Capitolo 22

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Elisabeth's POV

«Dove vai?». Mio padre spalancò la porta del bagno facendomi sobbalzare, portai una mano al petto sentendo il cuore che rischiava di uscirmi dalla casa toracica.

«Mi hai spaventata... - presi un respiro e lo guardai - Esco».

L'uomo alla porta mi squadrò da capo a piedi, assottigliando brutalmente lo sguardo: «E con chi esci?».

Mi osservai allo specchio, guardando come le mie guance iniziarono a cambiare colore: «Levi... credo che tu ne sia contento, no?».

Il suo sguardo si ammorbidì per mezzo secondo, poi tornò il solito sguardo duro e freddo di sempre. «Non farmi sfigurare con la famiglia Ackerman, sono stato chiaro?».

«Sissignore...». Mormorai, sospirando leggermente, prendendo alla fine la spazzola ed iniziai a passarla lentamente sui miei capelli.

«Bene».

Appena se ne andò mio padre, appoggiai entrambe le mani sul lavandino, ed iniziai ad osservare quelle goccioline così sole rimaste fuori sulla superficie bianca e pulita della ceramica del sanitario. Ed io ero come quelle goccioline, che non potevano farci niente, prima o poi sarebbero scivolate nelle tubature, finendo nelle fogne...

Che schifo di vita.

Mi venne da pensare anche al fatto che le mie metafore erano davvero penose.

Non avevo idea del perché avessi accettato l'uscita con Levi... insomma, non mi sembrava il tipo che prende l'iniziativa di uscire con qualcuno. Che si annoiasse? Molto probabile.

Tornai in camera mia, iniziando a saltellare per la stanza mentre indossavo gli stivaletti. Avevo optato per un outfit abbastanza semplice, non volevo che mio padre ci mettesse bocca o giudicasse.

Avevo preso una gonna nera stretta e sopra avevo messo un maglioncino più largo a collo alto dal colore più tenue, beige. Non volevo eccedere, insomma, Levi alla fine mi vedeva nelle peggiori condizioni durate le prove, quella era una semplice uscita... Però, sotto sotto volevo che i suoi occhi fossero solo per me...

Era così strano?

Quello stupido ragazzo...

«Elisabeth!». Mio padre gridò dal piano di sotto e io feci di nuovo un altro salto, così afferrai la mia borsa e corsi al piano di sotto, osservando l'uomo che mi guardava distante: «Niente figuracce, intesi?».

Non gli risposi, afferrai il mio cappotto e spalancai la porta, trovandomi davanti agli occhi quelli blu del corvino.

Schiusi le labbra nel vederlo, nonostante non fosse vestito elegante, ma con il suo solito look casual, per me era unico. Quel giorno si era messo anche un cappellino per coprirlo dal freddo, e da sotto la giacca potevo vedere un maglione verdastro, con i jeans neri a fasciargli perfettamente le gambe magre ma sode.

Cuore, perché non la smetti di fare l'idiota e torni in te?

«Ehi». Dissi, mordicchiandomi poi un labbro, azione che attirò la sua attenzione.

«Oi – si inumidì le labbra e si scostò di lato per farmi passare, affiancandomi per portarmi alla macchina, non senza avermi squadrata da capo a piedi – Sei bella».

Mi bloccai, sentivo il mio volto andare in fiamme.

Bastardo.

«B-beh... cosa facciamo?». Effettivamente non avevo pensato a cosa avremmo potuto fare. Era novembre e faceva freddo, non c'erano molte attività da poter fare.

ꜱᴛᴀʏ ᴡɪᴛʜ ᴍᴇ [𝓛𝓮𝓿𝓲 𝔁 𝓞𝓒]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora