Sette

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Rimango diversi minuti ferma al tavolo, con le spalle poggiate allo schienale della sedia, senza pensare a nulla in particolare, semplicemente osservando un'interessantissima macchia sulla tovaglia. Quando finalmente alzo gli occhi noto che non c'è più nessuno nella mensa, solamente Jorginho e Donnarumma sono rimasti a chiacchierare in un tavolo in fondo alla sala. Mi tiro in piedi aiutandomi con l'appoggio del tavolo e decido di dirigermi verso l'uscita. Meta: camera da letto e una dormita rigenerativa. Non rallento nemmeno il passo quando mi avvicino ai due ragazzi, mi limito solamente ad augurare ad entrambi una buona notte. Emetto un profondo sospiro non appena chiudo la porta della sala mensa alle mie spalle, cercando di far scivolare via tutta la conversazione avuta con mio padre. Inizio a tirare fuori le chiavi della camera già da metà corridoio, quando il rumore di alcuni passi alle mie spalle mi fa rallentare.

"Erika, aspetta!"

Prima mi fermo di scatto, poi mi volto verso colui che ha pronunciato quelle parole. È Jorginho, che con passo frettoloso mi sta correndo incontro.

"Hai dimenticato questo" annuncia, fermandosi a poca distanza da me.

Mi porge il mio quaderno dei disegni, che non mi ero nemmeno accorta di aver dimenticato sul tavolo.

"Ti ringrazio, me ne sarei accorta sicuramente una volta già in pigiama" cerco di sdrammatizzare l'imbarazzo, ma lui sembra non sentirmi nemmeno.

"Posso vedere cosa stai facendo?" Mi chiede quasi timidamente, posando gli occhi chiari sui miei.

"In realtà non sono ancora pronti, però se vuoi vederli nessun problema"

Così, in mezzo al corridoio alle undici di sera, il ragazzo si mette a sfogliare i miei disegni.

"Wow, sono davvero bellissimi. Li hai fatti tutti oggi?"

"Sì, mentre voi vi allenavate. Ma c'è ancora qualcosa che non convince" storto il naso ripensando alle parole di mio padre.

"In che senso?"

Non faccio in tempo a rispondere che sento dei passi che si stanno avvicinando; dal fondo del corridoio sbuca fuori un ragazzone, che in un istante riconosco come Donnarumma.

"Jorge, mi hai dimenticato di là, non sei stato un gran gentiluomo"

"Scusa Gigio, hai ragione. Però guarda qua, anche tu ti saresti dimenticato di me" detto questo Jorginho fa scorrere le pagine del mio quaderno sotto gli occhi del portiere; gesto che non apprezzo troppo, ma che lascio correre.

Donnarumma rimane a fissare i disegni senza esprimere nulla, poi, quando finisce, alza lo sguardo verso di me e noto una scintilla di ammirazione illuminare i suoi occhi scuri.

"Sono stupendi" si limita a commentare.

"Vero?" Lo incita il compagno.

"Ti... Anzi, vi ringrazio" rispondo un po' imbarazzata.

"Siamo i primi ad avere l'onore di vederli?" Chiede Donnarumma.

"Sì, siete i primi, dopo mio padre"

"Mio padre... Credo non mi ci abituerò mai a sentirtelo dire. Mi fa un certo effetto sentire chiamare così il Mister" sorride Jorginho alzando lo sguardo su di me.

"Scusa, rifaccio: siete i primi dopo mister Mancini. Meglio?"

"Sì, decisamente"

Poi per alcuni istanti cala il silenzio, i nostri sguardi sembra che si siano incatenati, mentre un sorriso sincero compare sul volto del ragazzo.

"Ragazzi, i disegni sono davvero stupendi e ancora i miei complimenti, non vedo l'ora di vedere i prossimi, ma sono morto. Vado a riposarmi, ci vediamo domani" annuncia Donnarumma, riportando entrambi al presente. MI dona una stretta alla spalla e subito dopo scompiglia i capelli all'amico.

"Buonanotte" rispondiamo all'unisono io e Jorginho.

Osservo il portiere allontanarsi finché non scompare tra le mura della sua stanza.

"Ma questo sono io, quando ho lanciato troppo lungo il pallone a Manuel"

Mi volto di nuovo verso Jorginho, che si è rimesso a sfogliare le pagine del mio quaderno. Sta ridendo, e io mi limito a sorridere osservando quella tenera scena.

"Sicuramente non può che esserne soddisfatto" annuncia tornando improvvisamente serio.

"Chi?"

"Il Mister"

"Ah. Sì, diciamo che lo è" rispondo senza troppa convinzione.

"Qualcosa non va?"

"Dice che manca qualcosa"

Lui mi osserva incuriosito, non ho molta voglia di parlarne ancora, ma qualcosa mi dice di andare avanti e fare questo sforzo:

"Dice che dai disegni non traspare il vostro carattere e la vostra personalità. Lui vorrebbe che catturassi sempre ciò che vi distingue dagli altri e come gruppo" faccio una breve pausa, mentre sul suo volto si forma un'espressione bizzarra "Credo che abbia ragione. Ma dopotutto è difficile conoscere il carattere di qualcuno quando non lo conosci, no?"

"Mi consola sapere che non solo in campo sia così esigente e pignolo. Vedi, io fuori dal campo non lo conosco ancora bene come persona, ma credo che siamo anche qua per questo: per conoscerci e per unire questo nuovo gruppo. È solo il secondo giorno, nemmeno tra di noi abbiamo avuto modo di confrontarci ancora bene, ma migliorerà tutto andando avanti, su questo ne sono sicuro"

Lo osservo, e per la prima volta dall'inizio della giornata sento i nervi rilassarsi. Poi senza che dico nulla lui continua:

"Oggi mi è capitato di vedere come ci osservi, e ora vedo come hai riportato su carta dei momenti davvero particolari; non è la classica rappresentazione del calcio. Non ti conosco ancora, ma vedendo quello che traspare da questi disegni penso che tu sia davvero veloce a capire il carattere delle persone; ma non se rimani da sola, quello ti limita. Domani stai con noi al tavolo, vedrai che pian piano sarà più facile trovare quello che ti sta chiedendo tuo padre" dal suo volto traspare un'espressione dolce e comprensiva, che mi permette di dimenticarmi momentaneamente di quelle preoccupazioni.

"Grazie" rispondo semplicemente alla fine "Sei riuscito a rassicurarmi, devo ammetterlo"

"Bene, ne sono contento" mi sorride; un sorriso sincero che ricambio volentieri.

Nessuno dei due aggiunge nulla, e, in quel silenzio, per un attimo mi perdo nei suoi occhi, che solo ora noto prendere delle particolari sfumature verdi.

"Ora però mi sa che seguo Gigio e vado a letto; il Mister, cioè tuo padre... Oddio, non so come chiamarlo con te... Comunque, lui non ci risparmia proprio, sono bello stanco anche io. Ci vediamo domani? Per colazione, intendo, ti tengo il posto. Non provare ad andare lì prima" mentre dice le ultime parole mi punta il dito contro in segno di minaccia.

"Ma..."

"Niente ma, lo dico anche agli altri. Ci offendiamo altrimenti"

"E va bene" mi arrendo "Ma solo per questa volta"

"Questo lo vedremo. Buonanotte" sorride.

Anche lui scompare tra le mura della sua stanza.

Resto ancora per un po' in quel corridoio ormai semi buio, in silenzio, da sola, ripensando alle parole di Jorginho, ma soprattutto a quelle di mio padre. Appoggio la schiena al muro tra la mia porta e quella del ragazzo, immaginandomi come si sarebbe evoluta la situazione da qui alle prossime settimane; come sarebbe andato avanti il lavoro e se sarei stata in grado di soddisfare le aspettative di tutti quanti.

Europei Magici | JorginhoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora