell'emozione che ti consuma da dentro e che non ti abbandona. Ecco con quel bacio per un secondo non la percepii più.

Sentimmo una vocina dietro di noi dire ciao e naturalmente questo ci fece concludere il bacio, per rivolgerci verso il punto di provenienza del saluto. Affacciata a una finestra si trovava una bambina intenta a fissarci.
"Ciao" strillò di nuovo e accompagnò il tutto con un cenno della mano. Allo stesso modo ricambiai il saluto, non molto certa sul da farsi. Bucky ancora stringeva la mia vita, ma anche lui sembrava concentrato sulla bambina. Poi quest'ultima ci fece cenno con la mano di avvicinarsi. Subito mi voltai verso Bucky per capire cosa era meglio fare, ma lui capendo la mia domanda attraverso il mio volto rispose facendo spallucce. Decisi che una bambina non poteva rappresentare un pericolo, per questo mi avvicinai alla finestra, seguita da Bucky. Appena arrivati di fronte alla finestra (era a piano terra) la bambina chiese:
"Come riesci a fare questo?"
Si riferiva allo scudo che proteggeva Bucky e me dalla pioggia. Rimasi per un po' in silenzio, non potevo dirle che ero stata geneticamente modificata da un cubo strano, era un po' troppo per una bambina, sarei andata con le favole.
"Perché sono una fata" risposi sorridendo alla bambina.
"Allora dove sono le tue ali?"
Tosta la ragazzina.
"Non tutte le fate ce l'hanno"
"Ah, mhh. E lui che cosa è?" chiese sempre rivolgendosi a me, ma indicando Bucky. Dissi la prima cosa che mi venne in mente:
"È un troll", solo dopo averlo detto ad alta voce mi resi conto di aver chiamato Bucky un troll e scoppiai in una risata. Quest'ultimo mi fulminò, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
"Pensavo fossero più brutti i troll" disse la bambina, come se non si fosse accorta della mia risata.
"Si devo ammettere che per essere un troll non è male" risposi sempre ridendo, rivolgendo il mio sguardo verso Bucky. Lui non sapeva se essere compiaciuto da ciò o estremamente offeso.
"Perché l'hai baciato?" continuò la bambina.
"Tu fai un po' troppe domande, sai?" dissi rivolgendomi a lei con un sorriso.
"È perché non ho mai visto un troll e una fata baciarsi" rispose facendo degli occhioni da cucciolo.
"Dai Elaxi spiegagli perché mi hai baciato" intervenne Bucky, soddisfatto di avermi messa in una situazione critica, ma non l'aveva fatto, avevo avuto il tempo per prepararmi una risposta.
"Con il mio bacio stavo guarendo una ferita del troll" risposi orgogliosa di me, ma soprattutto con uno sguardo di sfida verso Bucky.
"Dove era la ferita?" chiese la bambina con aria molto curiosa.
"Qui" dissi poggiando un dito sul petto di Bucky all'altezza del cuore. Bucky mi guardò stupito, ma iniziava a comprendere che non avevo tutti i torti.
"Te l'ha guarita?" continuò la bambina rivolgendosi a Bucky.
"Non totalmente" rispose dopo essersi ripreso dal mio gesto.
"Perché non totalmente?"
"Perché non mi ha detto che le piaccio e quindi non mi ha curato completamente" rispose Bucky. Ero fregata, totalmente fregata. Fulminai Bucky, ma lui mi sorrise.
"Perché non gli hai detto che ti piace?" chiese la bimba, quasi volesse rimproverarmi. E adesso che le dicevo? Perché ho paura, sarebbe stato troppo soprattutto in presenza di Bucky; ma fortunatamente arrivò l'illuminazione divina.
"Perché lo deve dire prima lui, sennò non guarisce" dissi molto fiera della mia risposta, girandomi verso Bucky come per dire non mi puoi fregare.
"Allora perché non le hai detto tu che ti piace?" chiese la bambina stavolta a Bucky; adesso potevo godermi lo spettacolo. Vidi Bucky in seria difficoltà, non aveva abbastanza fantasia per inventarsi una cosa come la mia, ma non me la voleva nemmeno dare vinta.
"Tu non dovresti essere a letto?" rispose Bucky cercando di deviare il discorso e la cosa peggiore è che ci riuscì.
"Forse" disse la bimba con aria birichina.
"Allora è meglio se ci vai" risposi sorridendole.
"Solo se mi fai vedere una magia" continuò, facendo gli occhioni da cucciolo.
"Va bene, ma solo una". Non sapevo che potevo farle vedere, i miei poteri non sembravano quelli di una fata. Ricordai che c'era la possibilità che avessi poteri a me ignoti e sperai di poterne scoprire uno adesso. Mi concentrai sulle mie mani, dovevo fare in modo che brillassero o non so che, mi bastava facessero qualcosa di strano e così fu. Le mie mani iniziarono a sprigionare una sostanza immateriale di colore blu elettrico. Alla vista di ciò, quasi mi spaventai e cercai nello sguardo di Bucky conforto, ma lui era più sorpreso di me. La bambina stava gioendo alla vista della magia, ma io iniziavo ad avere paura perché non riuscivo a smettere. Non potevo farmi prendere dalle emozioni, dovevo rimanere calma, non potevo fare casini. Feci due respiri molto profondi e mi concentrai nuovamente sulle mie mani e le feci smettere. Non mi sentivo molto bene, ero confusa, molto confusa, ma anche stanca.
"Adesso noi bisogna andare" disse Bucky afferrandomi e sostenendomi con un braccio, mi sentivo stranamente debole, ma dovevo resistere almeno il tempo di tornare a casa.
"Ciao" strillò la bambina quando eravamo ormai lontani. Lo scudo non resistette più e svanì, iniziando a bagnare Bucky e me.
"Ce la fai?" chiese Bucky molto preoccupato. Feci cenno di sì con la testa, ma non ero molto sicura. Raccolsi tutte le forze rimaste, mi misi più dritta possibile e sempre tra le braccia di Bucky ci teletrasportai in camera mia. Arrivata non ce la feci più a sostenermi e caddi nel letto, subito Bucky si avvicinò a controllare come stavo realmente.
"Io vado a chiamare qualcuno" disse e si alzò, ma lo fermai prima.
"Sto bene, non ti preoccupare" dissi forzando un sorriso.
"Io non ti lascio da sola però" affermò come un ordine. Feci di sì con la testa, gliene ero grata, non me la sentivo proprio di stare sola. Bucky si andò a sedere su una poltrona, ma subito lo richiamai a letto, non volevo farlo stare scomodo solo perché non mi sentivo tanto bene.
"Non ti preoccupare, puoi stare anche qui, la poltrona è troppo scomoda" dissi con un filo di voce, ma Bucky mi sentì. Si avvicinò a me e si distese accanto a me, adesso mi sentivo già un po' meglio.
"Puoi promettermi una cosa?" gli chiesi mentre lo guardavo negli occhi.
"Cosa?" la sua voce era titubante.
"Per favore non dire a nessuno quello che è successo" implorai, fece cenno di sì con la testa.
Dopo questo non resistetti più e caddi in un sonno profondo e senza sogni.

The fear of nothing || Bucky BarnesOnde histórias criam vida. Descubra agora