Capitolo 18

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«Pronta?», dice guardando di fronte a sé, fermo davanti alla porta del ristorante.

«Pronta», rispondo mentre mi apre fa strada e diamo inizio alla nostra prova. Abbiamo deciso di testare con Claudia e Giorgio quanto siamo credibili come coppia, dato che abbiamo intenzione di dirgli la verità oggi.

Alex mi porge il palmo della sua mano e io intreccio le mie dita con le sue. So benissimo che questo contatto gli dà fastidio quanto a me. Prima di uscire l'abbiamo provato tre volte e, sembrerà assurdo, ma ogni volta abbiamo finito per staccarci  e pulirci la mano sulla giacca.

Non so perché mi faccia sentire così, come se stessi stringendo uno scorpione, anziché la mano di un uomo attraente. È una cosa così forzata che...non lo so, mi infastidisce e basta. Mi sembra di fare una cosa sbagliata e la sensazione è spiacevole.

Claudia, non appena ci vede strabuzza gli occhi e spalanca la bocca stupita. Poi si volta verso Giorgio e ci indica con un dito. Ottimo. Almeno da lontano, mano nella mano, siamo credibili. Anche se so che entrambi ci stiamo chiedendo perché ci siamo cacciati in questa situazione senza senso, dove anche il tenersi per mano diventa un allenamento. 

Mi avvicino sicura mentre ondeggio lentamente sui miei tacchi neri. Alex mi stringe di più.

Non abbiamo nemmeno il tempo di salutarci che la mia amica inizia a parlare con entusiasmo: «Che cos'è successo? State insieme?».

Io rispondo con un mezzo sorrisetto. E anche questo mi sembra un gesto difficilissimo.
«Non è possibile! E' una notizia meravigliosa».

Giorgio guarda il suo amico e la sua fronte aggrottata lascia trasparire la confusione, mentre Alex mi aiuta educatamente a togliermi il cappotto e, da vero gentiluomo quale solitamente non è, mi aiuta ad accomodarmi al tavolo. 

«Siamo credibili?», gli domanda schietto appena si siede accanto a me, «Bene, perché è una farsa». I giri di parole non fanno per lui. 

La faccia di Claudia si spegne e il sorriso smagliante sparisce di colpo, mentre borbotta risentita: «Mi pareva strano».

Sogghigno mentre mi passo la mano sui pantaloni per togliermi quella fastidiosa sensazione provocata dal contatto fisico non voluto. Il tenersi per mano, per me è sempre stato un gesto davvero intimo, a volte più del bacio. Quando ero ancora una giovane ragazzina, non nego di aver baciato ragazzi praticamente sconosciuti. Ma li ho mai presi per mano, intrecciando romanticamente le dita e camminando fianco a fianco? Assolutamente no. E' un contatto così intimo che con Matteo ho contato i giorni in attesa che lui mi prendesse per mano. E ora stringo le dita di questo sbruffone solo per provare una falsa relazione.

Giorgio, serissimo, guarda il suo amico: «Spiegateci».

Io mi verso un abbondante bicchiere di vino bianco, un Pinot Grigio, mentre Alex inizia a raccontare della nostra situazione. Giorgio annuisce comprensivo appena gli diviene chiaro che il fattore scatenante è stato il signor Luigi. E quando arriviamo a parlare di mia madre, è Claudia a mostrarmi tutto il suo supporto.

«Non capisco perché non si decida a desistere», esclama sgranocchiando i grissini, «Sempre con questi appuntamenti combinati. Però mi sembra una buona idea!». Lo dice con un tono talmente tranquillo che è come quando mi consiglia di provare un nuovo rossetto. Questa è esattamente la risposta che mi aspettavo da lei, sapevo e speravo che avrebbe incoraggiato la folle idea di Alex...ma è il suo compagno ad essere un po' titubante.

«Ci avete pensato bene? Perché Alex, questo mi sembra un altro dei tuoi colpi di testa», gli dice osservandolo con preoccupazione. Il sopracciglio inarcato rende chiara la sua perplessità. Almeno dimostra di conoscere bene il carattere del mio vicino.

Prima che Alex possa iniziare a difendersi, la mia amica interviene: «Amore, non conosci lei. Se ha accettato è perché può funzionare. E' una stratega nata».

Io sorrido compiaciuta, mentre annuisco con vigore: «Verissimo». Anche se non posso negare di aver messo in dubbio questa idea fin troppe volte.

«Ma per favore», borbotta Alex risentito, «Lei una stratega? E quando mai una delle mie idee è andata male?».

«Presumibilmente...tutte. Tranne questa», replico con acidità, «In questo caso, grazie alla mia accurata pianificazione, andrà tutto bene». Lui sbuffa sonoramente, ma io continuo: «Te l'ho detto. Questa operazione la comando io».

«Non credo proprio. Te l'ho già detto: non prendo ordini da nessuno, né tantomeno da te».

Sorseggio ancora il mio vino con noncuranza, nascondendo il mio sorrisetto beffardo dietro al bicchiere, anche se non posso fare a meno di sentire su di noi lo sguardo sempre più preoccupato di Giorgio. La nostra prima uscita ed è già andata così, ancora prima di iniziare a mangiare. E' vero che con i nostri amici non dobbiamo fingere, ma insomma... detesto ammetterlo, ma non promette bene perché la verità è che, nonostante tutto, lui continua a infastidirmi anche solo con la sua presenza. 

Claudia dà voce ai miei pensieri: «Forse dovreste lavorarci ancora un po', prima di presentarvi come una coppia».

Riesco a trattenermi dall'incolpare Alex solo perché vengo interrotta dal cameriere che è venuto a prendere la nostra ordinazione.

Il resto della cena procede faticosamente perché entrambi dobbiamo lottare contro l'istinto di ribattere ad ogni frase detta dall'altro. A volte ci riusciamo, altre volte si scatenano discussioni che vengono interrotte solo dall'intervento provvidenziale della coppia seduta di fronte a noi.

Quando è ora di rientrare a casa, Alex ed io ci incamminiamo fianco a fianco fino a che lui non inizia ad allungare il passo. Accetto la sfida e accelero a mia volta per non rimanere indietro. Lui mi guarda negli occhi poi scruta le mie gambette e i miei tacchi con uno dei suoi soliti ghigni soddisfatti. Ma perché cado sempre nelle sue trappole infantili? Rallento di colpo.

«Sei già stanca?», sorride.

Alzo gli occhi al cielo per la disperazione, un gesto che da quando ho a che fare con lui è diventato parte costante della mia routine: «A parte il fatto che non è una gara, io indosso i tacchi. Non è valido!». Mi fanno male i piedi dopo questa camminata accelerata.

Alex scoppia a ridere: «Ti prendo in braccio principessa, se proprio insisti».

«Non insisto affatto perché so camminare benissimo», borbotto. Quando arriviamo alla mia 500, tiro un sospiro di sollievo non appena posso rimettermi a sedere. Alla fine anche oggi Alex è stato costretto a venire in macchina con me. Ho faticato, ma l'ho convinto dicendogli che così avrebbe potuto bere di più. Non credo me lo concederà ancora. Solo che guidare mi fa sentire al comando. 

«Comunque è andata bene, no?», dice mentre fa girare i canali della radio.

Lo guardo stupita, raggelandolo: «Bene non è il termine che userei io».

«Siamo ancora interi, quindi bene».

«E' questo il tuo metodo di giudizio? Perché ci è mancato poco che ci scannassimo».

«Quello è perché tu sei acida, vicina». Io lo guardo con stupore, ma lui continua imperterrito. «Ti devi lasciare andare, non c'è niente da pianificare. C'è solo una tregua da rispettare. Una volta diventati almeno amichevoli, sarà tutto più semplice».

Non riesco a trattenere un sospiro stanco. Non so perché, ma con lui perdo proprio il controllo e non riesco a fingere. Lui mi infastidisce così tanto, da far saltare la mia razionalità: «E dimmi un po', genio, come potremmo diventare amici?». Acida, come uno yogurt scaduto. Ma almeno ne sono consapevole.

Alex canticchia con noncuranza la canzone alla radio, I wanna be sedated dei Ramones, per poi dire: «I casi sono due. O impari a recitare come si deve, o passiamo del tempo insieme fino a che non diventerà normale tollerarci». Sembra quasi una minaccia, ma sapere che neanche lui è entusiasta per questa idea, mi fa sentire molto meglio.

E, in ogni caso, non ha torto. 

Alter Ego - Quando le apparenze ingannanoWhere stories live. Discover now