75. La finale - parte 1

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"Voglio che tu capisca chiaramente che se intendessi accettare il contratto, ed è ancora un grande se, ci sarebbero delle condizioni da rispettare."

Mi era parso strano che Rue avesse chiesto ad Andy di fare a cambio di posto per sedersi vicino a me. Nessuno vuole stare nel posto centrale. L'aereo è già abbastanza scomodo così. 

"Ok, quali condizioni?" 

Le sue palpebre nere si serrarono. "Non ho intenzione di abbandonare gli studi. Qualunque impegno la band richieda, per me i miei studi verranno sempre prima."

"Ok, si può fare."

La sua espressione rimase in guardia. Il mio cervello non era ancora riuscito a far scomparire il rombo del motore in sottofondo, non avevamo preso quota da molto tempo. Nonostante questo, la voce di Rue sovrastava quel ronzio senza problemi: "Numero due: non ci invischieremo in nessun affare anti-etico. Se un giorno si dovesse produrre della merce, non voglio che sia un bambino del Bangladesh a cucire le nostre t-shirt."

"Mi pare giusto."

"E se dovessimo davvero sfondare, intendo DAVVERO sfondare, voglio che metà dei ricavati della band vada in organizzazioni di beneficienza di mia scelta."

Scrollai le spalle. Penso che quando uno è davvero DAVVERO ricco, a una certa non sa nemmeno più cosa farci con i soldi, quindi sti cazzi. "Ok, c'è altro?"

Rue si lasciò andare sul sedile. "Tu sei pazzo. Trovati un altro bassista e fine. Ce n'è quanti ne vuoi bravi come me."

"Sarà anche vero, ma non me ne faccio niente di qualcuno bravo come te. Ho bisogno di te. Abbiamo tutti bisogno di te. Sei tipo... la nostra Wendy."

Rue alzò un sopracciglio e lo tenne lassù per talmente tanto tempo che ero certo dovesse farle male la fronte. 

"Sei incredibile." Sbuffò e fece segno ad Andy di essere pronta per scambiare di nuovo posto. "È per cose come questa che nessuno riesce mai a dirti di no."

Nessuno riesce mai a dirmi di no? Ma se ero circondato da persone che mi dicevano sempre di no!

Andy riprese posizione vicino a me accoccolandosi immediatamente sulla mia spalla, tutto arrotolato come un riccio. 

"Se comincia a formicolarmi il braccio, ti sveglio."

"Se mi svegli, ne pagherai le conseguenze." 

Mh. Vago, ma sufficientemente inquietante. 

Riuscii ad allungare abbastanza la testa per leggere l'ora sullo schermo appeso alla parete dell'aereo. Ancora un'ora e saremmo arrivati. 

Con ogni minuto che ci avvicinava a Toronto sentivo l'incombere dell'epilogo di questo capitolo della mia vita. Qualunque cosa fosse successa, le cose stavano per cambiare di nuovo. Irrimediabilmente. 

Dovevo cercare di restare concentrato sul da farsi. Saremmo arrivati, avremmo fatto qualche prova, saremmo saliti sul palco e avremmo vinto. Ah, e io e Lucas dovevamo pestare quei due bastardi. Specificatamente il palpeggiatore. Il fratello minore era più un bonus che altro.

Aspettai che Andy abbandonasse davvero tutto il peso su di me. Osservai attentamente il suo respiro per essere sicuro che si fosse appisolato, e iniziai la lenta procedura di districamento che avevo perfezionato durante un'infanzia passata con una gatta a cui piace dormirti sullo stomaco.

Impiegai cinque minuti per liberarmi, ma alla fine Andy stava ronfando pacificamente, accoccolato al bracciolo di pelle. 

Mi alzai in piedi e mi sporsi oltre il sedile di fronte. Jeremy inclinò la testa e tolse una cuffietta. Lucas era seduto lì accanto, aveva la bocca semi aperta e la nuca abbandonata contro il poggiatesta. 

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