Quattordici

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"Erika!"

"Ma dov'eri finita?"

"Ti abbiamo cercata ovunque"

"Abbiamo bussato infinte volte"

"Il mister non è per nulla contento, ti avviso" quest'ultima affermazione attira la mia attenzione. E' Chiesa ad aver parlato.

"Non c'era bisogno che mi cercaste così, volevo solamente stare per conto mio per un po' di tempo" reclamo, alzando un po' la voce per sovrastare quelle dei ragazzi.

Gli occhi di tutti sono puntati su di me, ma almeno ora c'è il silenzio. Sono i passi di mio padre che si sta avvicinando l'unico rumore che ora si ode. Si fa strada tra i ragazzi e si posiziona di fronte a me, incrociando le braccia al petto in maniera minacciosa.

"Posso sapere perché sei sparita?" Esclama. Il suo volto si trova a non più di dieci centimetri dal mio; l'attenzione di tutti è riposta su di noi. Cerca di parlare piano, ma la sua irritazione lo tradisce.

"Non sono sparita, altrimenti non sarei tornata" rispondo, con un tono di sfida che peggiora solamente la situazione.

"Potevi almeno avvisare" stringe i denti.

"Dio, ho venticinque anni, potrò fare quello che voglio per una sera!" Sbotto, alzando drasticamente il tono di voce.

L'espressione dura di mio padre improvvisamente crolla. Anche se credo di essere grande abbastanza da poter badare a me stessa, mi pento subito delle parole appena dette. Gli ho urlato addosso, l'ho reso vulnerabile davanti ai suoi ragazzi, cosa che non avrei dovuto fare. Compie alcuni passi indietro, allontanandosi dal mio volto, ed entrambi rimaniamo in silenzio. Forse, anche lui si è reso conto di aver esagerato, come me. Per alcuni secondi nessuno osa parlare, l'atmosfera della sala è tagliente, poi il suo sguardo va oltre di me e improvvisamente sgrana gli occhi.

"E lui chi diamine è?" Esclama.

"S-salve" risponde il ragazzo alle mie spalle, con ancora il casco in mano, evidentemente imbarazzato dalla situazione.

Mi scosto lateralmente, in modo che mio padre possa vedere meglio il ragazzo "Lui è Davide, mi ha riportata fin qui"

Non risponde, ma si limita a lanciarmi uno sguardo perplesso. Faccio spallucce, la mia risposta l'ho data, ora voglio solamente uscire da questa situazione a dir poco tesa.

"Hai già cenato?" Chiedo, voltandomi verso il biondino.

"N-no, non ancora"

"Vieni, ti offriamo qualcosa"

Lo prendo per mano e mi allontano dal centro della sala, soprattutto da mio padre e dagli sguardi dei ragazzi; mi dirigo verso il tavolo nell'angolo su cui consumavo i pasti i primi giorni che ero qui. Davide mi segue camminando a testa bassa. Si siede e gli porto un piatto di pasta, mentre io mi limito a mangiare una mela, dal momento in cui tutta la fame che avevo è svanita. Non mi guardo intorno, ma percepisco diversi sguardi cadere su di noi, seguiti da alcuni bisbigli. Mio padre ora sta uscendo dalla stanza, con un passo che fa emergere tutto il suo disappunto. Ora che il loro mister non è più presente, il vociare inizia a farsi risentire e i ragazzi pian piano sembrano tornare quelli di sempre, come se nulla fosse successo. Dentro di me tiro un sospiro di sollievo.

"Ma che cos'hai appena combinato?" Chiesa compare improvvisamente alle mie spalle, con un sorriso divertito sul volto.

Sento Davide strozzarsi con uno spaghetto.

"Ho avuto una reazione un po' esagerata, me ne sono resa conto. Però che cavolo, anche lui non è stato da meno!" Accompagno le parole con uno sbuffo.

"Noi avevamo iniziato a fare scommesse su te e Jorge, visto che anche lui era sparito" mi dona una pacca sulla spalla, iniziando a ridere.

Europei Magici | JorginhoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora