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Io e Soobin camminavamo lasciando impronte bianche sull'asfalto coperto da un sottile strato di neve che andava ormai trasformandosi in un poltiglio sporco. Il cielo non era cambiato da quando, qualche ora prima, ero uscito di casa per cenare con il mio amico: anche se ormai era tardi il cielo invernale rimaneva lo stesso dalle cinque di pomeriggio alle sei di mattina.

Eravamo da poco usciti dal locale dove avevamo mangiato e avevamo deciso di camminare fino a casa mia invece di prendere la metro.

‒Ripetimi perché hai dato buca ai tuoi compagni di corso per uscire con me stasera, non l'ho ancora capito.

‒Perché oltre che con me non usciresti con nessun altro e non puoi rimanere a casa per conto tuo il venerdì, è fuori questione.‒ mi rispose Soobin mettendomi un braccio intorno alle spalle. Probabilmente se avesse bevuto un bicchiere in più l'avrei dovuto trasportare dipeso, ma per mia fortuna si era fermato prima che i peggio potesse accadere.

‒Guarda che ne ho di amici.

‒Come no, ci sono io e i due ragazzi che aiuti che per ora sono ancora minorenni, quindi non possono accompagnarti a bere. Quindi vedi di ringraziarmi invece di lamentarti.

Mi finsi offeso in quel momento ma, da una parte sapevo che aveva ragione, dall'altra mi faceva piacere che scegliesse di uscire con me. Le serate passate con lui erano sempre un sospiro di sollievo e finivo sempre per dimenticarmi dei problemi per lasciare spazio solo al divertimento.

Camminando verso casa di Soobin, mi aveva convinto a cantare con lui una canzone per bambini solo perché "l'altro giorno mi è tornata in mente" e a quanto pare l'unico modo per toglierla dalla testa era cantarla guadagnandoci le occhiate confuse di tutte le persone intorno a noi. Le ore passavano e mentre noi due oscillavamo sul marciapiede stupendoci delle nuvolette bianche che fuoriuscivano dalle nostre labbra, nei locali che sorpassavamo gruppi di ragazzi universitari oppure colleghi di lavoro si divertivano con qualche gioco alcolico, di sicuro meno stupido del nostro. Qualche insegna luminosa che perdeva di potenza e finiva per spegnersi e gente che, in piedi alla fermata dell'autobus, faceva qualche passo sul posto cercando di scaldarsi.

Ero felice di essere uscito quella sera, perché le volte in cui effettivamente apprezzavo ciò che mi circondava alla fine erano poche, ma quando lo facevo mi sembrava di essere in grado di far parte del mondo senza tagliarmi fuori da solo. Durante quella camminata mi resi conto di essere cresciuto principalmente grazie alle poche persone che si erano prese la briga di venirmi vicino: avevo imparato a divertirmi senza farmi schiacciare dal peso del grigio, ad apprezzare la strada che stavo percorrendo, anche se senza meta finale, perché sapevo che la vita è breve, ma soprattutto ad essere un po' più aperto verso gli altri. Avevo smesso di indossare la mascherina e sorridevo anche se, a differenza di Kai, avevo persola possibilità di trovare un probe durante quell'ultimo anno di liceo. Mi aveva però poi dato la spinta a vivere la mia vita, non solo per me stesso, ma anche per lui che non aveva mai avuto la possibilità di vivere il suo sogno. Non gli ho mai chiesto neanche quale fosse il suo sogno.

Dopo aver salutato Soobin continuai a camminare per molto tempo lasciandomi trasportare dall'aria che tirava per le strade. Il quartiere dove abitava lui era molto tranquillo, con vie illuminate da pochi lampioni e finestre già buie perché appartenenti a famiglie o addirittura ad anziani che non avevano nessun interesse a rimanere svegli fino alle prime ore della giornata come noi.

Mi sembrava che una mano delicata mi stesse spingendo ad andare avanti seguendole nuvole che iniziavano ad essere leggermente più chiare, mentre il buio della notte svaniva lentamente. Ero rimasto solo in quello scenario invernale, i locali avevano già mandato via anche gli ultimi ubriachi e avevano chiuso preparandosi per il giorno dopo, a bordo della strada nessuno aspettava più un taxi per tornare a casa e a passare sull'asfalto erano rare macchine che mantenevano una velocità bassa. Misi gli auricolari per ascoltare della musica e prima di rimettere le mani in tasca ci soffiai sopra per combattere il freddo.

Dopo qualche altro passo mi fermai e guardai il cielo che schiariva sopra di me, indicando l'arrivo di un nuovo giorno. Un nuovo capitolo che mi sembrava di aver aspettato per troppo tempo, guardando le ore scorrere con i miei occhi che seppur stanchi rifiutavano di chiudersi. Il sole bianco iniziava a filtrare attraverso le nuvole e sentii il bisogno di fermarmi e rimanere ad ascoltare i miei pensieri malinconici sperando che quei raggi luminosi chiarissero quelle sensazioni di parole non dette che mi portavo dietro da troppo tempo. Arrivai a chiedermi perché proprio in quel momento decisi di venire a patti con la mia coscienza e non in un qualsiasi altro giorno dei precedenti anni, ma probabilmente queste cose non le puoi controllare. Colpa del destino, o roba simile.

Fermo sullo sottile strato bianco sotto i miei piedi, vagavo da un ricordo all'altro, senza neanche una pausa, mescolando eventi completamente scollegati tra di loro. Passavo da quella posa strana fatta dal mio cane da piccolo ad una medaglietta che non ricordavo dove avevo visto. E ancora da quando avevo volontariamente saltato la cena di classe dopo il diploma a Taehyun che una volta mi costrinse con la forza ad offrirgli il gelato. E poi, improvvisamente, mi tornò in mente il suo sorriso mentre lo riaccompagnavo a casa e a come svenivo ogni singola volta che vedevo il suo viso, senza rendermi conto che forse, se mi fossi tolto la mascherina allora, tutto sarebbe stato diverso. La cosa che non riuscivo a ricordare erano i colori: sapevo bene che negli attimi in cui incrociavo i suoi occhi luminosi riuscivo ad accendere qualche colore intorno a me, ma non riuscivo a dire come erano fatti o a cosa assomigliavano. Forse avrei potuto vivere nel mondo di tutti se avessi fatto scelte diverse con lui. Manon le avevo fatte e potevo solo rassegnarmi al mio odiato grigio e al fatto che in quel momento, con quei ricordi nella mente, delle lacrime stavano iniziando a bruciarmi sulle guance arrossate dal freddo.

Dietro di me si avvicinava correndo una persona, che ormai aveva il fiatone dallo sforzo fisico. Io ovviamente non mi resi conto che qualcuno stava venendo nella mia direzione, troppo impegnato ad annegare nei sensi di colpa. Sulla mia testa iniziarono a cadere dei leggeri fiocchi di neve e i lampioni gradualmente si spensero lasciando il palco alla luce naturale del sole. Scommetto che in questo momento il cielo ha delle sfumature bellissime.

Poi una voce forte e chiara arrivò alle mie orecchie intromettendosi nella canzone che stavo ascoltando, stava chiamando il mio nome e capivo che desiderava che io mi girassi a prestarle attenzione. Con ancora gli occhi rossi e le lacrime lungo il viso, mi voltai di scatto con un'espressione quasi spaventata dal tanto che ero... no, sorpreso non rende abbastanza l'idea.

Ciò che mi attendeva era uno spiraglio del sole, che non avrei mai pensato potesse essere così vicino a me. E si sa che la luce del sole porta con sé anche i colori. Il cielo in quell'istante perse il grigio che vedevo fino a qualche istante prima, irradiandomi non solo la vista, ma anche il mio intero corpo, e insieme ad esso anche il resto della città mi sembrò prendere vita dipingendo uno scenario completamente nuovo che non avrei mai pensato potesse essere così bello e piacevole. E tutto questo partì da quegli occhi luminosi che avevo perso di vista troppo tempo prima, ma che ora mi sorridevano come se niente fosse mai accaduto. La sua voce soffice mi arrivò di nuovo senza difficoltà, riempiendomi il corpo di brividi e facendomi perdere stabilità nelle gambe. Mi chiese semplicemente: ̶ Cosa ci fai qua, hyung? ̶   come se ci fossimo salutati solo qualche giorno prima.

̶ Non lo so, mi sentivo che dovevo essere qui in questo momento.

Grigio chiaro di lunaWhere stories live. Discover now