Capitolo 10

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Ci sono alcuni giorni, o meglio alcune settimane, in cui mi pare di avere una nuvola nera che mi gira sopra la testa, in stile Fantozzi.

Lunedì si è rotta la lavatrice. Quando mi sono svegliata, ho trovato il pavimento allagato e schiuma ovunque. Lasciando perdere l'angoscia dell'aver allagato l'intero condominio, alle 6 del mattino mi è toccato asciugare il pavimento e, peggio ancora, salvare i tappeti. L'assurdità è che l'ho fatta andare di notte (è un modello silenzioso!) per risparmiare tempo. 

Il lato positivo è che, avendo un orario flessibile e non dovendo timbrare, non ho l'ansia del fare tardi lavoro. O perlomeno, di solito non ce l'ho. Peccato avessi una call con l'Australia alle 6 e 30, così che mi è toccato correre già all'alba per pulire tutto, darmi una sistemata e connettermi alla conf call. Che, con il fatto che sono tutti fissati con l'accendere la webcam, sono un vero incubo. Fortunatamente esiste il lavoro da casa.

Sta di fatto che oggi è sabato ed è quasi da una settimana che mi tocca lavare tutto a mano, a parte i tailleur e i vestiti un po' più seri che ho portato in lavanderia.
Sono anche rimasta senza mutande pulite perché speravo venissero a riparare il tutto in pochi giorni, ma invece non è stato così. Neanche chiedere di parlare con il capo e col capo del capo ha aiutato.
Con mio sommo disagio, ho dovuto recuperare nei meandri del cassetto un tanga super sexy che mi aveva regalato Matteo per un San Valentino focoso. Non credo di averle più messe da quei tempi...ma insomma, o queste o niente. Non che ci sia una grande differenza tra le due opzioni, giusto una fastidiosa strisciolina di pizzo nero.

E tanto per continuare con la mia scia fortunata, questa sera mi aspetta un'altra fantastica uscita con Claudia, Giorgio e, ovviamente Alex. La verità è che non avrei proprio voglia di dover iniziare a vedere il mio vicino al di là degli sporadici incontri sul pianerottolo, ma temo proprio che dovrò iniziare ad abituarmi all'idea.

Alla fine, la storia di Claudia sembra andare bene anche se iniziata da meno di due mesi. E ho già scampato queste cenette fin troppe volte, quindi ho esaurito le scuse. Perlomeno potrò rivedere la mia amica dato che negli ultimi tempi è diventato difficile incontrarla. Cosa che, ovviamente, capisco benissimo, ma non posso negare che, egoisticamente parlando, mi dispiace molto.

Non ho molte amiche oltre a Claudia. Anzi. Diciamo che non ne ho proprio, oltre a Claudia. L'unica altra persona di cui mi fido senza riserve è mia sorella, ma non tocchiamo mai discorsi sentimentali e, oltre a lei, c'è Emma che però conosco solo in ambito lavorativo.

Quindi sì, senza lei soffro un po' di solitudine. L'unica fortuna è che ho il sostegno dei miei follower, con cui condivido la passione per manga, anime, film eccetera, ma non potendo raccontare troppo di me, è difficile. Soprattutto perché devo filtrare tutto ciò che è troppo personale.

Anche per questo ho accettato la cena, perché so anche io che non posso vivere solo per andare al lavoro. Per questo sono disposta anche ad accettare la presenza del mio vicino. Sperando che le sporadiche lezioni di yoga mi aiutino a non infilzarlo con una forchetta.

Decido di indossare un paio di jeans neri, abbinati a una camicetta azzurra e una giacca, più che altro perché non ho molte cose pulite nel mio armadio: o look da lavoro o magliette stupide.

«Ciao Pika, ciao Archimede, ci vediamo dopo», li saluto prima di chiudere la porta di casa.

«Per un attimo ho pensato parlassi con il tuo amante, vicina, ma in effetti sarebbe strano», esclama una voce alle mie spalle. Una voce dannatamente sarcastica e irritante che, ahimè, non posso ignorare.

Mantengo sotto controllo lo spirito bellico che si scatena involontariamente dentro di me ogni volta che parlo con lui: «Ciao anche a te, vicino».

«Andiamo?», mi chiede mentre ci dirigiamo entrambi verso l'ascensore.

Per un secondo lo fisso inebetita: «Vuoi venire con me?».

«Oh beh, non ti facevo così diretta, ma se me lo chiedi così...», risponde con la sua immancabile ironia, avvicinandosi a me. Che battute pessime, neanche un ragazzino le farebbe. Penso proprio che la sua fortuna con le donne dipenda solo ed esclusivamente dalla sua bellezza.

Lo schivo rapida e aggiungo subito, facendo ciondolare le mie chiavi davanti alla sua faccia: «Non farti strane idee. In macchina insieme».

«A dire il vero volevo essere io a offriti un passaggio, signorina Rottenmeier».

«Sta zitto... Malfoy», esclamo dopo un secondo di esitazione, abbagliata dai suoi capelli biondi. Anche se non sono di certo biondo platino, lo spirito di Alex è paragonabile a quello del Serpeverde. Non ho trovato un paragone migliore, ok? E Malfoy è il primo personaggio fittizio che mi è venuto in mente. Per tutta risposta lui scoppia a ridere e continua anche mentre arriviamo al garage sotterraneo. Mi segue mentre mi reco verso la mia piccola 500 rossa.

«Avrei preferito il mio bolide, ma ok», borbotta salendo in macchina e spingendo indietro il sedile per accomodare le sue lunghe gambe, «Ma la prossima volta guido io».

È il mio turno di sghignazzare, fino a che non mi rendo conto con orrore che, in effetti, le probabilità che ci sia una prossima volta sono più di quanto io stessa voglia ammettere.

«Certo che la tua macchina è una scatoletta. Dovresti farti dare un'auto aziendale».

«Non la voglio l'auto aziendale, mi piace la mia 500, le poche volte in cui la uso», replico cercando di rimanere concentrata sulla guida, «E poi, non è la macchina ad avere un problema: sei tu che hai delle gambe lunghe, smilzo».

Alex ghigna per niente offeso: «Anche la mia terza gamba è lunga».

Lotto con fatica per cercare di mantenere gli occhi sulla strada trafficata anziché alzarli al cielo. Vorrei rispondergli a tono, ma alla fine decido che la punizione migliore sia ignorarlo. Non che a lui importi molto, talmente è sicuro di sé. Ma ce l'ha un cervello? Perché queste sono davvero le battute stupide che farebbe un adolescente allupato. 

«È meglio se giri qua, fidati», dice per l'ennesima volta, mentre io continuo imperterrita a seguire le indicazioni dettate dalla voce stridula del navigatore, «Guarda che so cosa ti dico, ti ricordo che stiamo andando dal mio amico, ragione per cui sono io la fonte più affidabile».

«Anche il mio navigatore è affidabile».

«Quanto sei testarda», sbuffa con un tono serio.

«Che vuoi che ti dica, non posso negarlo», replico serafica con un'alzatina di spalle.

«Dama di ferro».

«Rompiscatole».

Parcheggio abilmente, non senza un certo orgoglio, in una via vicino a casa di Giorgio. Dopodiché, nonostante la voglia di affidarmi al navigatore del cellulare anche per il tratto a piedi, sono obbligata a seguire Alex che mi fa strada con le sue gambe lunghe.

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoWhere stories live. Discover now