Grease, camicia bianca e brillantina

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Cavolo se fa caldo.
Mi passo il dorso della mano per asciugarmi la fronte madida di sudore.
Sarà che quest'anno, con il coronavirus, siamo stati di più a casa e, il caldo, si è sentito meno oppure fa davvero più caldo del solito. Cammino su questa spiaggia solitaria lungo il lago che, solo verso riva, si increspa con lunghe onde bianche e leggere.
Decido di togliermi le scarpe e le calze così da rinfrescarmi un po'. La sabbia ruvida mi solletica le piante dei piedi e ogni tanto sfioro dei piccoli sassi che, appena bagnati dall'acqua e, grazie al riverbero del sole, diventano incredibilmente brillanti e luminosi come piccole pietre preziose.
È come sei quei piccoli bagliori mi indicassero la via e io, convinto, la seguo senza remore.
Alzo lo sguardo al cielo.
È di un azzurro pastello interrotto solamente da alcune e piccole nuvole color ovatta che si inseguono veloci.
Il sole è ancora alto ed è un peccato non potermi sedere sopra uno scoglio e aspettare che il giallo tenda prima all'arancio e poi al viola finché, il blu scuro, non avvolga tutto intorno a me e solo le stelle restino a farmi da lampadario naturale.
Che spettacolo la natura. Dovremmo ricordarcelo più spesso. Continuo la mia passeggiata finché il mio sguardo non viene attirato da qualcosa che si muove non molto distante da me.
Sembra un uccello che sbatte le ali ma senza riuscire a spiccare il volo. Mi avvicino e mi accorgo che, invece, è un libro dimenticato lì da qualcuno e il vento non faceva altro che far correre le pagine avanti e indietro. Mi chino, lo raccolgo e soffio via la sabbia.
"Sulla strada" di Jack Kerouac
Già sulla strada e io sono qui sulla spiaggia di questo lago.
Che faccio ancora qui?
Più avanti scorgo un bar e decido di entrarvi. Arrivo al ciglio della strada e mi rimetto le scarpe.
Quelle strade le facevo anni fa in moto quando ero più giovane, più spensierato e, soprattutto, più magro.
Sentire il vento in faccia con tutti i profumi che mi passavano sotto al casco sono le cose che più mi mancano della moto.
E la velocità ovviamente.
Con Rina, così chiamavo la mia Yamaha, ero libero di fare tutto, o quasi tutto. Sicuramente evitare guardrail doveva essere un must e, invece, proprio lì vicino, ho avuto un incontro ravvicinato del quarto e quinto tipo.
Tempi lontani.
Smetto di rivangare un passato che mi sembra più lontano di quanto realmente sia ed entro. Mi siedo al bancone anche perché da un mesetto circa si può consumare all'interno del locale.​ E finalmente aggiungo.
«Salve. Un cocktail alcolico leggero e fresco. Grazie»
Alzo lo sguardo all'orologio vicino la televisione sopra il barman e le lancette segnano le unosettetretre.
Sono in anticipo.
In largo anticipo.​
Sembro l'interprete principale del pezzo degli 883.
Infilo la mano nel taschino della camicia e prendo il telefonino.​
Sorrido.
La camicia la metto davvero poco ma so che a lei piace e, anche se non è bianca, potrebbe spiazzarla e farmi fare bella figura.
Anche se non ho più il fisico di una volta.
Sblocco il cellulare.
Messaggi zero.
Entro su Instagram.
Direct zero.
Faccio come Pieraccioni ne "Il ciclone" alla ricerca del segnale perduto. Sposto il cellulare a destra e sinistra, in alto e in basso autoconvincendomi che la non corrispondenza "digitale" sia dovuta al pessimo segnale del luogo.
Niente. Tutto tace.
Però il mio ultimo messaggio è stato visualizzato.
Ma la domanda giusta è: l'avrà letto?
Scorro velocemente IG e vedo le solite storie di donne esasperate che si lamentano, a ragione o meno, degli uomini. C'è chi sogna a occhi aperti e cerca l'amore della vita mentendo a loro stessi perché come puoi trovare l'amore su un social dove le maschere sono all'ordine del giorno? E poi ci sono quelli che si cimentano in sogni erotici: citano Bukowski e mettono foto BDSM dicendo di appartere a ics o a ipsilon. La stragrande maggioranza non appartiene neanche a loro stessi...
Poi c'è la mia pagina. Piena di cazzate e di elogi per lei.
No anzi per Lei con la elle maiuscola, perché è una donna fantastica. Metto in stand by il cellulare altrimenti mi si scarica la batteria e mi volto a scrutare l'interno e l'esterno del bar sul lago.
Fuori ci sono due coppie di ragazzi e ragazze sui diciott'anni. Giocano con i cellulari a farsi selfie tra di loro e ridono tra uno schiamazzo e una bestemmia. Mai capite le bestemmie. Anche io qualche volta le ho dette, sia chiaro, ma ero veramente in situazioni limite e, quelle, si sono contate sulle dita di una mano.
Altri due ragazzi, invece, sono nella parte del bar adibita a slot machine e giocano d'azzardo.
Avranno sui venti venticinque anni e non li capisco; io, nella mia vita, non mi sono mai messo a giocare davanti una di quelle macchinette infernali. Sapevo perfettamente che era un gioco a perdere.
A poker, invece, quando ero più giovane, ci ho giocato anche parecchio. C'era il mercoledì all'Olgiata a fare le quattro del mattino a casa di Claudio.
Massima perdita: cinquanta euro.
Massima vincita: cento euro.
Divertimento assicurato con poche spese e tanto alcol.
«Porco xxx»
Anche i due ragazzi, però, qualche bestemmia, la lanciano in aria, forse per colpa di qualche mano sfortunata.
Ad un tratto, nel bar, entra una ragazza: maglietta nera molto aderente che lascia le spalle scoperte, leggins neri super attillati e scarpe a sandalo rosse a tacco alto. Se, nel locale, ci fosse stato un jukebox Wurlitzer anni sessanta, ai lati ci sarebbero stati Danny Zuko e Kenickie e, nell'aria si sarebbero sentite subito le note e le parole di
"You're the one that I want".
I due ragazzi, prima intenti solamente a inserire monetine a raffica nella video lottery, si scambiano una gomitata tra loro e, con dei gesti fatti con la testa, indicano la ragazza che, davvero, ricorda molto Sandy Olsson. L'unica differenza sono i capelli; lei lunghi e neri, Olivia Newton John ricci e biondi.
«L'è ganza la moretta» dice ad alta voce uno dei due.
Altra gomitata e li sento bisbigliare sulle forme della ragazza, soprattutto commenti sul suo sedere.​
Il barman mi riporta sulla terra e mi porge il bicchiere con la bevanda all'interno.
«Ecco il suo cocktail signore»
«Grazie. Ah servirebbe anche dell'altro ghiaccio per i ragazzi lì alle slot perché sembrano un po', come dire, accesi».
La ragazza, intanto, chiede un pacchetto di Marlboro Soft e, mentre lo fa, mi guarda e sorride. L'avrà fatto per averla difesa.​
Sally si volta e se ne va e devo dire che aveva veramente un gran bel sedere. Sorrido e bevo un sorso del mio cocktail.
Un ottimo Vodka pesca lemon ghiacciato.​
«Signore preferisce patatine o arachidi?"»
«Quello che vuoi Robert» dico alla "John Wayne" «anzi no aspetta che chiedo al mio amico»
Mi giro alla mia destra dove è seduto l'unico seduto al bancone come me: un uomo all'incirca della mia stessa età tutto impegnato a tenere tra le mani il suo bicchiere e a guardarsi intorno come se stesse aspettando qualcuno.
«Ehi amico preferisci patatine o arachidi?»
«Eh? dice a me»
«Beh guardo te, parlo con te e, soprattutto esclusi i due "ganzi", ci siamo solo noi due e Robert»
Mi guarda inebetito come se nessuno gli avesse mai rivolto parola.
«R-R-R-Robert? Chi è Robert?»
Mentre sorseggio il mio cocktail indico il barman con il medio. Appoggio il bicchiere sul tavolo.
«Dai su. Preferisci arachidi o patatine?» Non risponde.
«Robert fai entrambe dai, così il nostro amico può decidere meglio.»
Mi volto nuovamente verso il mio nuovo amico.
«Certo che quella ragazza aveva proprio un bel sedere»
L'uomo mi sorride e annuisce con la testa mentre afferra una patatina con la mano.​
Continuo.
«Però mai come la mia Chérie. Sai conosco una ragazza, beh ragazza.... Una donna. Ha uno dei fondoschiena più belli che abbia mai visto. E non vedo l'ora di incontrarla. Ho appuntamento con lei alle diciannove. Un cocktail e poi a cena fuori e ti confido che spero anche nel dopocena. Forse la porterei proprio qui sul lago ad ammirare le stelle. E tra un vodka pesca lemon e l'altro spero di baciarla. Come posto è romantico e un po' lo sono anche io. Anche se, te la dico tutta va, vorrei concludere, capisci a me. Per me lei è fantastica e non posso perdere questa occasione. Pensa che ha o aveva un "congiunto" che non la sfiora o sfiorava mai. Ma dico io... Come cazzo si fa?
Pensa che lei mi dice sempre che perde tempo solo a scegliere camicie bianche e bere ettolitri di acqua tonica. Roba da matti. Altro che camicie bianche. Altro che Schweppes. Io solo a vederla me la mangerei tutta. Culo da infarto e te lo dico io che ho esperienza nel campo infarti. Sguardo birichino e intenso. Sorriso contagioso che farebbe sorridere i tristi. E poi ha una testa...» Sorseggio. «Una testa che non ha eguali. Ci parlerei per ore di tutto perché è brillante e sa affrontare qualsiasi discorso. Certo è capocciona e competitiva ma anche questo è un lato di lei che mi affascina. Ah non è di qui. È di un paese qui vicino».
«Ca-Capodimonte?» Biascica il mio vicino di bevuta.
«Si. Come hai fatto?»
L'uomo si alza e scappa via lasciando il suo bicchiere ancora quasi pieno.
Guardo meravigliato il barman.
«Ma ho detto qualcosa di sbagliato?» Robert dopo aver scrollato la testa, stringe le spalle e, dopo aver preso lo strofinaccio che aveva appoggiato su una spalla, si volta e si mette ad asciugare bicchieri.
«Ma che stava bevendo?» Chiedo.
«Acqua tonica»
Lo sapevo. Mai fidarsi di una persona che beve acqua tonica e ha una camicia bianca...

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