Capitolo 5

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Trascorro il weekend e la settimana completamente immersa nel lavoro, senza nessun evento particolare. A volte mi sento a bordo di una giostra infinita: lavoro, torno a casa, mi faccio una doccia, mangio, lavoro ancora, dormo, mi sveglio e ricomincio. Mai niente di interessante, se non qualche picco di nervosismo.

C'è una collega in ufficio che tollero difficilmente. Non so che problema abbia, ma vedo che non le piaccio e siccome non può prendere di mira me, lo fa con Emma quando può. La punzecchia continuamente e vorrei poterla sgridare come si deve, ma non fa parte del mio team e oggettivamente non fa nulla di grave. Si chiama Matilde. Passa la sua vita a lamentarsi e far ondeggiare i suoi lunghi capelli rossicci. Credo abbia anche qualche anno in più di me.
Una volta mi sono permessa di riprenderla, forse è per quello che ora non mi tollera. Ma d'altra parte, era alla macchinetta del caffè che continuava a ripetere quanto le facesse schifo l'azienda e prima ancora di poterci riflettere, le avevo detto che se non fosse stata contenta avrebbe potuto sempre andarsene. Insomma, ho forse torto? Se non ti piace, vattene e non ti lamentare. Per sua fortuna ho un filtro tra la testa e la bocca e di solito sono più diplomatica di quanto non lo sia il mio cervello.
Da quel giorno credo che, se potesse farlo, mi sputerebbe quotidianamente nel caffè. E da quel giorno, ogni volta che la vedo, percepisco il suo odio nei miei confronti e per empatia provo la stessa cosa. Mi infastidisce, soprattutto quando la vedo parlottare a bassa voce con alcuni colleghi, come se avesse chissà quale segreto da nascondere.

So benissimo di non essere particolarmente amata in ufficio, se non in apparenza. In tutta onestà, credo che l'unica persona di cui io mi possa fidare qui sia Emma. E probabilmente, i ragazzi del mio team.

Il lato positivo di questa mia vita routinante è che in un batter d'occhio arriva di nuovo il weekend. Questa volta è Claudia a venire da me per una cenetta cinese. L'aspetto per le 20.30, ma stranamente dopo mezz'ora dall'orario stabilito non è ancora arrivata. Strano. Lei è sempre in ritardo, ma nel limite del quarto d'ora accademico.

Mi lancio pigramente alla ricerca del mio telefono personale e noto che, effettivamente, la mia amica ha provato a chiamarmi diverse volte. Trovo anche una chiamata di un numero sconosciuto. Il mio cuore inizia a battere furiosamente pensando al peggio, perlomeno finché non leggo il suo messaggio di almeno una ventina di minuti prima.

Sono bloccata in ascensore, l'allarme non credo funzioni. help!

Mi lancio fuori dalla porta di casa e provo a chiamare l'ascensore solo per constatare che è effettivamente fuori uso. Picchio sulla porta urlando il nome della mia amica, ma l'unica risposta che ricevo proviene dalle mie spalle: «Villa, vogliamo smetterla di fare casino?».
Prima ancora di voltarmi, mi sento pervadere dall'irritazione, che svanisce di colpo non appena incrocio il suo sguardo. Alex, coi capelli umidi, il viso parzialmente coperto di schiuma da barba e un asciugamano in vita, da cui però riesco a scorgere il bordo dei suoi boxer neri. Perlomeno non è nudo.

«Ti prego, così mi imbarazzi», dice senza vergogna, ma con una punta di ironia, «Che succede? I tuoi schiamazzi sono fastidiosi».

«L'ascensore...non funziona. La mia amica è chiusa dentro», borbotto un po' preoccupata.

«Hai già provato a richiamarla?».

«Secondo te?», borbotto alzando gli occhi al cielo, «Certo! Ma non risponde. Speriamo non sia successo niente di grave».

Alex si avvicina a me e mi appoggia una mano sulla spalla: «Tranquilla, ci sono io con te». Il suo tono è talmente sarcastico da risultarmi snervante e mi spinge ad allontanarmi da lui fulminandolo con lo sguardo.

«E comunque, prova a richiamare ancora. Vado a recuperare anche il mio cellulare...», e dicendo così rientra in casa.

Mentre lo osservo allontanarsi, mi distraggo osservando i muscoli della sua schiena e il suo tatuaggio sulla spalla. È proprio vero che l'astinenza gioca bruttissimi scherzi. Tuttavia, credo di dover considerare il lato positivo: non faccio sesso da due anni, eppure i miei ormoni reagiscono ancora. C'è speranza, allora. Peccato che per quanto lui possa essere affascinante, so esattamente che tipo di persona è, e questo mi basta per soffocare qualsiasi fantasia.

Ci metto ben poco a riprendermi e telefonare per richiedere un intervento urgente da parte della società responsabile dell'ascensore. Ma com'è possibile che Claudia non li abbia già chiamati? Era la prima cosa da fare!

Quando Alex ritorna ha uno sguardo perplesso e un vago sorriso sulla faccia: «Credo che la tua amica sia in buona compagnia, quel pirla...Chiamiamo l'assistenza, va».

«Già fatto, ci vorrà almeno mezz'ora», rispondo prima ancora di dargli il tempo di telefonare, «spiegami... quale buona compagnia?».

Per tutta risposta lui fa un altro strano ghigno, vagamente inquietante: «Pare che il mio amico sia bloccato in ascensore con la tua amica».

Povera Claudia. Speriamo che questo tipo sia più simpatico di Alex.
«Ragazzina, ti inviterei a entrare a casa mia, ma non vorrei che la contaminassi con il tuo karma di chi non si sa divertire», mi dice con il suo solito tono irritante.

Ha questo brutto vizio di parlare. Altrimenti non avrei niente contro di lui, anzi: «Solani, se è per questo probabilmente sei già stato contaminato trascorrendo la notte sul mio divano. Non so se ti ricordi, ma mi riferisco a quando hai distrutto il mio vaso. E vai a vestirti, ti faccio sapere appena arrivano quelli della manutenzione». Senza nemmeno salutarlo, rientro in casa.

Detesto ammetterlo, ma in fondo credo che le sue parole mi colpiscano sempre un pochino. La mia vita è sul serio percepita come così triste? Alex ha questo brutta abitudine di non preoccuparsi troppo di ferire le persone con la sua onestà.

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora