>1<

275 17 4
                                    

Colori. Una cosa basilare dell'esistenza umana. Certo, non sono gli stessi per tutti e questo dipende dalla retina e dalle sue strutture fotosensibili, ma anche se si è affetti da daltonismo i colori si vedono e si percepiscono. Una cosa talmente essenziale e basilare che si dà per scontata. Si dà per scontato che il mondo che ci circonda sia rosa e fiori o macchiato dal nero dell'inquinamento perché quella è la normalità a cui si assiste. Bene, io fino ai sedici anni non avevo idea di cosa si intendesse per rosa.

Al contrario nella normalità, il mio mondo era sempre stato dipinto di grigio nelle sue infinite sfumature. Sin da bambino nessuno si spiegava da dove tirassi fuori "la storia dei colori inesistenti", così hanno iniziato a chiamarla, e visto che io insistevo con le mie affermazioni mi fecero visitare da un paio di medici. Entrambi decretarono che era un qualcosa di psicologico e che con la crescita sarebbe svanito insieme alle mie così dette manie di protagonismo. Mi costrinsi ad andare avanti fingendo di dargli ragione, imparai ad associare le sfumature di grigio a quelli che gli altri chiamavano rosso, giallo e blu e tenni per me il problema. Non fu facile andare a scuola con i miei compagni che mi prendevano in giro perché leggevo sempre il libro di prima elementare con i nomi dei vari colori o perché sbagliavo l'abbinamento dei miei vestiti.

Imparai a badare a me stesso: non socializzavo con nessuno, mi vestivo solo di nero e convincevo i miei genitori a farmi cambiare scuola praticamente ogni anno. Devo dire che non era molto difficile, non badavano a me e per le poche volte che erano a casa non volevano che gli dessi fastidio lamentandomi degli insegnanti o delle lezioni insoddisfacenti. Mi dicevano di fare qualche ricerca su una scuola diversa e di procurargli i documenti da firmare per farmi trasferire, tutto questo nel giro di tre o quattro giorni perché non sia mai che gli facessi perdere il loro ennesimo volo importante di lavoro.

L'unica persona che effettivamente provava e riusciva a starmi accanto era il mio migliore amico, Soobin. Lui mi credeva sul fatto dei colori e cercava costantemente di darmi una mano: ogni tanto mi portava a fare shopping e mi creava outfit già pronti da utilizzare insieme, mi descriveva la sua nuova tinta di capelli e giudicava al posto mio gli abiti indecenti delle conduttrici in televisione. Ma lui si divertiva specialmente a fare ricerche strane sulla mia condizione e ogni tanto saltava su con teorie interessanti: una di queste diceva che molto tempo prima metà della popolazione, i mono, era incapace di vedere i colori, mentre l'altra metà, i probe, aveva il compito di dargli questa capacità. Ogni probe aveva un solo mono e qualcuno non lo trovava mai, ma nel caso i due si fossero incontrati al mono sarebbe bastato guardare il viso del suo compagno per vedere i colori e diventare quasi dipendente da quel mondo completamente nuovo che solo una determinata persona poteva mostrargli. Inutile dire che ne ero terrorizzato. Tutta la fatica che avevo fatto in tutti i miei anni di vita per rendermi indipendente sarebbero stati vani allo scoccare di quello sguardo. Iniziai a portare la mascherina per nascondere la maggior parte del mio volto e impedire che avvenisse, per quanto improbabile, il tragico cambiamento. Sarebbe stato più semplice riuscire a vivere nell'ombra un po' più a lungo.

Nella mia vita c'era spazio solo per me, Soobin, la scuola e una piccola valvola di sfogo che per me era la danza. Tiravo tutto fuori in sala per essere in grado di richiudere tutto dentro una volta uscito. Non avrei mai pensato che ciò che mi dava sicurezza sarebbe stato il motivo dei miei futuri problemi, se così li posso definire.

Grigio chiaro di lunaOnde histórias criam vida. Descubra agora