29 Una situazione surreale

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Camminava velocemente lungo il sentiero ciottolato, quasi barcollando, per via dei tacchi. Gesticolava, si scaldava, a causa delle emozioni forti e contrastanti che la pervadevano: farsi coraggio, dare forza e non lasciarsi prendere dallo sconforto; perché di paura ne aveva tanta Betta e non era certo la tipa che si tirava indietro. In grado di provare sentimenti veri, si barcamenava spesso nelle situazioni più difficili senza il minimo pentimento.

Ma lei era questa: una donna forte e combattiva, altruista e generosa, leale e sincera. Avrebbe fatto carte false pur di perseguire i suoi ideali. Ma nello stesso tempo anche teatrale e imbranata, civettuola e un po' matta, impulsiva e cocciuta. Un concentrato di energia, una fonte inesauribile di sorprese, una sorella, un'amica, un'alleata. Cosa avrebbe mai fatto Sveva senza la Betta?

Lei era la spinta che le mancava a tentare il tutto per tutto, lo sprone ad abbandonare la sua razionalità. Sveva apprezzava la sua franchezza e la sua naturalezza anche se alle volte era incontenibile, non riuscendo a porre un freno alla sua innata curiosità: quella donna o l'amavi o l'odiavi. Guardava il giardino commentando, dando consigli, sistemando.

Era il suo modo di essere: capace di grandi slanci affettivi, di sentimenti profondi di amicizia e di gratitudine e allo stesso tempo abile a passare rapidamente dallo sconforto totale alla spensieratezza più vera. Forse era un suo modo di proteggersi, una corazza che metteva all'occorrenza per tutelarsi: quella della imperscrutabilità, della impenetrabilità.

Frugò in ogni stanza, nella soffitta, sotto il letto alla ricerca di quel qualcosa che l'aiutasse nel suo intento.

«Se mi dicessi cosa hai intenzione di fare magari potrei anche aiutarti! Dopotutto questa è la mia casa, non credi?» disse Sveva frustrata.

Anche il cane sembrava spaesato.

Lana infatti, dopo averle accolte con grande euforia, se ne stava buona buona in un angolino del giardino, guardando i movimenti di quella donna tutta matta.

Betta era profondamente irritata e quando si rese conto di essere sul punto di piangere, iniziò a parlare tra sé e sé. Sveva continuava a non capirci nulla e anche quella bestia pareva aver rinunciato: sconsolata, guardava dal basso Betta, con il muso tra le zampe.

«Se solo fosse più piccola», si fece sfuggire.

«Chi?»

Poi ad un certo punto l'illuminazione.

«No... non avrai mica in mente di portare Lana in ospedale?»

A quelle parole la cagnolina sobbalzò, scodinzolando e inclinando il capo su di un lato: sembrava apprezzare l'idea di rivedere la padroncina, come se avesse capito tutto...

Sveva era stupita ma al contempo emozionata: si sedette sul muretto della veranda con la mano al petto, trattenendo il fiato. Sentimenti discordanti si agitavano dentro di lei: il desiderio di vedere Francesca guarire, la paura del fallimento. In preda al panico stette ancora in silenzio, scrutando il prato, le fronde degli alberi.

La quiete della natura, l'immensità del cielo, d'un azzurro sfumato d'arancio, calmarono il suo animo irrequieto. Le sue angosce si placarono ma non le emozioni. Quando le speranze ormai erano state abbandonate del tutto, ecco uno spiraglio, una luce tenue a cui aggrapparsi.
Chi lo avrebbe mai immaginato?

Sentì il cuore battere a mille. Le parve di vedere tutta la vita in un lampo e le sembrò reale la possibilità di un grande successo così come  concreta l'evenienza di commettere un grande sbaglio.
Cosa fare dunque?
Nell'ultimo caso avrebbe perso tutto: la stima di Marco, la credibilità...
Sarebbe stato un grande fiasco che avrebbe messo in difficoltà lo stesso marito.

Già immaginava i pettegolezzi, già si vedeva additata come la moglie del medico che aveva cercato di contravvenire alle regole ospedaliere.
La prima ipotesi, tuttavia, non era trascurabile.
Se davvero Lana avesse potuto causare una qualche reazione in Francesca? Non era da escludere! 

Cercò di elaborare delle giustificazioni che rendessero plausibili i suoi comportamenti: non erano abbastanza convincenti.
Rinunciare o approvare il progetto folle dell'amica?
Ma se legittimate quelle azioni non avrebbero nuociuto a nessuno, perché rischiare allora?

«Possiamo dirlo a Marco, lui potrebbe dirci a chi chiedere e qual è la procedura da seguire.»

«Certo, come no? E magari, ammesso che avessimo ancora del tempo, rischiare un diniego. Sveva, svegliati! Cosa ci possono fare? Ci possono arrestare? Andremo in ospedale, il cane scapperà... Non era nostra intenzione... Poi comunque vedremo, inventeremo, ci verrà in mente qualcosa una volta lì.»

«Non riusciremo mai ad entrare. Ci fermeranno subito all'entrata!»

«Questo lo vedremo! Entreremo dal pronto soccorso. C'è sempre tanta gente... Passeremo inosservate. Su andiamo, non c'è tempo da perdere.»

«Così, ora, su due piedi?» chiese Sveva. Erano partite nel tardo pomeriggio e adesso era mattino presto.

«Ma poi, ti sei vista?» chiese ancora all'amica.

«Cos'ho che non va? Non capisco», rispose la riccia.

Aveva un vestito giallo sgargiante, una collanina di perle, i polsi costellati da monili con ciondoli eccentrici e colorati. Il firmamento, al suo cospetto, sarebbe sembrato povero di stelle. Disseminati tra i capelli fiorellini minuscoli gialli. Se avesse avuto i tacchi a spillo e un cappello con veletta sarebbe stata perfetta come testimone a un matrimonio.

«Non hai nulla che non vada bene. Sei soltanto "fuori luogo". Ti pare che non saresti notata conciata in quel modo? Non sfuggiresti all'attenzione nemmeno del più disinteressato tra gli uomini. Ma come puoi soltanto pensare di venire così in ospedale?»

«Beh io...»

Effettivamente sarebbe stato più opportuno optare per un outfit più sobrio, meno ridondante.

Betta ci pensò.

Tutta quella situazione, abbastanza surreale, se non altro aveva distratto, sia pure per per poco tempo, la mente delle due donne dalla elaborazione del delicato momento, ciononostante era davvero troppo per Elisabetta subire quella umiliazione. Non che fosse una persona priva di profondità, senz'altro era molto attenta alla sua immagine, alla sua esteriorità, e a dirla tutta quella non celava per niente la sua personalità, ma la sua interiorità, i suoi pregi caratteriali, erano un tutt'uno con il suo apparire, e quegli aspetti ben si fondevano tra di loro lasciando trasparire il suo essere estroso. Dover rinunciare, ora, a una parte di sé, sarebbe stato veramente difficile.

L'incertezza di Sveva.Where stories live. Discover now