Capitolo II

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Charis

Il jet era ormai partito da due ore, adoravo stare in aereo: vedere la terra dall'alto e le nuvole così vicine.

Manca poco all'atterraggio, non ci credo dovevo chiamare Amy appena partivo, lo avevo dimenticato sono una deficiente.

Prendo il telefono e la videochiamo.

<<guarda chi si fa finalmente sentire >> iniziò subito lei con faccia seria<<ho aspettato la tua chiamata tutta la mattinata, scommetto che te ne sei dimenticata>> disse l'ultima parte sbuffando, mi conosce troppo bene.

Amy la conosco da sempre è come una sorella minore per me, ma purtroppo è completamente diversa da me: capelli neri, occhi di un marrone così scuro da sembrare quasi nero, bassa e con un carattere molto calmo e riflessivo.

Quando eravamo piccole era lei a farmi ragionare prima di fare qualche cazzata o a tirarmi  fuori dalle stronzate che combinavo, sembrava lei la più grande.

<<si, mi conosci troppo bene per i miei gusti>> dico con aria sconfitta << ma sai questa cosa di cui mi deve parlare papà mi agita, è stato troppo insistente per essere una cosa di poco conto>> mi sta tornando il mal di testa.

<<vedrai che non sarà niente di cui preoccuparsi, magari gli mancavi>> per poco non scoppiai a ridere dopo quella sua assurda affermazione.

<<mancare? io? a lui? ma non farmi ridere>> dissi alzando gli occhi al cielo <<comunque mi vieni a prendere all'aeroporto o ci vediamo a casa mia?>> cambiai subito argomento <<vengo a prenderti all'aeroporto, viene pure Dylan>> Dylan è suo fratello, conosco anche lui da sempre è come un fratello maggiore anche se per un periodo ho avuto pure una cotta per lui e stranamente ricambiava, ma dopo nemmeno una settimana avevamo capito che oltre a un amore fraterno non ci poteva essere nulla, ma meglio così.

<< lo immaginavo >> dissi con un sorriso <<mi è mancato molto ma non glielo dire che poi si monta la testa>> Amy scoppio a ridere << fra quanto atterri? così mi regolo>> mi chiese <<credo tra un'ora massimo>> risposi guardando l'ora <<perfetto ci vediamo dopo>>chiude la chiamata.

David

<<non mi interessa quello che pensavi tu, avevi un compito da fare e non ne sei stato capace, sei licenziato>> chiusi la chiamata e cercai di mantenere il più possibile la calma.

Odio quando le persone non fanno tutto quello che dico io, soprattutto se sono miei dipendenti.

Mi versai dello scotch per distendere i nervi, a interrompere il silenzio nel mio ufficio è qualcuno che bussa alla porta, dopo aver dato il permesso per entrare la porta si apre e entra Michael mio cugino e anche l'unica persona di cui mi fido.

<<bevi sul posto di lavoro? ma che capo sei?!>>lui adora scherzare, ma io no<<non sei divertente>> <<no, io sono divertente il problema è che tu sei troppo serio e lo sai>> risponde sedendosi di fronte a me.

<<cosa vuoi devo lavorare>> iniziai a guardare i file sul computer, dovevo compilare alcuni documenti, molto probabilmente anche oggi finirò tardi <<stasera io e te usciamo>> disse in modo arrogante <<me lo stai chiedendo o imponendo?>>dissi togliendo gli occhi dal computer puntandoli su di lui.

<<devi uscire, stai sempre in ufficio fino a tardi e hai bisogno di rilassarti >> disse in tono preoccupato, non volevo che lui stesse in pensiero per me sono sempre stato io quello che si occupava di lui e ora sembra che i ruoli si siano invertiti.

<<Va bene per oggi posso anche finire prima ma dove andiamo?>> gli chiedo dopo aver accettato l'invito, lui sembra spiazzato <<cazzo non ero preparato a questo >> mi ha chiesto di uscire senza nemmeno pensare dove andare? dovevo immaginarlo, i suoi occhi improvvisamente si illuminarono <<un mio amico mi ha invitato ad andare all'inaugurazione di un nuovo locale, ci ha tenuto il privè>> disse con un gran sorriso sulla bocca, nemmeno il tempo di dirgli che andava bene che si alza e si dirige verso la porta <<ti mando l'indirizzo e l'orario tra dieci minuti, ci vediamo lì ciao>>dice uscendo dalla stanza.

il silenzio tornò a regnare e io ritornai a lavorare.

wait a minuteWhere stories live. Discover now